I Vespri nizzardi furono tre giorni di sollevazione popolare degli abitanti di Nizza nel 1871, promossi da Giuseppe Garibaldi a favore dell'unione con il Regno d'Italia.[1]
Storia
A seguito dell'annessione alla Francia di Nizza nel 1861, parte della popolazione scelse di emigrare nel nuovo stato italiano[2]. Su un totale di 44.000 abitanti, emigrarono in Italia oltre 11.000 persone.[3]
La parte dei nizzardi che decise di rimanere subí un processo di francesizzazione - rigettato in quegli anni dai nizzardi - che provocó molto risentimento contro i francesi. Gli irredentisti italiani si fecero portavoce di questo rigetto tramite il loro capo, il nizzardo Giuseppe Garibaldi.
« Il prof. Angelo Fenochio, antico direttore del quotidiano Il Nizzardo...pubblicò uno sdegnato pamphlet, I Nizzardi e l’Italia, in cui si affermava che "tutta la storia di Nizza è una protesta contro la nostra separazione dall'Italia, contro la nostra incorporazione alla Gallia" e si sottolineavano le numerose manifestazioni di italianità nizzarda successive alla cessione (del 1861)[4] »
Nel 1871, con la proclamazione della Terza Repubblica in Francia, nelle elezioni politiche tenutesi l'8 febbraio, Giuseppe Garibaldi venne eletto all'Assemblea Nazionale di Bordeaux, insieme ai nizzardi Piccon e Bergondi, con il preciso mandato di far abrogare il Trattato di Torino del 1861 con cui la Contea di Nizza era stata ceduta a Napoleone III.
Nelle elezioni politiche le liste filo-italiane ebbero 26.534 voti su 29.428 voti espressi.
« Appena conosciuto il risultato del voto, una folla immensa si partì dal palazzo municipale ed al grido di Viva Nizza, Viva Garibaldi, attraversò il Ponte Nuovo, si fermò sulla piazza Massena, imboccò la via Gioffredo, si trattenne per poco dinanzi il consolato italiano e, ritornata sui suoi passi, si fermò sotto le finestre dei candidati che arringarono il popolo, e furono entusiasticamente applauditi. Verso la mezzanotte e mezzo la moltitudine, ebbra di gioia e d’entusiasmo per la vittoria ottenuta, percorreva ancora le vie.[5] »
In risposta, il Governo repubblicano francese inviò nel nizzardo 10.000 soldati. Essi chiusero il giornale pro-italiano Il Diritto ed incarcerarono molti irredentisti italiani di Nizza.
Subito la popolazione del nizzardo reagí e dall'8 al 10 febbraio si sollevò, ma ebbe la peggio nei confronti delle truppe francesi. Si ebbero molti imprigionati e feriti, secondo lo storico Giulio Vignoli. Il 13 febbraio 1871, al deputato Garibaldi fu impedito di parlare davanti all'Assemblea Nazionale e presentò le dimissioni.[6]
« Sappia ricorderà che tra l'immensa folla che cantava e inneggiava all’Italia, c'era chi portava una bandiera con la scritta INRI che voleva dire "I Nizzardi Ritorneranno Italiani". Mentre la folla continuava a gridare: "Abbasso la Francia! Viva l'Italia!", arrivarono i gendarmi che non riuscirono a disperderla. La folla al grido di "Viva l'Italia" e "Viva Garibaldi" cercò anche di assaltare la prefettura i cui vetri furono rotti con lanci di pietre. Quella sera stessa e il mattino dopo furono effettuati molti arresti. Fu proibita la pubblicazione del giornale La Voce di Nizza che aveva preso il posto de Il Diritto di Nizza, soppresso dalle autorità francesi. Il 19 febbraio uscì un nuovo giornale Il Pensiero di Nizza che raccolse l'eredità politica dei primi due. I tumulti dell'8, 9 e 10 febbraio, Le tre giornate bellicose, fornirono validi argomenti e solide ragioni a quanti si ponevano come fautori di un ritorno di Nizza all'Italia, perché essi ebbero buon gioco a sostenere l’arbitrarietà del potere francese. I separatisti italiani rischiavano sulle piazze e sulle strade di Nizza per affermare le loro idee, assumendosi molti rischi nei tumulti e sfidando le autorità.[4] »
Dopo i Vespri nizzardi del 1871 furono allontanati da Nizza gli ultimi irriducibili irredentisti che appoggiarono il Risorgimento italiano, completando l'esodo nizzardo. Il piú illustre era Luciano Mereu, che fu espulso da Nizza con altri tre rinomati nizzardi garibaldini: Adriano Gilli, Carlo Perino, e Alberto Cougnet[7]. Anche il famoso scrittore e critico d'arte Giuseppe Bres (autore di Notizie intorno ai pittori nicesi Giovanni Miraglietti, Ludovico Brea e Bartolomeo Bensa e de L'arte nell'estrema Liguria occidentale) fu esiliato dai francesi per alcuni anni a causa della sua partecipazione ai Vespri nizzardi.
Successivamente e fino alla fine del secolo, oltre all'espulsione di vari cittadini di Nizza moderatamente favorevoli all'Italia ed al suo Risorgimento, si ebbe un rafforzamento del processo di francesizzazione in tutta la ex Provincia di Nizza sabauda, con la chiusura di tutti i giornali in lingua italiana (come la rinomata La Voce di Nizza) e con la completa francesizzazione dei toponimi del Nizzardo.
La storia dei Vespri nizzardi del 1871 venne raccontata da Enrico Sappia nel suo libro Nizza contemporanea, pubblicato a Londra e bandito in Francia.[8]
Studi storici
Le vicende che accaddero nel 1871 a Nizza sono state oggetto di una Conferenza dal titolo I Vespri Nizzardi nel 140º anniversario 1871 – 2011 svoltasi a Bolzano il 2 aprile 2011.
La Conferenza fu organizzata dal Dott. Achille Ragazzoni, presidente del Comitato locale dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano e dal Prof. Giulio Vignoli, già docente di diritto internazionale all'Università di Genova e autore del volume su Storie e letterature di Nizza e del Nizzardo (e di Briga e di Tenda e del Principato di Monaco).
Note
^ Vespri Nizzardi, di Giuseppe Andre'
^ Storie di Nizza e del Nizzardo
^ Claudio Raffaelli: Quelli che non vollero diventare francesi
^ a b Giulio Vignoli, Storie e letterature italiane di Nizza e del Nizzardo
^ Giuseppe Andrè, citato da Giulio Vignoli in: Storie e letterature italiane di Nizza e del Nizzardo
^ Les troubles de fevrier 1871 à Nice (in francese)
^ Lettera di Alberto Cougnet a Giuseppe Garibaldi, Genova, 7 dicembre 1867, Archivio Garibaldi, Milano, C 2582
^ Video con riferimenti ai Vespri nizzardi ed Enrico Sappia
Vespri nizzardi - Wikipedia