Originariamente Scritto da
Florian
Ti ringrazio molto.
Infatti io ho scritto:
Senza scomodare Marx, ma solo i suoi più recenti discepoli, notiamo invece che un “certo” comunismo si è nei fatti realizzato e gode di ottima salute, non solo in Cina, ma soprattutto in Occidente.
Ho scritto: un "certo" comunismo, con tanto di virgolette, per intendere la New Left, che comunque era almeno in parte marxista.
In tal senso mi sento di condividere la tua replica, a cui aggiungerò una piccola riflessione.
Recentemente mi è capitato di vedere un film tedesco intitolato "Goodbye Lenin". Tale film ha dato il via alla famosa "Ostalgie", ovvero quell'affettuoso rimpianto, non privo di elementi critici, dei tedesco-orientali per il loro passato comunista. Ebbene, noi italiani siamo talmente abituati ad un certo tipo di "comunismo" (linea Rossanda-Negri-Bertinotti-Vendola, per capirci) che essere messi a contatto con spezzoni di vita della DDR di Honecker procura un certo imbarazzo. E' comunismo, quello, o piuttosto... "conservatorismo"? Ecco ciò che scrissi tempo fa al riguardo:
L'utopia socialista dei cetrioli dello Spreewald
di Florian
Goodbye Lenin è la pellicola simbolo dell'Ostalgie, quel fenomeno tipico della Germania contemporanea che induce tanti ex-tedesco orientali ad interrogarsi sul processo di riunificazione con un velo di nostalgia. Nostalgia non tanto di ciò che è stato, la DDR realizzatasi nella storia, ma di ciò che poteva essere ed è stato tradito, ovvero il mito di un "socialismo umano" che la libertà occidentale ai loro occhi sembrava poter realizzare.
E' questo un film che induce anche chi ha parteggiato per gli USA nello scontro epocale tra capitalismo e comunismo a riflettere sui risultati concreti d'una vittoria ottenuta a caro prezzo. Le immagini che ripercorrono gli eventi del '90 ci mostrano una Germania dell'Est alle prese con un balzo in avanti della civilizzazione. "Civilizzazione" agrodolce, coi colori e i loghi della globalizzazione - Coca Cola, Ikea, Burger King - che distruggono gli amati prodotti locali - come i "mitici" "cetrioli dello Spreewald" alla cui caccia muove per tutto il film il nostro protagonista. Dietro le bandiere nero-rosso-oro di Kohl e Beckenbauer ad incalzare dunque prepotente è l'internazionalismo senza patria del mercato. La Germania che vince sul campo di gioco è quella che politicamente scompare, mimetizzandosi in un McWorld anonimo e volgare.
Godbye Lenin oltre che essere una metafora del socialismo impossibile è anche il rimpianto di una Germania perduta, che si sentiva tedesca anche dietro la soffocante propaganda sovietica. Una Germania che dietro alle storture intollerabili del muro "antifascista", del partito unico e delle menzogne grazie alle quali la burocrazia soggiogava il suo popolo, celava tuttavia il prezioso sogno di una società ancorata ai valori dell'umanesimo contro il carrierismo e la competizione assoluta. L'utopia socialista di Alex e di quei tanti comunisti dell'Est che guardarono favorevolmente alla libertà dell'Ovest sentendosene presto traditi. Forse perchè era una libertà che promuoveva un materialismo ed un isolamento sociale ignoti ad una nazione che pur si voleva ideologicamente atea e materialista. Forse perchè in quel contesto spartano vibrava più calore umano che non nello squallore nichilista dell'Occidente post-cristiano.
Personalmente nel vedere questo film, commovente ed ironico al tempo stesso, ho provato una sensazione strana, ovvero quella di rivedere me bambino, con mia madre e i miei parenti, durante gli anni Settanta i cui colori ci riconsegna affettuosamente alla memoria questo film. Come se quell'epoca si fosse "conservata" all'Est durante il ventennio successivo, un arco di tempo in cui la marcia inarrestabile del progresso ha sembrato interessare unicamente l'Ovest, salvaguardando l'Est. Cosicchè alla mia vista, dagli interni modesti ma ben curati, alle pesanti tappezzerie, al vestiario pudico e ordinato, tutto aveva un che di familiare e di casa. Qualcosa di sano, preservatosi da un mondo esterno peccaminoso ed ostile. Anche i volti dei protagonisti risplendevano di un che di dignitoso e di onesto, qualità che non si possono comprare e che l'Occidente si era vendute per il famoso piatto di lenticchie.
Per questi motivi non ho difficoltà a riconoscere nell'utopia socialista di Alex e di mamma Katrin anche la mia piccola utopia conservatrice, sempre più insofferente verso quanto si tende a far passar oggi sotto codesto nome. La sensazione è che dietro emblemi della propaganda comunista (il compagno, il collettivo, il partito, l'icona del Che) ci fosse una comune identità di fondo che negava al mercato, e dunque all'economia, la primazia sulle nostre vite. Comunisti e conservatori, fieri avversari durante l'epoca del Muro, condividevano tuttavia una visione che affidava alla politica la ricerca del Bene e in cui il Buono ed il Vero invece d'essere relativizzati rappresentavano le fondamenta di un sentire comunitaro.
Sono sempre stato convinto che l'antico e nobile spirito europeo sia rimasto stritolato lungo la Guerra Fredda da due materialismi di segno diverso, l'uno agente sotto il segno del dollaro, l'altro sotto l'egida della scienza. Ma il cuore dell'Europa, che è la Germania segreta, sta altrove da questo modernismo senz'anima e sembra essere adesso compito degli sconfitti, i poveri e vituperati fratelli dell'Est, riportarlo alla luce dei più ricchi e civilizzati fratelli dell'Ovest, la cui perdita di sensibilità sociale ha finito purtroppo col rendere ciechi.
Florian