Condivido questa bellissimo articolo di GIANNETTO Bordin, con vero piacere, e facendolo colgo l'occasione per consigliare ai vari X con scenziati al seguito, di leggerlo attentamente, MOLTO, MOLTO attentamente, neanche a scriverlo, ho affrontato l'oggetto della discussione molti anni fa, attingentdo alle stesse fonti che riporta il GIANNETTO e viva Dio, arrivando, alle stesse inequivocabili conclusioni, non è un caso se l'autore cita tra le fonti, personaggi come DE FELICE e PISANO'.
Aggiungo solo una piccola riflessione personale, per quanto si sia tentato, con decenni di falsità e millanterie, di ricatti e minacce, di mettere a tacere la verità, essa, prepotentemente tende ad affermarsi, questo sia da monito a tutti i fancazzisti che hanno fatto della storia, una cosa zozza e maleodorante, piagandola alla bisogna.
Qui sotto, troverete il perchè i revisionisti vengono in molte parti del mondo perseguitati con leggi liberticide, incarcerati eb trattati peggio degli stupratori, seviziatori e dei pedofili.
L'altra sera, la RAI, trasmettendo una puntata inedita della "LA GRANDE STORIA, MUSSOLINI, MARCIA,MORTE E MISTERI" ha finalmente e definitivamente preso atto che la versione storicamente accreditata della presunta fuga e morte di Mussolini è un FALSO.
VIVA DIO, in questa devastata e succube Italia, ancora si vedono scintille di verità, questo mi da la forza di guardare al futuro con un pizzico di speranza.
Buona lettura.
Ringhio.
Gli Storici si affannano per anni e anni dedicando il loro tempo e i loro studi, con giobbesca pazienza alla ricerca della verità su quanto accaduto nel tempo e, quando riscontrano notizie palesemente false, contraffatte o anche semplicemente lacunose, si affrettano a ripristinare la verità affinché i cittadini godano di una informazione il più veritiera possibile.
Allo stato dei fatti, doloroso constatarlo ma purtroppo vero, possiamo affermare che ben quattro generazioni di italiani succedutesi dal 1945 in poi sono stati volutamente e colpevolmente tenuti all’oscuro di un importante periodo della loro storia patria. Sono stati costretti a conoscere esclusivamente la versione imposta dai vincitori, infarcita di menzogne, mezze verità e omissioni, propinateci da cattivi maestri, da storici prezzolati, dalla televisione, da ogni altro mezzo di informazione e, soprattutto, dalla scuola ad ogni livello. Per cui anche gli attuali docenti che siedono in cattedra (fatte salve alcune rarissime eccezioni), coloro insomma che oggi “insegnano”, hanno a loro volta conosciuto e appreso una versione falsa e distorta di quella Storia che riguarda la prima metà del secolo ventesimo. Pertanto, essendosi pigramente ben guardati dall’approfondire, non possono che continuare a divulgare pappagallescamente le false verità apprese al tempo in cui essi stessi occupavano i banchi di scuola.
Questo castello di menzogne eretto dal vincitore su quanto accaduto in quegli anni, fu costruito allo scopo di additare al ludibrio del mondo alcuni milioni di connazionali, cercando di precipitarli in una virtuale foiba della Storia appositamente creata per loro.
Con grande fatica e testardo impegno, pochissimi coraggiosi hanno tentato in qualche modo di opporsi con i loro scritti al diffondersi della “grande bugia”. Costoro sono stati definiti con disprezzo “revisionisti”. Quasi che il primo dover di uno storico, quello cioè di accertare con la ricerca di nuove prove la verità dei fatti, fosse cosa deplorevole.
Tra coloro che gli autori della storiografia ufficiale definiscono appunto “revisionisti”, in chiave spregiativa, il vero pioniere di tale corrente è stato Giorgio Pisanò (scrittore, giornalista, combattente RSI e senatore per ben quattro legislature) che tutti conosciamo, il quale, con la sua “Storia della Guerra Civile”, ed altri importanti libri, ha praticamente trascorso buona parte della sua vita dedicandola a scomode e pericolose inchieste ristabilendo spesso la verità su quanto accaduto in Italia nel breve (per la “storia”) periodo di tempo che corre dal 1943 al 1945.
Purtroppo i suoi lavori rimasero per molti anni una lettura di nicchia, un interesse di pochi, dal momento che nessun editore di rilievo (tutti “irreggimentati”) si impegnò a divulgarli perché non si doveva “ disturbare il manovratore.
Ci sono voluti decenni prima che altri scrittori o storici, già cari al regime ma tutt’un tratto fattisi “curiosi”, riuscissero - almeno in parte - (quasi sempre attingendo allo stesso Pisanò) a far conoscere al grosso pubblico importanti fette di quella Verità sulle quali egli stesso aveva faticosamente sollevato la pesante coltre di opprimente silenzio calata dai nuovi padroni del vapore sui fatti di quegli anni.
In ordine di tempo, dopo Pisanò, è doveroso citare il più importante dei cosiddetti “revisionisti”: Il professor Renzo De Felice. Docente universitario, Storico accreditato, ebreo, proveniente dalla sinistra, il quale, con una onestà difficilmente riscontrabile in chi proviene da quelle file, con anni di ricerca, dopo lunghe indagini, ha pubblicato (tra gli anni ‘60 e ‘90), in otto ponderosi volumi, per i tipi di Einaudi, una dettagliata, documentata e accettabile Storia del fascismo, incentrata sulla vita di Benito Mussolini.
Questi tomi di circa un migliaio di pagine ciascuno, avevano però un grave difetto: costavano “un’iradiddio” e quindi erano acquistati principalmente da gente del mestiere e da qualche privato - cultore di storia patria - molto spesso al prezzo - oltre quello di copertina - di togliersi di bocca un considerevole numero di ... bistecche, pur di possederli.
Malauguratamente l’impegno del De Felice, causa la sua morte avvenuta nel 1996, dovette interrompersi prima che potesse affrontare quel particolare periodo, già affrontato da Pisanò, quello che va dall’8 settembre 1943 in poi.
Negli ultimi tre decenni altri (rari) onest’uomini provenienti dall’estrema sinistra, pertanto insospettabili di simpatia per il fascismo, improvvisamente divenuti “curiosi”, dopo aver nutrito dubbi su quanto la storiografia ufficiale proponeva, hanno potuto fornire con le loro ricerche, poi pubblicate, un discreto contributo alla conoscenza della Verità. Tra costoro ricordiamo il professor Romolo Gobbi, ricercatore presso l’Università di Torino, proveniente dall’estrema sinistra, che con alcuni libri frutto delle sue ricerche (“Il mito della Resistenza”, Rizzoli 1992; “Una revisione della Resistenza”, Bompiani 1999 e “Chi ha provocato la seconda Guerra Mondiale?”, Muzio editore 1995), concordando con Pisanò, ha demolito in poche documentate pagine buona parte della falsa storiografia resistenziale. Fatto questo che gli ha attirato le ire del senato accademico, non uso ad accettare verità diverse da quelle imposte dalla storiografia ufficiale. Questi libri non hanno avuto però una adeguata diffusione.
Più fortunato è stato invece negli anni recenti il noto scrittore e giornalista, anche lui di sinistra, Gianpaolo Pansa, il quale con i suoi “I vinti non dimenticano” -”Il sangue dei vinti” - “La grande bugia” ed altri interessanti libri (gran parte delle cui notizie attinte e rielaborate dagli scritti di Giorgio Pisanò) è riuscito a raggiungere un elevato numero di lettori che hanno finalmente potuto conoscere quelle verità già accertate da Pisanò, scoperchiando almeno in parte quel pentolone ribollente di menzogne e omissioni rifilateci dalla storiografia ufficiale.
Se possiamo quindi ben affermare che Giorgio Pisanò è stato il PRIMO STORICO (anche se lui non amava definirsi tale) antesignano dei REVISIONISTI, non possiamo dimenticare che - a onor del vero - prima di lui vi fu un altro lodevole tentativo: quello di un altro grande storico, inviso però al vincitore, Attilio Tamaro, con il suo “Due anni di Storia, (Roma Tosi, 1948/1949-Completamente ignorato dalla critica, e riedito da Volpe nel 1981)
Inutile dire che tutti i suddetti sono stati sempre e comunque osteggiati, insultati e minacciati pesantemente dal “potere” che non ama essere smentito, ed ha tremato nel vedere le ampie crepe che andavano producendosi nel suo castello di menzogne ormai vicino allo sgretolamento. Menzogne che imperterriti continuano a diffondere in ogni occasione attraverso tutti i mezzi ancora saldamente nelle loro mani.
Durante il suo lavoro di ricerca, iniziato negli anni cinquanta Pisanò ha dedicato gran parte del suo tempo rincorrendo e intervistando probabili testimoni che gli potessero rivelare qualche particolare sulla morte di Benito Mussolini e Claretta Petacci. Per anni alti “personaggi” ed altri cosiddetti “minori”, ma non certo meno importanti, presenti su quella scena, ripetutamente interrogati da Pisanò, se pur si lasciavano andare a qualche ammissione concludevano sempre l’intervista con un “qui lo dico e qui lo nego”. Rendendo pertanto impossibile riferire documentatamente qualsiasi notizia di una certa importanza.
Sino a che finalmente un freddo ma fortunato giorno del febbraio 1995 - cioè dopo mezzo secolo di scarpinate su strade e sentieri del lago di Como, riuscì, grazie ad una importante e volontaria testimonianza oculare, a scoprire il modus operandi in cui vennero assassinati (è la parola) Benito Mussolini e la povera Claretta Petacci (avendo personalmente collaborato con Pisanò in questa parte conclusiva dell’inchiesta ne sono testimone diretto).
La conclusione dell’inchiesta con le sue rivelazioni è poi stata pubblicata nel 1996 da “Il Saggiatore” nel libro/documento “GLI ULTIMI CINQUE SECONDI DI MUSSOLINI”. Un libro che, questa volta, anche se scritto dal reprobo Giorgio Pisanò, pubblicato però da un editore che avendo compreso l’importanza storica delle rivelazioni in esso contenute, ne ha garantito la diffusione - ha visto inaspettati traguardi di vendita, raggiungendo le centomila copie vendute.
Ma veniamo al punto, al “perché” di questa lunga premessa.
Ora, se riguardo alle rivelazioni riportate da Pisanò sul drammatico episodio, si possono comprendere (ma non certo giustificare) i livorosi storici antifascisti che si sono inutilmente arrampicati sugli specchi cercando di inficiare la validità della ricerca, non possiamo però accettare né capire coloro che - pur appartenenti alle nostre file - insistono nel fare propria e/o difendere e diffondere la falsa versione della “fucilazione” di Mussolini e della Petacci come avvenuta a Giulino di Mezzegra davanti al cancello di Villa Belmonte, dettata dalla favolistica resistenziale, fondata su notizie provenienti da chi ha tutto l’interesse a far sì che non si conosca una verità che danneggerebbe considerevolmente non solo una certa parte politica, ma tutto l’entourage di uomini di politici e di governo che si sono succeduti dal 25 aprile 1945 ad oggi.
Da quando, nel 1996 è uscito il succitato libro di Pisanò, nessuno, dicesi nessuno storico o presunto tale, si è preso la briga di scrivere qualcosa negando (documentatamene, non “ipotizzando”!) - le rivelazioni di Pisanò, il cui risultato dell’inchiesta è ormai unanimemente e definitivamente acquisito.
Soltanto qualche personaggio ingenuo o in malafede può mettere in dubbio i risultati acquisiti da Pisanò, riproponendo trite e ritrite dichiarazioni e false o interessate “testimonianze” fatte da inaffidabili personaggi, ormai abbondantemente smentite dagli storici più accreditati e da chiunque abbia seriamente indagato su quanto avvenuto in quei giorni di fine aprile.
Uno dei tanti improvvisati “testimoni” è stato un certo Geninazza, autista partigiano, sulle cui dichiarazioni e affermazioni si basa il nuovo libro di certo Pietrangelo Pavesi, ultimamente dato alle stampe da editore sconosciuto.
Il Pavesi (è questo è un lato “antipatico” della faccenda) che si muove freneticamente nel tentativo di accreditarsi come storico” è stranamente un “camerata” che, avendo anticipato il contenuto del suo libro dall’accattivante titolo “Sparami al petto!” (frase ripresa dal racconto del Geninazza, secondo il quale sarebbero state le ultime - improbabili - parole di Mussolini) in un articolo pubblicato con faciloneria giornalistica da LIBERO nel 2009, si è visto praticamente demolire le cervellotiche affermazioni pubblicate, dal serio e documentato ricercatore storico Maurizio Barozzi.
Sarebbe troppo lungo qui riportare quanto il Barozzi ha contestato al Pavesi. Se però questo giornale ritiene di pubblicarle, con l’autorizzazione dell’autore, glie le faremo avere. Oppure il Barozzi potrà personalmente inviargliele con i suoi commenti.
Anche in anni più lontani, ogni tanto qualche articolista ebbe a riportare agli “onori” della cronaca il Geninazza e le sue incredibili dichiarazioni e affermazioni mai sostenute dalla necessaria documentazione se non quella di un suo improbabile diario che nessuno aveva mai visto e pare sia uscito allo scoperto dopo la sua morte, che riporta “notizie” sempre regolarmente confutate, con dati alla mano, dai vari storici e giornalisti interessati all’argomento. Una “testimonianza” - quella del Geninazza - ormai accantonata da qualsiasi serio ricercatore.
Anni addietro l’autore di “Sparami al petto” mi anticipò il contenuto del libro che aveva in animo di scrivere e rimasi sorpreso del fatto che specialmente un dilettante volesse scrivere una sua verità opponendola a quella scaturita dall’inchiesta di Giorgio Pisanò, ovunque e comunque accettata come la sola attendibile.
A quel tempo sconsigliai quel “camerata” di perseguire nel suo intento, e demordere da tanto inutile e vanitoso impegno, basato sulle dichiarazioni di un personaggio ormai passato in giudicato.
Confesso che personalmente non ho letto il libro del Pavesi, ma conoscendone il contenuto so ugualmente bene di ciò che parlo. (D’altronde nessun critico legge completamente tutti i libri che recensisce!)
La mia dichiarazione di ritenere inutile la lettura del libro di Pierangelo Pavesi è poi supportata anche dal fatto che nel passato mi sono già sorbito parecchie letture del genere. Molto spesso robaccia scritta da improbabili aspiranti “storici” o da imbolsiti partigiani; da “resistenti” d’ogni specie o da volgari assassini come Orfeo Landini; da megalomani ognuno dei quali si attribuiva “l’onore” dell’uccisione di Mussolini e della Petacci. Parlo di Bruno Lonati, Lamberto Bocconi, di tale Malcom Smith, dei fratelli Arturo e Carlo Allievi, e di impuniti falsari del calibro di Valter Audisio e Aldo Lampredi. E tanti altri ancora. Tutti personaggi che non possono trovare alcuno spazio di credibilità presso il lettore.
Sull’argomento purtroppo vi è l’insana e diffusa abitudine di voler apparire con inutili scritti su qualche compiacente giornale, per annunciare nuove “rivelazioni”, avanzando le ipotesi più strampalate. Scrittori e giornalisti in debito d’ossigeno, pennivendoli, editori e compagnia cantando. Gente interessata solamente a “guadagnare” qualche quattrino, o aumentare la tiratura del giornale con un argomento che suscita sempre l’interesse del lettore, intorpidendo le acque e fregandosene della verità storica.
Qui sta proprio l’essenza della questione. Tutti parlano, tutti scrivono, tutti congetturano, tutti proprio e solamente per alimentare un filone... economico.
Anche il Pavesi sostiene che il suo libro si basa su documenti e testimonianze” (naturalmente attinte dal Geninazza). Una di queste (come mi ha scritto lui stesso) tanto per fare un esempio, è che “in casa De Maria abitavano almeno 22 persone”. Ohibò! Ma chi mai glielo avrà detto?
E’ mai possibile che Pisanò il quale per oltre quarant’anni si è interessato della faccenda (interrogando e intervistando nel corso di mezzo secolo decine di volte i De Maria, i loro parenti, centinaia di ex partigiani, parroci, marescialli dei carabinieri, sindaci del lungolago, notai, fotografi eccetera [io stesso a visitare casa DE Maria ho iniziato negli anni ‘50]) e gli altri ricercatori, in tutte le loro inchieste, non ne sarebbero venuti a conoscenza! Ma allora costoro erano proprio un branco di coglioni! Suvvia, non facciamo ridere!
A meno che la “STORIA”, col suo cartiglio zeppo di segreti - snobbando, con Giorgio Pisanò, quel branco di “incapaci” quali Franco Bandini, Alessandro Zanella, e tanti altri ancora, aspettava con ansia di veder apparire all’orizzonte un novello “storico”, per rivelargli ipso facto testimonianze e documenti negate a quei quattro gatti, storici di professione, immeritevoli dei suoi “favori”. Gran brutta bestia “Madama la Storia”!
Fortunatamente durante l’ultima trasmissione sull’argomento mandata in onda su RAITRE sabato 7 luglio alle 21,30 è stata rivalutata la testimonianza oculare di Dorina Mazzola rilasciata a Giorgio Pisanò, che ha costituito la base del libro “Gli ultimi cinque secondi di Mussolini” .
Si tratta di un riconoscimento tardivo ma doveroso, che implicitamente denuncia e riconosce come falsa la favolistica versione resistenziale della fucilazione davanti al cancello di Villa Belmonte, come qualche sprovveduto ancora insiste nel credere.
Una “mazzata” per tutti i presenti e futuri.. Pavesi.
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