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  1. #1
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    Thumbs down Ingroia processa mafia e Stato e spacca la procura di Palermo

    Ingroia processa mafia e Stato e spacca la procura di Palermo






    Così i magistrati chiedono il processo per capimafia come Leoluca Bagarella, Bernardo Provenzano, Totò Riina, Giovanni Brusca e Antonio Cinà, ma poi inseriscono nella black list il generale dei carabinieri Antonio Subranni, l'ex capo del Ros Mario Mori, ormai arrivato al terzo procedimento per le cose di Cosa nostra, il colonnello Giuseppe De Donno, gli ex ministri Nicola Mancino e Calogero Mannino, il senatore Marcello Dell'Utri, già al centro di uno sfiancante procedimento per concorso esterno in associazione mafiosa, e infine Massimo Ciancimino, il figlio del defunto sindaco di Palermo Vito, prima osannato dai pm antimafia per il suo presunto, molto presunto coraggio, poi scaricato come depistatore.





    Gli indagati sono accusati a vario titolo di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato e concorso in associazione mafiosa. Mancino risponde invece di falsa testimonianza e Ciancimino junior pure di calunnia. Nell'elenco non compaiono l'ex guardasigilli Giovanni Conso e l'ex capo del Dap Adalberto Capriotti, cui vengono contestate le false dichiarazioni al pm. Le loro posizioni verranno congelate in attesa della fine di questa storia, poi si vedrà.

    La tesi della procura, che chiude una lunghissima stagione investigativa iniziata nel '93 con l'indagine chiamata Sistemi criminali, è netta:

    fu Calogero Mannino, a sua volta assolto dall'accusa di mafia dopo un interminabile processo, ad aprire all'inizio del '92 la trattativa perché temeva di essere ucciso.

    Poi il testimone fu raccolto dagli ufficiali del Ros: furono loro a colloquiare in segreto con i mafiosi per il tramite di Ciancimino senior.

    Quindi, in una seconda fase, i boss trovarono un altro interlocutore: Marcello Dell'Utri.

    Nel '94, secondo Ingroia e i suoi pm, [U]Bagarella e Brusca [/U ]«prospettarono al capo del governo Silvio Berlusconi per il tramite di Vittorio Mangano e Dell'Utri una serie di richieste finalizzate ad ottenere benefici di varia natura».

    Come si vede, la tesi di fondo, suggestiva, è che il papello, aggiornato come un work in progress, sia arrivato se non in consiglio dei ministri almeno a Palazzo Chigi passando, come al solito, per Dell'Utri e per l'immancabile stalliere Vittorio Mangano che è morto da un pezzo ma ritorna puntualmente in tutte le trame oblique.

    Tutta la congrega avrebbe «agito in concorso con il capo della polizia Vincenzo Parisi e con il vicedirettore del Dap Francesco di Maggio» che però sono morti e scanseranno le accuse.

    Come pure Oscar Luigi Scalfaro, artefice di un improvviso avvicendamento ai vertici del Dap.

    Si vedrà.

    E però qualcosa non quadra perché a quanto si è capito fu proprio un'icona della repubblica come Conso, ministro della giustizia nel governo Ciampi, a cancellare il carcere duro, l'odiato 41 bis, per centinaia di mafiosi. Insomma, i sospetti si addensano anche e soprattutto nella direzione in cui meno si è guardato.

    Mannino è furente:

    «Questo è un capriccio di Ingroia. Da vittima, nel mirino di Cosa nostra, divento un imputato».

    E Mancino, le cui telefonate a Giorgio Napolitano sono state intercettate, si prepara alla battaglia:

    «Dimostrerò la mia innocenza».

    Intanto, a sorpresa, la terza commissione del Csm si è spaccata - tre favorevoli, un contrario e due astenuti - sul trasferimento di Ingroia in Guatemala.

    Ora la palla passa al plenum, ma l'ipotesi che il pm resti a Palermo ora è meno remota.


    ....


    ...ci mancava anche la manfrina del Guatemala...magistrati anche, ma soprattutto LUCIDI triplolavoristi a tempo pieno, politici ed attori mediatici...l'ULTRACASTA fa quadrato...ed il Chè de noantri non molla i RIFLETORI DELLA RIBALTA...iango:iango:
    Ultima modifica di salvo.gerli; 26-07-12 alle 08:37
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  2. #2
    Si legge NUAR!!
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    Predefinito Re: Ingroia processa mafia e Stato e spacca la procura di Palermo

    a forza di fomentare l'odio contro ingroia poi non stupiamoci se qualcuno piazza una bomba sotto la sua auto
    l'italiano ha un tale culto per la furbizia che arriva persino all'ammirazione di chi se ne serve a suo danno.

    jesus died for somebody's sins but not mine

  3. #3
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    Predefinito Re: Ingroia processa mafia e Stato e spacca la procura di Palermo

    Dal link:

    Così i magistrati chiedono il processo per capimafia come Leoluca Bagarella, Bernardo Provenzano, Totò Riina, Giovanni Brusca e Antonio Cinà, ma poi inseriscono nella black list il generale dei carabinieri Antonio Subranni, l'ex capo del Ros Mario Mori, ormai arrivato al terzo procedimento per le cose di Cosa nostra, il colonnello Giuseppe De Donno, gli ex ministri Nicola Mancino e Calogero Mannino, il senatore Marcello Dell'Utri, già al centro di uno sfiancante procedimento per concorso esterno in associazione mafiosa, e infine Massimo Ciancimino, il figlio del defunto sindaco di Palermo Vito, prima osannato dai pm antimafia per il suo presunto, molto presunto coraggio, poi scaricato come depistatore.

    Eh! no!!! I mafiosi va bene ma, chi tocca i fili muore ... :giagia:

    Vero Zurzurellone?

  4. #4
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    Predefinito Re: Ingroia processa mafia e Stato e spacca la procura di Palermo

    Non ho le carte che hanno i magistrati, se hanno fatto queste richieste un motivo ce l'avranno, ma non si rischia una replica del processo ad Andreotti? Da quel processo che io ricordi non fu assolto, o meglio, non del tutto assolto, ma comunque si rivelò un mezzo fiasco per i pm dell'epoca.
    Ultima modifica di subiectus; 26-07-12 alle 09:56
    Controllori di volo pronti per il decollo,
    telescopi giganti per seguire le stelle
    (F. Battiato, No time no space)

  5. #5
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    Predefinito Re: Ingroia processa mafia e Stato e spacca la procura di Palermo

    Citazione Originariamente Scritto da subiectus Visualizza Messaggio
    Non ho le carte che hanno i magistrati, se hanno fatto queste richieste un motivo ce l'avranno, ma non si rischia una replica del processo ad Andreotti? Da quel processo che io ricordi non fu assolto, o meglio, non del tutto assolto, ma comunque si rivelò un mezzo fiasco per i pm dell'epoca.
    La disinformatjia mediatica pro-impuniti ha scavato profondo, in questi anni.

    Per come è stata combinata la "giustizia" negli ultimi anni da parlamenti zeppi di indagati, inquisiti e pregiudicati, si può tranquillamente affermare che il solo rinvio a giudizio è GIA' una conferma della bontà del lavoro dei Pm.
    Nel caso Andreotti, poi, c'è una pronuncia DI FATTO di colpevolezza; ancorché frutto dei soliti bizantinismi italici.
    Ultima modifica di MrBojangles; 26-07-12 alle 12:04

  6. #6
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    Thumbs down Re: Ingroia processa mafia e Stato e spacca la procura di Palermo

    La Procura di Palermo chiude l’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, chiesti 12 rinvii a giudizio



    Il procuratore di Palermo, Francesco Messineo, non ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio formulata, nell’ambito dell’indagine sulla trattativa tra Stato e Mafia.

    La richiesta non è stata ancora formalmente inoltrata al Gip ma è stata solo oggetto di una riunione tra i magistrati della Procura, nel corso della quale e’ stata predisposto l’atto da depositare nell’ufficio dei Gip.

    Il documento e’ stato firmato dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dai sostituti Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Lia Sava.

    Il procuratore Messineo si è limitato a “vistare” la richiesta di rinvio di giudizio, senza comunque firmarla: la sottigliezza tecnica potrebbe manifestare una non piena condivisione da parte del capo dell’ufficio delle conclusioni cui sono giunti i magistrati titolari del fascicolo.

    Col visto -ma senza la firma di Messineo- l’atto è stato depositato nella cancelleria dei Gip.

    Il fascicolo dovrà essere assegnato a un giudice che fisserà una data per l’udienza preliminare.

    Tra i 12 indagati per i quali la Procura chiede il rinvio a giudizio, tra i quali l’ex presidente del Senato Nicola Mancino, l’ex ministro democristiano Calogero Mannino, il senatore del Pdl, Marcello Dell’Utri, i capimafia corleonesi Totò Riina e Bernardo Provenzano, i generali dei carabinieri Mario Mori e Antonio Subranni. Ci sono anche i mafiosi Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina, e Antonino Cinà, il collaboratore di giustizia Giovanni Brusca e l’ufficiale dei carabinieri Giuseppe De Donno.

    Il reato ipotizzato è quello di «attentato a un corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato» per tutti gli indagati, con la sola eccezione di Mancino nei cui confronti l’accusa è soltanto di falsa testimonianza per le dichiarazioni da lui rese sulla trattativa nel corso del processo per favoreggiamento aggravato di Cosa nostra a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, in relazione alla mancata cattura di Bernardo Provenzano nei primi anni ’90.


    ...


    LA PENA E L'ORRORE SI MISCHIANO NEL FORMULARE IL PIU' NETTO DEI MIEI PENSIERI...certa magistratura in Italia MI FA VERAMENTE SCHIFO...

    ncav:ncav:
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    Impossibilia nemo tenetur

  7. #7
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    Predefinito Re: Ingroia processa mafia e Stato e spacca la procura di Palermo

    Citazione Originariamente Scritto da salvo.gerli Visualizza Messaggio
    [...]

    ...


    LA PENA E L'ORRORE SI MISCHIANO NEL FORMULARE IL PIU' NETTO DEI MIEI PENSIERI...certa magistratura in Italia MI FA VERAMENTE SCHIFO...

    ncav:ncav:
    Non sei il solo.

    Quelli al 41bis ed i loro colleghi (impuniti) in parlamento la pensano alla stessa maniera.

  8. #8
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    Predefinito Re: Ingroia processa mafia e Stato e spacca la procura di Palermo

    vai salvo difendi la mafia sei tutti noi!!!!!!!!!!

    senza ingroia quel processo non andrà lontano purtroppo, sempre che a qualche testimone non venga casualmente un infarto

  9. #9
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    Exclamation Loris D'Ambrosio: "L'inchiesta un peso insopportabile"

    Il ministro Severino su D'Ambrosio
    "L'inchiesta un peso insopportabile"




    Napolitano in lacrime all'ultimo saluto del suo consigliere giuridico, Loris D'Ambrosio.
    Il ministro della Giustizia Severino:

    "D’Ambrosio ha molto sofferto. Non riusciva a capacitarsi come potesse essere accusato, con tanta veemenza, di aver voluto interferire su indagini in tema di mafia, proprio la materia che aveva costituito il centro di un suo impegno così intenso. Era insopportabile il peso di vedersi addebitata l’accusa di avere mancato ai propri doveri, assolti, invece, sempre con proverbiale scrupolo e chiara lucidità".





    Giovedì, quando la notizia della morte di Loris D’Ambrosio era arrivata al Quirinale, Giorgio Napolitano era in partenza per Londra. Appena il tempo di rendersene conto, scrivere un comunicato pieno di rabbia e dolore, poi il volo verso l’Inghilterra. Fosse stato per lui, probabilmente, non l’avrebbe fatto. Ma il protocollo lo imponeva. Così ieri, di ritorno dalla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici, il Capo dello Stato si è subito recato nella camera ardente allestita al Quirinale. Poi, con la moglie Clio, ai funerali nella chiesa di Santa Maria della Vittoria. Nessun commento, solo lacrime per quella che è anzitutto una perdita personale.

    Forte il legame che univa Napolitano a D’Ambrosio.

    E lo testimonia un particolare che il ministro della Giustizia Paola Severino, con la voce più volte rotta dal pianto, rivela durante l’orazione funebre.

    Davanti alla famiglia di D’Ambrosio (la moglie Antonella, i figli Silvia, Giulio e Valerio) e a diversi esponenti del mondo della politica e delle istituzioni, svela che nei giorni della polemica più accesa intorno alle telefonate intercettate con l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino. Quando a gran voce i detrattori chiedevano un suo passo indietro, D’Ambrosio aveva consegnato le dimissioni al presidente della Repubblica.

    E Napolitano le aveva respinte.

    Normale se non fosse che il Guardasigilli, rivolgendosi al Capo dello Stato, aggiunge:

    «In quei difficilissimi momenti gli è stato di grande conforto il contenuto della lettera cui Ella, respingendo le sue dimissioni, gli ha manifestato e ribadito tutto il suo apprezzamento per la preziosa e insostituibile opera che, senza mai risparmiarsi, ha sempre svolto al servizio dello Stato».

    Dopotutto era stato proprio Napolitano, e Severino lo sottolinea, ad esprimere «rammarico» per la morte del suo consigliere.

    Quasi si senta responsabile per ciò che è accaduto. Di certo c’è che, come racconta il Guardasigilli, «Loris D’Ambrosio ha molto sofferto. Non riusciva a capacitarsi come potesse essere accusato, con tanta veemenza, di aver voluto interferire su indagini in tema di mafia, proprio la materia che aveva costituito il centro di un suo impegno così intenso».

    «Era insopportabile - prosegue - il peso di vedersi addebitata l’accusa di avere mancato ai propri doveri, assolti, invece, sempre con proverbiale scrupolo e chiara lucidità. Ma non ha nutrito acredine per quanto veniva ingiustamente detto e scritto su di lui».

    Anche il procuratore generale della Cassazione Ernesto Lupo, prendendo la parola alla celebrazione funebre, ribadisce il concetto:

    «Il sospetto facile e superficiale ha anche l’effetto di esasperare il clima e così si rischia di non distinguere tra chi compie e chi combatte. La mancata considerazione della storia personale può generare equivoci drammatici che provocano sofferenze».

    Insomma, per dirla con le parole di Severino, «la cultura del sospetto provoca danni» alla giustizia e ai cittadini.

    E anche se, come sottolinea il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli, «collegare la morte di D’Ambrosio alle indagini di Palermo è una strumentalizzazione che va respinta», è indubbio che il consigliere giuridico del Quirinale è rimasto vittima di quella «cultura del sospetto». Ancor prima dell’infarto improvviso che lo ha stroncato. Ma ora è il tempo del ricordo.

    Su tutti quello di Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso dalla mafia: «Credo che non ci sia una persona, più di lui, alla quale gli italiani devono dire grazie per la lotta antimafia».

    Così, alla fine, oltre le polemiche, impressa nella memoria resta una frase su cui il cappellano del Quirinale, don Franco Sartori, quasi si ferma leggendo il vangelo di Matteo scelto per la celebrazione: «Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli».


    ...


    ...ed intanto il barbudo fan del GegheChè si gratta las pelotas in Guatemala...con doppio stipendio...

    ________________________________


    Impossibilia nemo tenetur

  10. #10
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    Predefinito Re: Loris D'Ambrosio: "L'inchiesta un peso insopportabile"

    Citazione Originariamente Scritto da salvo.gerli Visualizza Messaggio
    [...]
    ...ed intanto il barbudo fan del GegheChè si gratta las pelotas in Guatemala...con doppio stipendio...

    Le solite stronzate del "41bis funclùb".

    Verrà messo fuori ruolo.
    Ultima modifica di MrBojangles; 29-07-12 alle 18:40

 

 
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