Crediti alle imprese, che paura:
la Campania fuori dai benefici
Decreti-beffa del governo, a rischio le aziende
delle regioni che hanno un deficit sanitario eccessivo
NAPOLI — Figlie di un dio minore, Campania, Calabria, Molise e Lazio. Le quattro regioni con deficit sanitari eccessivi sarebbero state escluse dai decreti per accelerare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni. Nel provvedimento varato ieri dal governo si fa esplicito riferimento al fatto che «sono escluse dall'obbligo di certificazione le regioni sottoposte ai piani di rientro».
IL NODO SPESE - Anche se i tecnici ministeriali sono cauti perchè il testo dei decreti ancora non è ufficiale. Certo, sarebbe illegittimo per non dire incostituzionale, escludere alcune Regioni in quanto si tratta di certificare spese certe che dovranno poi essere effettivamente pagate. Quando un'impresa si fa scontare la certificazione in banca paga un prezzo, come avviene nei contratti di factoring, più elevato se «pro soluto», meno alto se «pro solvendo»: se, però, lo accolla all'ente pubblico ciò crea indebitamento e la Ragioneria dello Stato non lo ammette. Non è ancora chiaro se l'esclusione delle Regioni sottoposte a piani di rientro riguardi i soli crediti della sanità, dove c'è il commissariamento, oppure si estenda anche al bilancio ordinario, e in tal caso sarebbe davvero inspiegabile. Perchè i decreti sarebbero una vera e propria beffa, non applicandosi laddove i ritardi nei pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche sono più intollerabili. Com'è il caso della Campania, dove, a fronte di una media nazionale di 316 giorni, i ritardi nei pagamenti arrivano a 803, ma si può addirittura arrivare ad aspettare 1.656 giorni per ricevere i soldi dalla Asl Napoli1, o 1.495 per averli dal Policlinico federiciano.
IMPRENDITORI INFURIATI - Gli imprenditori edili, che sono tra quelli che vantano maggiori crediti da parte delle amministrazioni pubbliche, sono letteralmente infuriati: «È del tutto inaccettabile questo provvedimento — attacca Rudy Girardi, presidente dell'Acen — Si tratta di un'odiosa e inammissibile discriminazione a danno delle imprese campane che sono escluse dal pagamento delle loro spettanze». «Se questa normativa non sarà modificata, ripristinando il diritto delle imprese campane ad avere pari trattamento rispetto a quelle delle altre Regioni — minaccia il presidente dell'Acen — la mattanza delle nostre aziende sarà tutta ed interamente responsabilità di un Governo che ha gettato la maschera, rendendo evidente il suo totale disinteresse per il Mezzogiorno ed esplicito anche il significato dei continui rinvii nell'attuazione degli investimenti programmati e tenuti fermi per il Sud, nonostante le ricorrenti e fantomatiche delibere del Cipe puntualmente inattuate».
IL DISAPPUNTO DI FIORE - «E' inaccettabile e gravissimo l'atteggiamento del governo Monti — ribadisce con forza il presidente di Confindustria Campania Giorgio Fiore, che è già in contatto telefonico col leader degli imprenditori calabresi —. A questo punto chiameremo gli imprenditori, non solo campani ma di tutte le quattro regioni escluse, a manifestare in piazza a Napoli, insieme ai sindacati, per protestare contro questa decisione». Anche perchè, sottolinea Fiore, l'inevitabile risultato di quest'esclusione sarà che molte aziende chiuderanno e centinaia di lavoratori resteranno senza occupazione, aggravando ulteriormente la già alta tensione sociale.
LA RABBIA DEI PARLAMENTARI - Anche i parlamentari campani scendono sul piede di guerra. «Il decreto è vergognoso», accusa l'europarlamentare Enzo Rivellini, del gruppo Ppe-Mezzogiorno di Fuoco, che annuncia di aver presentato insieme con Ciriaco De Mita un'interrogazione urgente all'Unione Europea. Gli fa eco, dal fronte del centro sinistra, la senatrice del Pd Teresa Armato, la quale non nasconde la sua preoccupazione per l'ipotizzata esclusione delle amministrazioni commissariate.
Emanuele Imperiali
Crediti alle imprese, che paura: la Campania fuori dai benefici - Corriere del Mezzogiorno