Originariamente Scritto da
dedelind
Un jeune crie son désespoir et un cheikh en pleure ..
Un giovane marocchino, impiegato nella protezione civile, dice allo Cheikh che i giovani maschi sono esposti e attirati dai desideri e dalle tentazioni; e che quando si va a sedere in classe, si trova accanto una donna che che è tutta 'awra ( cioè tabu, malefica e oscena portatrice di fitna, seduzione e sedizione per l'uomo). Racconta che se poi esce in strada, non trova che situazioni e immagini che lasciano Satana prendersi gioco di lui. Vorrebbe pentirsi, ma la società moderna è piena di tentazioni e gli imam non lo aiutano a ritrovare il "cammino dritto" (cirat al mustaqima). Implora i fratelli nella fede islamica di dargli una guida per non commettere più tanti peccati e scoppia in lacrime tra le braccia paterne dello Cheikh, che non riesce a trattenere le sue lacrime, tra l'imbarazzo e la commozione generale.
Pare che nell’Islam, l’esposizione insostenibile ai genitali femminili occidentali abbia risolto una condizione borderline millenaria in iconoclastia e in paranoia galoppante. Secondo lo psicostorico Iakov Levi : "nell’Islam non esiste un vissuto filogenetico di permissività sessuale e di tolleranza, come invece in occidente, e quindi l’esposizione martellante e continua a un contenuto che era stato ferocemente rimosso ha provocato lo scoppio". Da qui, aggiungerei, il tentativo dei salafiti e dei Fratelli Musulmani di far ri-mettere il "velo" alle donne, di far ritornare la vergogna del corpo femminile nello spazio pubblico e d'includere la sua esclusione dal campo dei segni del desiderio.
La cultura occidentale, avezza all’altalena tra permissività e ascetismo, democrazia e tirannide, libertà e repressione, non è una cultura della vergogna, bensì della colpa. In altre termini è alla persona, nella sua fattispecie individuale di cittadono non sottoposto a tutela teologica, che è demandato l'onere di gestire una libertà responsabile nei confronti dell'Altro interiorizzato. Nelle società arabo-musulmane il controllo è invece demandato allo sguardo della comunità, in pratica del vicino di casa e della polizia-religiosa. La cultura occidentale evolve in un reale più largo e "possiede più opzioni nella propria bisaccia".
Di fronte a un crescente senso di colpa, conseguente al proprio successo, starebbe però "regredendo lentamente - secondo le osservazioni del prof. Levi - dalle posizioni psicosessuali conquistate in millenni di civilizzazione, e alla fine rischierà di ritrovarsi nella stessa placenta, insieme a coloro che non erano mai progrediti". Questo avviene, aggiungerei, per una specie di contagio mimetico. Non si spiegherebbe altrimenti "questa strana identificazione di molti europei con Saddam Hussein, Bin Laden e Arafat e la simpatia per i colleghi feti. Per il momento è solo perversione". Il proprio vissuto filogenetico di cultura non dello "scritto" fisso e contratto, ma dell'immagine e della parola liberamente scambiata tra soggetti liberi e responsabili sta proteggendo la cultura occidentale dall’allucinazione e dalla psicosi, anche di massa.