GLI IMMIGRATI INTEGRATI? PROVATE A CHIEDERE AI TERREMOTATI
di FRANCO FUMAGALLI
Ancora una volta, purtroppo a causa di eventi calamitosi, abbiamo potuto constatare, se mai ce ne fosse stato il bisogno, l’artificiosità della “unità italiana”. La secolare menzogna dell’unità la si può verificare nei periodi di crisi e in quella delle catastrofi naturali. Ai cittadini del Nord spetta la palma dei più altruistici comportamenti. Sempre si sono dimostrati non solo produttori perfetti ma anche generosi.
Quando i “fratelli “ del Sud, hanno avuto bisogno, per arginare eventi catastrofici, si sono sempre dati da fare nell’aiutarli con presenze, opere e risorse. In compenso, parafrasando Tito Livio, si può affermare che “Mentre in Emilia si soffre, a Roma si festeggia”. Naturalmente “con sobrietà”. Ovvero con parata militare a immagine e somiglianza di quello che faceva Beppe Stalin negli anni d’oro del comunismo: i Fori imperiali con la bella mostra delle alte cariche dello Stato, come nella moscovita Piazza Rossa.
Forse non è inutile ricordare che la pur obsoleta Costituzione, all’art. 11, primo comma, afferma: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controverse internazionali”. Orbene, il nostro è l’unico paese occidentale che mostra i bicipiti armati per festeggiare un’unità repubblicana ottenuta, quasi sicuramente, “con ritocchini” al referendum del 1946. Parata comunque realizzata per ammonire gli indipendentisti? Ma non è tutto. E’ bene che si sappia anche quello che sta succedendo nei territori sconvolti dal sisma.
Un mirandolese impegnato nei soccorsi post terremoto scrive: “Averli accolti, aver dato loro spazi, averli rispettati nelle loro tradizioni fino al punto di calpestare le nostre, averli istruiti sui loro diritti senza mai chiedere il minimo dovere; vederli comodamente seduti a tutte le ore nei bar; non vederli mai salutare o cercare un contatto. E vederli ora nelle tendopoli chiedere la carne tagliata in un certo modo; chiedere il cibo e poi gettarlo perché non è loro gradito; guardarli ridere mentre ci si affanna per tirare su tende e strutture di accoglienza; guardarli mentre sii rifiutano sdegnati di aiutare; guardarli mentre fumano, ridono e scherzano…….guardarli. No, basta io dico guardateli voi oggi e domani non dobbiamo svernarci per questa gente. E’ il fallimento dell’integrazione, i nodi sono venuti al pettine. Basta!”
Non sarebbe ora di mandarli tutti fuori dal nostro Paese? O forse dovremmo mandarli tutti al Quirinale, come premio, visto che lì si festeggia? E’ bene, però, che i Padani si rendano conto di che razza di unione politica sia quella in cui stiamo vivendo.
*Unione Padana Mantova
10 Giugno 2012
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