QUASI nessuno, tra i politici italiani, e in particolare tra quanti sostengono Monti, sembra propenso a pensare che il declassamento notificato venerdì da Moody's sia in connessione con l'annuncio di un ritorno di Berlusconi alla guida dell'Italia.
Ritorno confermato da Alfano due giorni prima, ma da tempo evocato, invocato, dai fan dell'ex premier sui siti web. C'è stata invece un'unanime insurrezione, molto patriottica e risentita, e l'inaffidabilità delle agenzie di rating (Moody's, Standard & Poor's) è stata non senza valide ragioni denunciata: le stesse agenzie che sono all'origine della crisi scoppiata in America nel 2007, continuano infatti a dettar legge, fidando nell'oblio di cittadini, governi, istituzioni internazionali.
Ciononostante, quel che veramente conta resta nell'ombra: non in Italia, ma ovunque in Europa, il verdetto di Moody's (che pure non nomina il fondatore di Forza Italia) viene d'istinto associato all'infida maggioranza di Monti, e più specialmente alla decisione di Berlusconi di tentare per la sesta volta la scalata del potere: per ridiventare premier o salire al Quirinale, ancora non è chiaro. Monti sarebbe insomma un interludio, non l'inizio di una rifondazione della Repubblica.
È quanto dicono le radio francesi, gli editoriali sulla Sueddeutsche Zeitung o la Welt, che senza infingimenti adombra la possibilità di una ricomparsa in Italia del Padrino. Il titolo in prima pagina è Der Pate, Teil IV, il Padrino parte IV: il nomignolo, si aggiunge, è da anni diffuso in Europa. Accade spesso che lo sguardo esterno dica verità sgradevoli a Paesi che da soli non osano guardarsi allo specchio: è successo nell'Italia postmussoliniana come nella Francia dopo il fascismo di Pétain.
Il triste sequel del Cavaliere - Economia e Finanza con Bloomberg - Repubblica.it