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    Predefinito Otto-Ernst Remer ed il Partito socialista del Reich Tedesco

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    Predefinito Re: Otto-Ernst Remer ed il Partito socialista del Reich Tedesco

    INTERVISTA COL GEN. OTTO ERNST REMER
    Otto-Ernst Remer (18 Agosto 1912 – 4 Ottobre 1997) fu un ufficiale della Wehrmacht

    Intervista di Stephanie Schoeman



    Domanda: Generale Remer, quale era il suo ruolo nella Seconda Guerra Mondiale?

    Risposta: Ero un comandate al fronte e ho comandato unità belliche durante gli anni della guerra. L’unica eccezione fu un periodo di tre mesi trascorsi a Berlino in qualità di comandante del reggimento della guardia berlinese e un periodo di altri tre mesi come comandante della brigata addetta alla guardia del corpo nel quartier generale di Hitler.

    Infine divenni generale e comandante di divisione. Su ordine personale di Hitler la mia divisione fu inviata a combattere sul fronte orientale nelle aree più critiche. Un po’ come una specie di squadra di pronto intervento. Rimasi un comandante di prima linea fino all’ultimo giorno di guerra.



    Domanda: Qual’è la sua opinione sulla crisi del Corridoio Polacco e lo scoppio della guerra nel 1939?

    Risposta: nel Settembre del 1944, quando ero comandante dell’unità di guardia presso il quartier generale di Hitler, parlai col Fuehrer durante una passeggiata insieme.

    Gli chiesi:


    “mio Fuehrer, posso parlarvi apertamente per un momento? “,“ naturalmente! “ rispose. Così gli chiesi: “ Per quale vera ragione avete attaccato la Polonia? Non avreste potuto aspettare?”

    Hitler aveva chiesto soltanto una strada ed una ferrovia extra-territoriale attraverso il territorio polacco e voleva il ritorno di Danzica al Reich. Erano in verità richieste molto modeste. Con un po’ di pazienza non avrebbe potuto ottenerle più o meno nello stesso modo in cui l’Austria e i Sudeti sono stati annessi al Reich?

    E Hitler rispose:

    “ Voi vi state sbagliando. Sapevo già dal Marzo del 1939 che Roosevelt aveva deciso di far scoppiare una guerra mondiale e sapevo che gli inglesi vi stavano collaborando e che Churchill ne era coinvolto. Dio solo sa che non volevo una guerra mondiale. Ecco il perché ho cercato di risolvere il problema polacco a modo mio con una specie di spedizione punitiva, senza una dichiarazione di guerra. Dopo tutto vi erano state migliaia di uccisioni di persone di etnia tedesca e ben 1,2 milioni di rifugiati di origine tedesca. Cosa avrei dovuto fare? Dovevo agire. E per questa ragione, quattro settimane dopo questa campagna, feci la più generosa offerta di pace che qualsiasi leader vincitore potesse fare. Purtroppo non ebbe successo. Se non avessi agito come ho agito nei confronti della questione polacca, per prevenire una seconda guerra mondiale, al più tardi nel 1942 avremmo dovuto vivere ciò che stiamo vivendo ora nel 1944 “.

    Questo è ciò che mi disse.

    Domanda: Hitler fu troppo tenero con l’Inghilterra?

    Risposta: Quello fu un errore di Hitler. Egli perseguiva sempre politiche basate sull’ideologia. Una conseguenza fu l’alleanza con l’Italia Fascista che finì col tradimento da parte dell’Italia. Mentre Hitler credeva sempre nella razza nordico-germanica e nei popoli nordici che includevano i britannici. Questo è il motivo per il quale egli fece ripetute offerte di pace alla Gran Bretagna, le quali furono sempre da quest’ultima bruscamente rigettate. E’ questa una delle ragioni per la quale non occupammo mai l’Inghilterra, il che l’avrebbe eliminata per sempre dalla guerra. Ma per ragione ideologiche Hitler non lo fece, il che fu sicuramente un errore. Ma, dopo tutto, chi è che non commette errori?

    Hitler un giorno mi disse: “ ogni giorno che questa guerra continua mi fa astenere dallo svolgere il lavoro che sono ancora destinato a compiere per il bene del popolo tedesco.”

    Stava riferendosi alle sue politiche ed ai suoi programmi nazionali. Hitler era terribilmente amareggiato di non poter portare a termine questi piani perché doveva dedicarsi alla guerra. Il periodo di pace durò soltanto sei anni ma quale grande trasformazione fu raggiunta durante quel breve periodo!

    Domanda: E di Dunkerque che mi dice?

    Risposta: Ufficiali traditori che sapevano del piano di invadere l’Inghilterra conosciuto come “Sea Lion” (leone marino) riferirono a Hitler che un’invasione dell’Inghilterra dal mare non era militarmente possibile. Questo misero nel rapporto anche se sapevano che la cosa non era vera, in modo da evitare l’invasione per ragioni politiche. Tutto questo venne alla luce dopo la guerra. Fabian von Schlabrendorff testimoniò al riguardo al mio processo.

    Domanda: Era d’accordo sulle politiche di Hitler, in particolare la sua politica verso la Russia?

    Risposta:Per quanto riguarda la campagna militare contro l’Unione Sovietica, innanzitutto va messo in chiaro che al tempo della campagna dei Balcani in Yugoslavia e Grecia agli inizi del 1941, quando avevamo 10 divisioni lungo tutto il confine sovietico, i russi stazionarono ben 247 formazioni militari sul nostro confine. Dopo la conclusione della campagna dei Balcani, mettemmo allora almeno 170 unità militari sul confine con l’Unione Sovietica.. I russi si erano preparati per un attacco.

    I successi iniziali delle nostre truppe contro i sovietici furono dovuti al fatto che i russi non erano dislocati in posizione difensiva, ma erano invece dispiegati proprio di fronte per attaccare. Questo ci ha reso possibile circondarli velocemente. Così nelle prime settimane di guerra fummo in grado di catturare più di tre milioni di prigionieri di guerra nonché enormi quantità di attrezzature belliche, tutte posizionate sul confine pronte all’attacco.

    Questa è la sacrosanta verità e può essere provata. Parlai recentemente col Sig. Pemsel che all’epoca era un pilota aereo della ricognizione a lungo raggio. Nel periodo anteriore alla campagna di Russia, volò fino al fiume Don e poté osservare, facendone rapporto, questa enorme concentrazione di truppe sovietiche sul confine.

    Io stesso, con l’esperienza della campagna di Russia e avendo parlato con prigionieri russi,sapevo che i sovietici stavano facendo i preparativi per un imminente attacco all’Europa. I russi speravano che avremmo attaccato l’Inghilterra così avrebbero potuto approfittare della situazione e invadere l’Europa.

    Domanda: Lei crede che la guerra con l’Unione Sovietica fosse inevitabile in seguito all’incontro fra Molotov e Hitler nel Novembre del 1940?

    Risposta:Il Ministro degli Esteri russo Molotov chiese i Dardanelli. Ciò presupponeva il nostro accordo a cedere un territorio straniero che apparteneva ai Turchi. Allora Molotov fece delle richieste che non potevano essere semplicemente accettate. Hitler inoltre era consapevole dell’annessione sovietica di un territorio romeno in tempo di pace presunta.

    Hitler sapeva anche che il sollevamento anti-tedesco di Belgrado fu organizzato dai sovietici. Furono i russi stessi che affondarono le relazioni tra la Germania e l’Unione Sovietica. E man mano che Hitler riceveva rapporti sui preparativi sovietici per un attacco contro la Germania e l’Europa, egli reagiva. Sono assolutamente certo che Hitler, in origine, non aveva nei progetti di attaccare l’Unione Sovietica. Quando lo fece è perché la situazione lo richiedeva.

    Domanda: E’ vero che i tedeschi consideravano i russi come “subumani” ?

    Risposta: E’ una sciocchezza. I russi sono esseri umani come tutti gli altri! La sua domanda pertanto non ha senso. Avevamo relazioni di primordine col popolo russo. L’unica eccezione, un problema che dovemmo affrontare, fu con i commissari sovietici che erano tutti ebrei. Questa gente se ne stava dietro le linee con le mitragliatrici, spingendo i soldati russi nella battaglia. Comunque ce ne siamo sbarazzati velocemente. Questo era secondo gli ordini. Ciò accadeva durante una guerra per l’esistenza vera e propria,una guerra ideologica, quando tale politica viene data per scontata.

    Ci furono a volte discorsi circa le cosìdette orde asiatiche e i soldati semplici a volte le definivano come non umani, ma questo linguaggio non fu mai utilizzato ufficialmente.

    Domanda: I russi non avrebbero combattuto con i tedeschi se non fossero stati trattati così malamente?

    Risposta: I russi, o meglio gli ucraini e le genti del Caucaso, si presentarono come volontari per combattere, ma non fummo mai in grado di avvalercene perché non avevamo abbastanza armi. In guerra c’erano tante cose che avremmo voluto fare ma che semplicemente non abbiamo potuto. Anche gli arabi volevano armi da noi per combattere per la loro liberazione. Anche il leader spagnolo Franco voleva armi come condizione per entrare in guerra, ma purtroppo non ne avevamo a sufficienza per noi stessi.

    Il programma di riarmo tedesco andò a regime solo dopo che la guerra con i sovietici era in corso. Iniziammo con 3.260 carri armati. Era tutto quello che avevamo, mentre i sovietici ne avevano 10.000. All’epoca la nostra produzione mensile era di 35 carri. Se lo immagina? Non fu prima dell’Ottobre 1944 che raggiungemmo la massima produzione di 1.000 carri al mese. Quindi, la nostra produzione di carri passò da 35 al mese nel 1941 a 1.000 al mese verso la fine del 1944. C’è una bella differenza e questo prova che non eravamo militarmente pronti per una guerra mondiale.

    Domanda: Dove era in servizio quando le forze sovietiche raggiunsero la Germania?

    Risposta: ero il comandante della guardia al Wolfsschanze, il quartier generale di Hitler nella Prussia Orientale. Ero lì con una parte della mia unità. Stavamo per organizzarci ma Non eravamo ancora pronti. Partecipai al contrattacco vicino a Goldap nel quale dovevamo ricacciare indietro i russi. L’azione durò tuttavia solo otto giorni.

    Domanda: Può dirci qualcosa circa le atrocità sovietiche contro i civili tedeschi?

    Risposta: Io stesso vidi casi di donne che erano state uccise, le loro gambe allargate ed un bastone infilato in mezzo, i loro seni tagliati di netto. Vidi queste cose io stesso in Pomerania. Ne parlai alla radio e il Dr. Goebbels mi chiese di descrivere nei dettagli e mi mandò appositamente una squadra radiofonica per l’intervista. Ciò accadde nella zona di Stargard.

    Domanda: Cosa mi dice delle truppe sovietiche “asiatiche” ?

    Risposta: Fu terribile. I soldati che fecero queste cose erano asiatici, mongoli e altri.

    Domanda: Queste atrocità facevano parte di una politica consapevole ?

    Risposta: Queste cose furono commesse molto consapevolmente. Cercavano, in questo modo, di Spezzare la nostra cosìdetta mentalità di classe o elitaria.

    Domanda: Prima lei ha parlato di commissari ebrei….

    Risposta: il problema era che nell’esercito sovietico, al contrario di quanto succedeva nel nostro esercito e in tutti gli altri eserciti, i russi avevano dei commissari politici che, insieme ai comandanti militari, avevano l’autorità di dare ordini. Costoro erano quasi tutti ebrei.

    Ad esempio, a questo proposito osservai qualcosa a Tarnapol e a Zolochev, che si trovano ad est di Leopoli (Ucraina), durante il corso di una rapida offensiva militare di successo.

    Avevamo preso Zolochev ed un paio di carri armati era no rimasti indietro. Le truppe fecero una sosta ai margini della città perché non sapevamo ancora se ci sarebbe stato un contrattacco nemico o se avessimo dovuto continuare noi l’attacco. Volli richiamare i miei carri.

    Comunque, in quella piccola cittadina vidi dei bambini che erano stati gettati dalle finestre e vidi donne stese a terra che erano state picchiate a morte con dei bastoni. Erano tutti ebrei.

    Chiamai una donna del posto per avere spiegazioni, venne sul mio automezzo e mi disse: “ vi mostro perché abbiamo fatto questo “.

    Ci dirigemmo verso la prigione del posto. C’era un area per i prigionieri circondata da un muro all’interno del quale essi potevano passeggiare. Su quest’area vi era un ammasso di corpi dai quali usciva ancora il sangue.

    Appena due ore prima, mentre i russi lasciavano la città, avevano usato le mitragliatrici per falciare i nazionalisti ucraini del posto che erano prigionieri. Anche in questo caso furono commissari ebrei ad impartire l’ordine. Questo è il motivo per cui gli ucraini del posto provocarono dei pogroms contro gli ebrei. Non appena un ucraino vedeva un ebreo lo uccideva immediatamente. Siamo stati però incolpati noi di queste uccisioni sebbene noi all’epoca non avevamo alcuna influenza da quelle parti. Solo in seguito riuscimmo a ristabilire l’ordine.

    Domanda: Ciò fu fatto apposta per screditare i tedeschi?

    Risposta: No. Questi pogrom santi-ebraici erano l’espressione della rabbia popolare. Odiavano gli ebrei.

    Anche in Polonia ci furono spesso dei pogrom. Come lei senz’altro saprà, in Polonia ci furono pogrom contro gli ebrei anche dopo la fine della guerra.

    La cosa non è trascurabile. La rabbia della gente nell’Est Europa contro gli ebrei, che si definivano sempre brave persone e bravi commercianti, è indescrivibile. Noi tedeschi non odiavamo gli ebrei, i normali ebrei, in questo modo. Gli ebrei vivendo in mezzo a noi senza problemi. Proclamammo le Leggi Razziali di Norimberga perché non volevamo miscugli razziali. In Israele, addirittura, queste leggi sono ancora più severe. All’epoca i Sionisti videro di buon occhio le leggi razziali tedesche perché corrispondevano alle loro vedute. I Sionisti erano contro il miscuglio razziale e volevano che tutti gli ebrei emigrassero in Israele.

    Domanda: Com’era Hitler sul profilo sociale ?

    Risposta: Era un perfetto padrone di casa. Quando ero al suo quartier generale di Wolfsschanze,notavo spesso che si preoccupava nei minimi dettagli dell’ospitalità da concedere all’eventuale ospite del momento. E prima di andare ad accogliere l’ospite alla stazione ferroviaria, si accertava che tutto fosse pronto presso il quartier generale.

    Osservava se il tappeto fosse o meno intonato con l’argenteria della casa o con qualcos’altro, facendo diventare tutti matti affinché tutto fosse preparato con gusto in attesa dell’ospite. Hermann Geisler, l’architetto di Hitler, scrisse un libro sul Fuehrer dal titolo Ein Anderer Hitler (un altro Hitler), nota biografica.


    E’ un libro fantastico che dovrebbe leggere. L’autore era veramente un grande e poteva fare delle buone imitazioni, in particolare quella di Robert Ley (capo del Servizio del Lavoro del Reich) e Hitler lo sapeva. Hitler un giorno gli chiese di fargli l’imitazione di Ley. Al che Geisler rispose: “ Mio Fuehrer, non posso farlo, altrimenti mi metterà in un campo di concentramento!”, Hitler, scherzando, gli rispose: “ Non vi preoccupate, la tirerò fuori io “

    Questo è quello che Hitler era. Così Geisler iniziò ad imitare Ley e Hitler rise così tanto che gli scendevano le lacrime dagli occhi.

    Domanda: Che cosa sa della vita affettiva di Hitler ?

    Risposta: Hitler non aveva tempo per queste cose. Diceva sempre di non avere tempo per una moglie. Eva Braun impersonò benissimo la sua parte. Nessuno sapeva della loro relazione che fu tenuta privata. Lei si comportava sempre bene quando c’erano ospiti in giro.

    Non penso che fosse un grande amatore. Proprio non lo penso. Lui aveva una cugina,Geli Raubal, nel periodo di lotta politica prima di diventare cancelliere. Hitler non riuscì a prestarle molte attenzioni, mentre lei lo amava molto e alla fine si suicidò. Credo fosse stata l’unica donna che egli amò veramente



    Domanda: Hitler non fu mai padre?

    Risposta: No, egli non voleva dei bambini. Hitler si riteneva una rappresentante della nazione e rifiutava ogni cosa nella sua vita personale che non fosse pertinente a quell’immagine. Egli si considerava a tutti gli effetti uno statista e di conseguenza faceva in modo che la sua immagine fosse completamente coerente a ciò che il popolo si aspettava da lui.



    Domanda: E la gente non voleva che il suo Fuehrer avesse dei figli ?

    Risposta: Si, ma per fare questo egli avrebbe dovuto sposarsi e diventare un marito. Ma diceva sempre che non aveva tempo per queste cose.

    Ero con Hitler quando si trasferì nel suo nuovo quartier generale, protetto da muri di cemento armato con sette metri di spessore. Entrò nella sua stanza da letto dove c’era una normale branda militare con l’unica differenza che sul letto vi erano due materassi.

    E quando li vide, chiese: “ e da quando un soldato dorme su due materassi? “, un attendente del posto guardava imbarazzato e allora Hitler disse: “ ne può togliere uno “.

    Hitler era fatto così. Non chiedeva particolari privilegi per se stesso.

    Pagò di tasca sua la costruzione dell’intero perimetro di difesa attorno al suo quartier generale. Non ricevette mai un centesimo di stipendio dal governo e fino alla fine della guerra pagò tutto di tasca sua, non solo il perimetro di difesa stesso ma anche i sei kilometri di pavimentazione stradale, che furono molto costosi.

    Hitler era un uomo ricco, particolarmente per i diritti che riceveva dalle vendite del suo libro Mein Kampf (La Mia Battaglia),che arrivarono a oltre cento milioni di copie. Ma non prese mai un centesimo dal governo.



    Domanda: Generale Remer, lei ha parlato della collaborazione russo-tedesca. Cosa può dirci in merito ?

    Risposta: Noi tedeschi dobbiamo lasciare la NATO. Dobbiamo essere militarmente indipendenti.

    Dobbiamo creare una zona libera da armi nucleari. Dobbiamo arrivare ad un intesa con i russi e cioè dobbiamo ottenere dai russi dei confini accettabili. Loro sono i soli che possono farlo. Gli americani non hanno alcuna influenza a questo riguardo.

    In cambio garantiremo l’acquisto di materie prime russe, collaborando coi russi in centinaia di progetti e questo eliminerà la nostra disoccupazione. Tutto ciò non ha niente a che fare con l’ideologia. I russi sono economicamente così arretrati che concorderanno prontamente e felicemente con questo progetto



    Domanda: Come reagirebbe la Francia ?

    Risposta: la Francia dovrà lavorare assieme a noi. Essa è economicamente molto più debole di noi e non le resta che commerciare con noi in occidente. Gli americani sono i nostri mortali concorrenti.



    Domanda: un’alleanza russo-tedesca non potrebbe portare ad una guerra ?

    Risposta: No, al contrario. Essa eviterebbe la guerra. I russi non hanno bisogno di una guerra.E’ per questo che Gorbaciov ha fatto le sue proposte. E’ l’America che vuole la guerra.



    Domanda: L’America non cercherebbe di provocare ostilità ?

    Risposta: Se arriviamo veramente ad un intesa con la Russia, allora per l’America è finita. Lasci che le dica francamente: il governo di Adenauer (il primo cancelliere tedesco-occidentale del dopoguerra)trattenne tutto l’intero staff di Goebbels del tempo di guerra e gli diede incarichi di governo a Bonn. Il risultato fu che la visione anti-comunista del Dr. Goebbels, più che corretta durante il conflitto, è stata portata avanti fino ai giorni nostri. Erano tutte persone di Goebbels. Chi crede ancora nel comunismo oggi giorno? Noi siamo contro il comunismo.



    Domanda: Qual è stato il ruolo interpretato dagli ebrei in Unione Sovietica?

    Risposta: Le posso dire che la dirigenza sovietica al tempo di Lenin era pagata dagli ebrei i quali spesero 220 milioni di dollari. All’epoca anche il Generale tedesco Ludendorff diede a Lenin del denaro per mettere fine alla guerra e ciò era comprensibile.

    Fra i leaders sovietici del tempo, il 97% erano ebrei. Poi andò al potere Stalin con dei politici che perseguivano una politica non ideologica negli interessi della Russia, inclusa la “Grande Guerra Patriotica “ (cioè la Seconda Guerra Mondiale), che egli vinse.

    Stalin non solo fece uccidere milioni di persone alla periferia del potere, come ad esempio i contadini, ma fece sistematicamente eliminare anche 1,6 milioni di seguaci di Lenin,incluso Trotsky. Il risultato è che oggi la Russia è considerata come l’unico paese ad essere anti-ebraico o libero da influenze sioniste. Noi tedeschi dovremmo essere felici della rivalità fra Washington e Mosca. Dobbiamo approfittare di queste differenze.



    Domanda: che tipo di influenza ebraica vi era in Unione Sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale ?

    Risposta: Dopo la guerra, molti ebrei furono deportati nell’area degli Urali, mentre gli ebrei polacchi emigrarono. I russi avevano bisogno di soldati e diversi ebrei furono impiegati come partigiani. I russi si accorgevano che la gente non li voleva e così li deportarono. Durante la guerra stimammo che in Unione Sovietica dovevano esserci 1,8 o forse 2 milioni di ebrei, ma non ne sono sicuro. Comunque non dovevano essercene così tanti.



    Domanda: e l’influenza ebraica nell’Unione Sovietica di oggi ?

    Risposta: Ce ne sono rimasti senz’altro ma la loro influenza si è drasticamente ridimensionata. Nel Soviet Supremo oggi gli ebrei non rappresentano nemmeno il 4% contro il 97% al tempo di Lenin. Può vedere da sola come le cose siano cambiate.



    Domanda: Ci sono ebrei nella vita professionale sovietica ?

    Risposta: Si, ma non contano. Non hanno influenza politica.



    Domanda: lei ha parlato con dei russi ?

    Risposta: Si ho parlato con l’Ambasciatore Sovietico Valentyn Falin. L’ho incontrato quando visitai Bonn assieme al suo segretario. Mi diedero il benvenuto e parlammo liberamente come stiamo facendo io e lei.. E’ normale nella vita politica parlarsi liberamente fra avversari.



    Domanda: lei pensa che i russi coopereranno veramente ?

    Risposta: per il momento non contiamo. Non siamo una forza politica. Potremo agire come fattore politico quando saremo una potenza politica.

    Ho scritto un opuscolo che ho inviato a Mosca e che ho discusso con l’ambasciata Sovietica. Essa fu d’accordo con tutto e dissero che se tutti i tedeschi la pensassero come me, le relazioni politiche sarebbero molto più facili. Tuttavia ci dissero che dovevamo trattare con Bonn e siccome Bonn è nella NATO, Bonn era il nostro avversario. Questa è la situazione.



    Domanda: Perché la pubblicazione della sua organizzazione è chiamata The Bismarck German (Il Tedesco Bismarck) ?

    Risposta: perché Bismarck perseguì una politica orientata verso Est e la conseguenza del suo “ Trattato di Riassicurazione “ (1887) con la Russia furono 44 anni di pace.



    Circa l’autore:

    Otto Ernst Remer (1912-1997) fu un soldato tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel Luglio del 1944 egli giocò un ruolo fondamentale nel mandare a monte la cospirazione per assassinare Hitler e prendere il controllo del governo tedesco. Dopo la guerra Remer divenne uno scrittore e pubblicista di rilievo e per un certo periodo di tempo si dedicò alla vita politica tedesca.

    Egli intervenne all’ottava (1987) Conferenza dell’Istituto di Revisionismo Storico (USA) dove parlò del suo ruolo a Berlino il 20 Luglio 1944.

    Fonte : The Journal of Historical Review, Primavera 1990 (Vol. 10, N° 1), pag. 108-117

    2 INTERVISTA COL GEN. OTTO ERNST REMER : OLODOGMA____"Biblioteca" revisionista su OloCa$h e truffa $terminazioni$ta
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    Predefinito Re: Otto-Ernst Remer ed il Partito socialista del Reich Tedesco

    Otto Ernst Remer – l’ufficiale tedesco che ebbe un ruolo chiave nello sventare il complotto del luglio 1944 contro il Fuhrer, e nel dopoguerra fu un importante giornalista revisionista - è morto il 4 ottobre 1997, all’età di 85 anni. Dal 1994 viveva in esilio in Spagna nella località balneare di Marbella. Malato da alcuni mesi, è morto per cause naturali. Ha lasciato la moglie, Anneliese. Dopo il decesso è stato reso noto che i suoi resti sarebbero stati cremati, e le ceneri sepolte in seguito in Germania. Nato il 18 agosto del 1912, Remer entrò volontario nell’esercito tedesco nel 1930. Durante la II Guerra mondiale, prestò servizio come ufficiale di prima linea in Francia, nei Balcani e sul fronte dell’Est. [1] Dopo le promozioni a Maggiore e quindi a Colonnello, nel 1944 fu scelto per comandare il reggimento "Grossdeutschland", [2] reparto a protezione della città di Berlino. In questa posizione, l’ufficiale trentunenne giocò un ruolo importantissimo nella sconfitta del tentativo di uccidere Hitler e prendere il controllo del governo, messo in atto da un piccolo gruppo di ufficiali ribelli. Nel pomeriggio del 20 luglio 1944, il Generale Paul von Hase, [3] il comandante militare della piazza di Berlino e uno dei capi della cospirazione, annunciò a Remer che Hitler era morto, che si stavano verificando disordini, e che l’esercito stava assumendo il controllo totale del paese. Hase ordinò a Remer di bloccare immediatamente i palazzi governativi nel centro di Berlino. Remer, esitando ad eseguire un ordine così eccezionale, decise di contattare Joseph Goebbels per chiedere conferma della sua validità. Il Ministro della propaganda e Gauleiter di Berlino, dopo aver informato un Remer incerto e scettico che il Fuhrer non era morto, riuscì a farlo parlare direttamente per telefono con Hitler, dal suo quartier generale nella Prussia orientale. (Nonostante che la bomba piazzata dal capo della cospirazione, Colonnello Claus Schenk von Stauffenberg, durante una riunione, avesse ucciso quattro ufficiali, il Fuhrer aveva riportato solo ferite di lieve entità). “Maggiore Remer, mi sentite, riconoscete la mia voce?”, iniziò Hitler. Dopo avergli spiegato che vi era stato un attentato contro di lui ma che era fallito, conferì a Remer la totale autorità per sopprimere la cospirazione. Remer, coi suoi uomini, si mosse rapidamente per sventare la rivolta, che, in effetti, era stata pianificata ed organizzata in modo mediocre. Cinque mesi dopo, Remer comandava l’unità d’elite "Panzer Führer-Begleitbrigade" durante la sfortunata offensiva nota come “Battaglia delle Ardenne”. [4] Il Führer lo promosse Maggior Generale [Generalmajor] il 30 gennaio del 1945 e lo mise al comando delle decine di migliaia di uomini della leggendaria "Panzer Führer-Begleitdivision". [5]Durante i mesi finali della guerra, Remer ed i suoi uomini respinsero forze sovietiche enormemente superiori per numero, salvando in tal modo centinaia di migliaia di profughi che fuggivano di fronte all’avanzare delle truppe dell’Armata Rossa. Remer dimostrò valore e coraggio esemplari in combattimento, e venne ferito numerose volte in battaglia. Ricevette alcune delle onorificenze militari più importanti, fra queste la Ritterkreuz des Eisernen Kreuzes, la Deutsches Kreuz in Gold, la Ritterkreuz des Eisernen Kreuzes mit Eichenlaub, la Verwundeten Abzeichen in Gold, e la Nahkampfspange des Heeres in Silber. Alla fine della guerra fu fatto prigioniero dagli americani e tale rimase fino al 1947. In questo periodo, l’ufficiale comandante di un campo di prigionia alleato, Stanley, della Prima Divisione di Fanteria, disse di lui: “Degli 87 generali tedeschi che sono qui dentro, il Generale Remer è l’unico che rispetto per coraggio e senso dell’onore”. Nel dopoguerra ebbe un ruolo di rilevo nella costituzione del Sozialistische Reichspartei, che dopo aver ottenuto 16 seggi in un parlamento statale, fu proibito nel 1952. [6] In seguito Remer visse in esilio per vari anni in Egitto ed in Siria. Scrisse anche due libri, di cui il più noto è Verschwörung und Verrat um Hitler (Cospirazione e tradimento intorno a Hitler). Nel 1987 partecipò all’ottava conferenza dell’ Institute for Historical Review, parlando sul ruolo da lui avuto nelle vicende del 20 luglio 1944 a Berlino. Nell’ottobre del 1992 il tribunale tedesco di Schweinfurt lo condannò a 22 mesi di carcere per “istigazione all’odio razziale” a causa di alcuni articoli, definiti antisemiti e “negazionisti”, apparsi sui cinque numeri del suo bollettino, Remer Depesche. [7] I giudici rifiutarono categoricamente di considerare anche un sola delle moltissime prove prodotte dai legali di Remer. Per evitare il carcere, nel febbraio del 1994 Remer scelse l’esilio in Spagna. Le autorità tedesche ne richiesero l’estradizione, ma i tribunali spagnoli la rifiutarono, in quanto quello di Remer era un “reato d’opinione” non illegale in Spagna. Tuttavia, fino alle ultime settimane della sua vita, le autorità tedesche persistettero nei propri sforzi per far estradare l’ottuagenario, ormai morente, perché scontasse la pena in Germania. Molti degli articoli apparsi negli anni su di lui contenevano menzogne facilmente smentibili. Tanto per fare un esempio Remer è stato a più riprese indicato come una ex-SS oppure un’ex ufficiale della SS. Ebbene, Remer non era neppure membro della NSDAP. I giornali hanno scritto che Remer “negò l’uccisione di ebrei” o “dichiarò che nessun ebreo era stato ucciso durante il regime Nazionalsocialista”. Veramente, Remer fece notare che: “Io non ho mai negato che degli ebrei siano stati uccisi durante il III Reich, ma ho contestato la cifre di quelli che morirono ad Auschwitz ed il metodo con cui si dice siano stati uccisi” (cioè nelle camere a gas). Sfidando i sostenitori della teoria delle camere a gas, Remer citò vari studi di medici legali sulle presunte camere a gas di Auschwitz, in particolare le indagini svolte dal chimico tedesco Germar Rudolf e quelle dello specialista americano delle camere a gas, Fred Leuchter. Il caso Remer mette in evidenza gli strani e spesso perversi modelli che predominano nella Germania odierna. Sebbene il suo “crimine” fosse l’espressione non-violenta di una opinione, per contestare il preteso sterminio di massa effettuato nei campi di concentramento durante la guerra, ciò viene considerato, in Germania, come un attacco criminale contro gli ebrei, che lì godono di uno status privilegiato. Più di mezzo secolo dopo la fine del III Reich e della II Guerra mondiale, i tedeschi sono incessantemente esortati a “non dimenticare mai” le misure anti-ebraiche del periodo di Hitler, per espiare quello che viene definito il crimine più terribile della storia, ed a considerarsi come una Nazione di criminali e di deviati mentali. Come ulteriore espressione di “masochismo nazionale”, i cospiratori del luglio 1944 sono onorati ufficialmente, mentre eroi eccezionali del tempo di guerra e patrioti altruisti come Remer vengono disonorati. In Germania, in particolare, la lotta per la verità storica non è una mera questione accademica, bensì un problema di sopravvivenza nazionale. Se la Germania dovesse trovarsi in una nuova Guerra, sarebbe stupidità suicida citare ad esempio per i propri soldati ed ufficiali quegli individui che, nel momento dell’emergenza nazionale, tentarono di assassinare il leader della Nazione e di rovesciare il governo con un putsch micidiale. Ogni Nazione con un salutare istinto di sopravvivenza onora, in particolar modo in tempo di guerra, individui esemplari per eroismo, patriottismo e spirito di sacrificio, uomini del calibro di Otto Ernst Remer.


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    Predefinito Re: Otto-Ernst Remer ed il Partito socialista del Reich Tedesco

    20 luglio 1944. Le vittime dimenticate del Colonnello Claus Graf Schenk von Stauffenberg (Prima Parte)



    Nel corso della Storia sono innumerevoli gli episodi di tradimenti, assassini, disprezzo e distruzione di vite innocenti. Tali eventi sono spesso legati a delirio di potenza, a vigliaccheria o fanatismo religioso. Possono a volte essere accompagnati da clamorosa incompetenza. È tuttavia accaduto assai di rado che queste caratteristiche e pseudo motivazioni si siano riscontrate, tutte insieme, come avvenne nel caso dell’attentato e della congiura ordita da Stauffenberg e dai suoi complici contro Adolf Hitler il 20 luglio 1944.

    In quella data un individuo malato di ambizione sfrenata, dominato da fanatismo pseudo religioso e da un pesante complesso di inferiorità, un ufficiale tedesco traditore, tentò di uccidere il suo Comandante in Capo in uno dei più critici momenti della guerra, quello seguito allo sbarco in Normandia, mentre gli Americani già occupavano Livorno e i Russi Minsk.

    La Storia ci ricorda che la Guardia Imperiale non tentò di uccidere il suo Imperatore durante la battaglia di Waterloo, che i Piemontesi non tentarono di uccidere Carlo Alberto dopo Novara, né i Giapponesi tentarono di uccidere il loro Imperatore dopo l’apocalisse nucleare.

    Stauffenberg invece tentò di uccidere il suo Führer, ammazzando al suo posto tre suoi colleghi ufficiali, un funzionario civile e ferendo gravemente altre undici persone. Nella sua cieca ambizione riuscì a convincere gli altri congiurati a dover essere il solo a portare a termine l’attentato nonostante le sue menomazioni fisiche e alla condizione di salvare la propria vita. Da quest’ultimo punto di vista avrebbe avuto molto da imparare dai kamikaze giapponesi, dai combattenti che oggi si immolano per i propri ideali in diverse parti del mondo. Le motivazioni di costoro si possono respingere oppure condividere, però è certo che chi sacrifica la propria vita per i suoi ideali dimostra un coraggio fisico e morale che mancò del tutto a Stauffenberg. Il tipo di attentato da lui escogitato presentava evidenti dubbi di successo ai fini di eliminare la vittima designata, ma era del tutto idoneo a comportare la morte e il ferimento di personaggi estranei alle sue intenzioni.

    Il tragico bilancio dell’attentato fu di quattro morti fra ufficiali e funzionari civili di cui tre perirono entro le prime ventiquattro ore, mentre uno di essi agonizzò fino al mese di ottobre di quell’anno. Il Führer fu soltanto leggermente ferito. Lo scopo di questo scritto è di portare a conoscenza dei nostri lettori i nomi e le succinte biografie delle quattro vittime dell’attentato, tenute vergognosamente nascoste in tutte le cerimonie e pubblicazioni ufficiali. La dinamica dell’attentato è stata a fondo ricostruita e portata a conoscenza del pubblico attraverso i libri di storia e a mezzo di due film di grande diffusione. Non viene qui ripetuta se non per alcuni necessari riferimenti. I nomi degli ufficiali traditori, fatti subito fucilare a loro volta dal traditore Fromm, sono incisi nel granito sulla stele dedicata a Stauffenberg. Ogni anno il 20 luglio vengono inscenate macabre commemorazioni pseudo militari di quell’evento. I nomi dei morti ammazzati da Stauffenberg non compaiono invece da nessuna parte, e sono sconosciuti ai più.

    Prima di volgerci alle vittime dell’attentato tratteggeremo le personalità e i ruoli di alcuni protagonisti degli eventi, ossia del Generale Friedrich Fromm, del Colonnello Claus von Stauffenberg e del Maggiore Otto Ernst Remer.

    Il Colonnello Generale Friedrich Fromm

    Il Generale Fromm dipendeva direttamente dal Feldmaresciallo Keitel ed era il Comandante in Capo delle Forze di Riserva della Wehrmacht. Il Colonnello Claus Schenk von Stauffenberg, con una benda sull’occhio, monco del braccio destro e privo di due dita della mano sinistra a causa delle ferite riportate il 7 Aprile 1943 in Nord Africa, dal 1° luglio 1944 era capo del Personale (Chefdes Stabes) del Generale Fromm.

    Il Generale Fromm occupa una posizione unica nella galassia dei traditori, quella cioè di «traditore dei traditori», come vedremo. La versione «politicamente corretta» sui congiurati del 20 luglio stabilisce che essi furono tutti vittime della ferocia dei nazisti assetati di sangue. La vittima più illustre, icona della «resistenza» al Nazionalsocialismo, il «purissimo, immacolato eroe» Claus von Stauffenberg fu invece fatto fucilare la sera stessa dell’attentato dal suo diretto superiore, il Generale Fromm, «nazista» e complice della congiura!

    Il Generale Fromm aveva in passato deciso di assumere una posizione «attendista», decidendo di uscire allo scoperto solo e soltanto quando fosse stato sicuro che il Fuhrer era morto.

    Uno dei suoi sottoposti, il Generale Friedrich Olbricht, anch’esso appartenente ai congiurati, si recò da Fromm intorno alle 14.00 del 20 luglio e gli disse di essere stato telefonicamente informato che era stato compiuto un attentato, che il Fuhrer era morto e che pertanto il Generale Fromm doveva dare l’ordine di esecuzione dell’operazione Walkiire (Valchiria), della quale gli era stato affidato il comando dai congiurati.

    L’operazione Valchiria consisteva in una complessa serie di azioni volte ad assicurare ai congiurati il potere civile e militare e permettere loro di aprire i negoziati con gli Anglo-americani per una guerra congiunta contro la Russia (l’ingenuità di una tale azione non ha bisogno di commenti). L’operazione Valchiria non fu inventata dai congiurati: si trattava di un piano di mobilitazione dei riservisti già preparato nel 1941 durante la campagna di Russia, e approvato da Hitler. I congiurati fecero ricorso ai piani già pronti, con minori modifiche, e ne mantennero il nome.

    La mobilitazione delle truppe di riserva era già avvenuta due volte per errore, a seguito di falliti attentati contro il Fuhrer, e questi movimenti dovettero essere spiegati precipitosamente come «esercitazioni».

    Olbricht disse a Fromm che il piano doveva scattare subito, ancora prima dell’arrivo di Stauffenberg, in volo verso Berlino, perché era ormai certo che Hitler fosse morto. Questa volta, inoltre, non si poteva più mascherare l’operazione come «esercitazione». Fromm, sospettoso e prudente, non si fida. D’altronde i suoi stessi colleghi congiurati lo definivano «banderuola al vento», «inaffidabile», «opportunista», ecc. Decide di telefonare al Feldmaresciallo Keitel a Rastenburg, nel Quartier Generale di Hitler. Fa l’ingenuo, fa finta di cascare dalle nuvole, avendo «raccolto le confuse, assurde informazioni, che circolano qui a Berlino. Ma c’è stato davvero un attentato? E come sta il Fuhrer?».

    Keitel gli conferma che c’è stato un attentato ma che «grazie a Dio» (Gott sei Dank!) il Fuhrer è stato solo leggermente ferito. È probabile che Fromm abbia detto anche lui «Ah bene! Gott sei Dank!». Stava per riattaccare, ma Keitel gli chiede dove si trovasse ora Stauffenberg, che aveva partecipato alla riunione con Hitler ma che si era reso irreperibile. Fromm balbetta: «Non lo so, so che è in volo per Berlino, ma non è ancora arrivato». Dicendo poi che c’erano disturbi alla linea telefonica, riattacca. La conversazione poteva diventare pericolosa. Convoca subito Olbricht e gli dice, furibondo, che non se ne parla neppure di dare il via all’operazione Valchiria in queste circostanze!

    Nel frattempo Stauffenberg atterra a Berlino verso le 16.30, convinto che l’operazione Valchiria sia già in pieno sviluppo. Intuisce però che qualcosa doveva essere andato storto, perché non c’era ad attenderlo neppure la sua automobile di servizio.

    Nel tardo pomeriggio le notizie contradditorie si moltiplicano. Stauffenberg, giunto finalmente nell’ufficio di Fromm, si accanisce a convincerlo che Hitler è morto. Fromm urla a Stauffenberg della sua telefonata con Keitel. Stauffenberg diviene furibondo e sostiene che Keitel, al solito, mente, e che lui stesso – mentendo – ha visto il corpo esanime del Fuhrer. In quella stanza, oltre a Stauffenberg e a Fromm, si trovavano altri quattro ufficiali, tutti naturalmente membri della congiura:

    Il Generale Ludwig Beck (designato come futuro Capo dello Stato)

    Il Capitano Werner von Haeften

    Il Colonnello Albrecht Ritter Merz von Quirnheim

    Il Generale Friedrich Olbricht.

    Ad un cenno del Generale Fromm interviene un reparto della Wehrmacht con l’ordine di arrestare tutti gli ufficiali presenti. Alcuni di essi mettono mano alle armi, ne nasce una sparatoria nel corso della quale Stauffenberg viene ferito ad un braccio. Ben presto tutti gli ufficiali vengono neutralizzati. È noto che Beck chiese una pistola per suicidarsi e che si sparò due volte, senza riuscire ad uccidersi. Fromm gli fece dare il colpo di grazia. Fromm ordina l’immediata fucilazione dei quattro ufficiali «per alto tradimento», che avviene subito nel cortile dell’edificio dove era situato l’ufficio di Fromm, chiamato Bendlerblock.

    Fu Hitler a intuire subito che doveva essersi trattato di Stauffenberg, a differenza di Jodl che riteneva fossero stati gli operai dell’Organizzazione Todt, che lavoravano nelle vicinanze (Hitler lo bloccò subito, dicendogli che nessun operaio tedesco avrebbe mai mosso un dito contro di lui). Hitler notò che Stauffenberg era scomparso dalla riunione e, appena furono note le registrazioni dei suoi passaggi ai posti di blocco, non ebbe più dubbi e diede l’ordine di arrestarlo. Anche Fromm, però, capì subito che la Gestapo era ormai sulle tracce di Stauffenberg. Egli voleva assolutamente evitare che i congiurati che si trovavano nel suo ufficio cadessero nelle mani della polizia, si affrettò pertanto a eliminarli, paventandone la testimonianza.

    La versione «ufficiale» del dopoguerra volle per anni attribuire ai biechi nazisti l’uccisione dell’ufficiale traditore. Un regolamento di conti fra congiurati non sarebbe stata una versione politicamente corretta! Mentre Stauffenberg e gli altri ufficiali furono uccisi dal «fuoco amico» la notte stessa dell’attentato, il processo e le esecuzioni degli altri congiurati si protrassero fino al marzo 1945.

    Il traditore Fromm che non solo voleva apparire come lo scopritore della congiura, ma anche come l’angelo sterminatore dei principali colpevoli, venne scoperto e processato dallo stesso tribunale che giudicò gli altri congiurati. Venne condannato a morte il 7 marzo 1945 e l’esecuzione avvenne il 12 marzo nella prigione «Brandenburg».

    Coloro che furono i più stretti collaboratori di Fromm furono da lui stesso tempestivamente eliminati. I loro nomi sono oggi incisi nel granito, come se il massimo onore per un soldato fosse il tradimento.

    Il Colonnello Claus Graf Schenk von Stauffenberg

    Il falso eroe Stauffenberg osannato dai nemici storici del Nazionalsocialismo (che di eroi difettano), nacque il 15 novembre 1907 da antica famiglia franco-sveva. Aderì al Nazionalsocialismo già dal 1926. Aveva un suo concetto sulla «Germania segreta» (das geheime Deutschland) che avrebbe dovuto essere retta da una «nuova nobiltà» ed egli si vedeva come rappresentante di questa élite. Posizioni nazionalsocialiste come la teoria sulle razze, una chiara gerarchia delle strutture del popolo e dello Stato, la guida della Nazione sotto un’unica responsabilità, l’esaltazione del concetto di «Sangue e Suolo» {Blut und Boderì) nonché altri basilari principi del Nazionalsocialismo si identificavano con i suoi ideali.

    In realtà Stauffenberg e i suoi congiurati potrebbero essere definiti come degli ottusi «deviazionisti di destra» del Nazionalsocialismo. Secondo loro il partito NSDAP era troppo vicino al popolo; non avevano capito che proprio questa era la sua forza. Per Stauffenberg la «nuova», la «nobile», la «sacra», la «segreta» Germania doveva sostituire la materialistica, plebea, ordinaria Germania che, secondo lui, il Nazionalsocialismo stava forgiando. È da rilevare che Stauffenberg apparteneva ad una famiglia fanaticamente cattolica, e che sia lui che il fratello Berthold, di tre anni maggiore, fecero parte del circolo dello scrittore-poeta Stefan George, una setta di pseudo intellettuali che pendevano dalle labbra del «Maestro». Stauffenberg gli fu presentato nel 1923 e «da allora», scrive il biografo di Stauffenberg, Thomas Karlauf, «sia Claus che suo fratello ebbero come massima aspirazione quella di stare il più a lungo possibile in compagnia del Maestro». La cosiddetta «scuola di Stefan George» era radicalmente ambigua sul tema del sesso. L’autorevole quotidiano tedesco «Frankfurter Allgemeine Zeitung» del 3 agosto 2007 riporta che «sulla base di entusiastici argomenti pedagogici, per George la pederastia rappresentava la forma più elevata dell’Essere nella Società». Predicando questi argomenti il poeta-scrittore George era sempre circondato da giovani rampolli, che ammaliava facendo loro credere di appartenere alla più esclusiva delle élites, ossia a quella dei pederasti, e i fratelli Stauffenberg, come detto, pendevano dalle sue labbra.

    Stauffenberg, nel 1943 gravemente ferito dall’esplosione di una mina, rientrò in Germania. Lo storico Gerhard Ritter riscontra in Stauffenberg una «demoniaca volontà di potenza». Il Maggiore (poi Colonnello) Remer ritiene che Stauffenberg, a causa delle ferite riportate in Nordafrica, sia stato ossessivamente dominato dal terrore che la sua carriera militare ne sarebbe stata irrimediabilmente compromessa. Si convinse che, se fosse riuscito nel suo intento di uccidere Hitler, avrebbe partecipato al nuovo governo, prendendone forse la guida, e ciò gli avrebbe assicurato un posto nella Storia. Remer aggiunge altri dettagli: Stauffenberg non fu mai un comandante di truppe e non conobbe mai la durezza e i sacrifici del fronte come li conobbero centinaia di migliaia di soldati combattenti. Questa mancanza di cameratismo contribuì alla sua totale indifferenza nel mandare a morte i suoi colleghi ufficiali, periti nell’attentato.

    Il cieco egocentrismo di Stauffenberg riuscì ad imporre ai suoi amici congiurati la propria volontà per essere l’unico delegato ad eseguire l’attentato, nonostante le pesanti menomazioni fisiche e la sua totale inesperienza neh” innescare una bomba e nel coordinare un’azione militare di quel livello. Si aggiunge a tale quadro la sua ferma intenzione di preservare la sua vita «per la causa» (così spiegò anche l’assassino di via Rasella, Rosario Bentivegna, quando gli chiesero perché non si costituì per salvare la vita di centinaia di ostaggi. Egli rispose che non lo fece perché «un marxista deve preservare la sua vita per la causa»). Il Fuhrer stesso dopo l’attentato osservò: «Se voleva uccidermi, trovandosi ad una distanza ravvicinata, perché non usò una pistola?

    Ciò sarebbe stato molto più sicuro e avrebbe preservato la vita dei suoi camerati! Ma preferì usare una bomba inadeguata al compito, ammazzare i suoi compagni e subito dileguarsi per salvare la sua miserabile vita».


    20 luglio 1944. Le vittime dimenticate del Colonnello Claus Graf Schenk von Stauffenberg (<b style="color:black;background-color:#ff66ff">prima</b> <b style="color:white;background-color:#880000">parte</b>) | <b style="color:black;background-color:#9
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    Predefinito Re: Otto-Ernst Remer ed il Partito socialista del Reich Tedesco

    20 luglio 1944. Le vittime dimenticate del Colonnello Claus Graf Schenk von Stauffenberg (seconda e ultima parte)

    Il Maggiore del Reggimento «Grossdeutschland» Otto Ernst Remer

    In mezzo a tanto fango brilla di luce propria la stella del Maggiore del Reggimento «Grossdeutschland», Otto Ernst Remer, di stanza a Berlino. Il Comandante della Piazza di Berlino era il Generale Paul von Hase, anch’egli membro della congiura e diretto superiore di Remer. Nella loro perversa quanto ingenua fantasia i congiurati volevano far credere ai propri sottoposti che una «congiura anti-nazista», che aveva già ucciso il Führer, ora si accingeva ad assumere il governo della Germania. Autori ne erano i Gauleiter, i capi delle SS, gli alti gradi del Partito, i capi della Polizia ecc., che pertanto dovevano essere arrestati. Uno dei caporioni della congiura sarebbe stato nientemeno che il Ministro degli Interni, il dottor Joseph Goebbels !

    Il Generale von Hase ordina a Remer di circondare con il suo reggimento il Ministero dove si trova Goebbels. Remer si trovava in quel momento a fare il bagno in una piscina. Scatta fuori dall’acqua, vola al suo ufficio e dà ordine (senza discutere) al suo reggimento di circondare il palazzo di Goebbels. A questo punto il Generale von Hase gli ordina di arrestare Goebbels !

    Remer, che era stato convinto da von Hase della morte di Hitler, diventa ora scettico sulle motivazioni degli avvenimenti. Pur avendo eseguito i primi ordini ricevuti da von Hase, decide stavolta di accertarsi personalmente sulla situazione. Egli risponde al suo superiore che Goebbles era anche il Gauleiter di Berlino, che era il «Protektor» di tutta la Divisione «Grossdeutschland» alla quale egli apparteneva e a cui era stato affidato il comando del reggimento di stanza a Berlino. Goebbels stesso lo aveva ricevuto per congratularsi con lui per il nuovo comando. Egli dichiara a von Hase di volersi recare da Goebbels stesso per chiedere chiarimenti sulla situazione. Furioso, von Hase glielo proibisce, ma Remer ormai ha deciso e si presenta a Goebbels che lo accoglie cordialmente. Remer gli dichiara di essere venuto per riconfermare la sua fede nei destini della Germania, anche, e soprattutto, ora che il suo Führer è caduto, al cui giuramento di fedeltà egli intende attenersi. Goebbels reagisce: «Ma di cosa parla Lei? Il Führer è vivo. Gli ho parlato ora al telefono. L’attentato è fallito, Lei è vittima di una mistificazione!». Remer rimane sconvolto. Goebbels lo capisce bene, vuole convincerlo e richiama la Wolfschanze al telefono, chiedendo di parlare di nuovo col Fuhrer. Gli spiega in poche parole lo scopo della chiamata e subito passa la cornetta all’impietrito Remer. Il Fuhrer gli dice le storiche parole, confermate ancora dopo la guerra da Remer stesso e dai testimoni della telefonata: «Hier spricht der Fuhrer! Erkennen Sie meine Stimmel» [Qui parla il Fuhrer. Riconosce la mia voce?].

    Remer riesce solo a dire «Jawohl, mein Fuhrer!» Hitler gli dice: «Lei, Maggiore Remer, riceve da me in questo momento tutto il potere sulla città di Berlino e sarà responsabile verso di me, e verso nessun altro, per riportare la tranquillità e la sicurezza nella capitale del Reich. Questo suo incarico durerà fino all’arrivo a Berlino del Reichsminister Himmler».

    Remer prende subito in mano la situazione. Identifica le unità che avevano già ricevuto gli ordini dei congiurati per marciare su Berlino. Invia loro incontro i suoi ufficiali d’ordinanza che spiegano la situazione e che, da ultimo, chiedono ai comandanti delle unità: «Siete con o siete contro il Fuhrer?». Entusiasticamente tutti rispondono di essere con il Fuhrer. In tutta la Germania si conferma la fedeltà al Fuhrer, così come a Vienna, a Parigi e dovunque i congiurati pensavano di mettere in atto i loro piani. Fin dalle ore 17.00 Keitel aveva cominciato a trasmettere per radio le notizie del fallimento dell’attentato. Ciò fu fatto in diverse lingue, fra cui il portoghese, l’arabo e il turco. La sera stessa infine il Fuhrer parlò alla radio. Dopo il provvidenziale intervento di Remer, e le notizie trasmesse da Keitel, la viva voce di Hitler rimosse ogni dubbio sul definitivo fallimento dell’attentato e della cosiddetta «operazione Valchiria».

    Motivi che condussero al fallimento dell’attentato

    Il motivo principale, la ragione di fondo che oscura tutte le motivazioni secondarie che portarono al fallimento del putsch, risiedette nell’incrollabile fedeltà dal popolo tedesco verso il suo Fuhrer. La Germania era Hitler e Hitler era la Germania. Le utopistiche, ciniche e ambiziose elucubrazioni di un pugno di congiurati, distanti anni-luce dal popolo al quale appartenevano, non avevano nessuna possibilità di venire condivise dal popolo tedesco in guerra. Tutta la Wehrmacht rifiutò categoricamente di appoggiare la congiura, come subito confermarono le varie unità. In sintesi: la storia dimostra che il tradimento non si addice al popolo tedesco.

    I motivi secondari che condussero al fallimento sia dell’attentato che della successiva «operazione Valchiria» sono stati tema di vaste ricerche storiche, di interpretazioni politiche, nonché di rappresentazioni cinematografiche.

    Esistono due categorie di queste ragioni secondarie: la prima risiede nella dilettantistica organizzazione del piano, la seconda nella totale mancanza di interesse, e quindi di supporto, da parte degli Anglo-americani per qualsiasi soluzione della guerra che prevedesse solo l’annientamento del Nazionalsocialismo e non quello della Germania.

    Alla prima categoria di ragioni appartiene la cieca superficialità di Stauffenberg nel volere essere l’unico congiurato a innescare una bomba, che avrebbe richiesto invece l’abilità manuale di un orologiaio. La sua menomazione fisica gli impedì, fra l’altro, di armare in tempo la seconda bomba, che era stata prevista per l’attentato. Preso dal panico per voler salvare la propria vita e fuggire rapidamente dal luogo dell’attentato, non si curò di accertare le condizioni del Führer, ma decise ugualmente di diffondere la notizia della sua morte. Né Stauffenberg né alcuno dei congiurati previde inoltre la vitale necessità di isolare la Wolfschanze dalle comunicazioni radio-telefoniche col resto del mondo, in particolare con Berlino. Ciò permise la telefonata di Fromm a Keitel – e soprattutto la telefonata di Hitler a Remer.

    Il pericolo che l’operazione Valchiria potesse scatenare il caos, dovuto alla temporanea impossibilità da parte dei militari di sapere a chi dovessero obbedire, data la presenza di altissimi gradi fra i congiurati, fu provvidenzialmente evitato dal geniale e coraggioso intervento del Maggiore Remer.

    Per quanto riguarda la seconda categoria di ragioni, quelle esterne alla Germania, l’ingenuità dei congiurati fece ricorso anche a dei preti, totalmente inadeguati al compito, per agire come mediatori fra la Germania e gli Alleati. Il teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer, in una conferenza ecclesiastica segreta tenutasi a Ginevra nel 1941, aveva già dichiarato di «pregare per la sconfitta della Germania in quanto soltanto in questo modo essa potrà espiare i delitti di cui si è macchiata».

    I congiurati organizzano nel maggio 1942 un incontro a Stoccolma fra Bonhoeffer e il vescovo anglicano di Chichester, Bell. Quest’ultimo venne convinto a sondare il governo inglese sull’atteggiamento che esso avrebbe tenuto verso la Germania nel caso Hitler fosse stato «rimosso». Il vescovo Bell riuscì a far giungere questo strabiliante quesito niente di meno che al Ministro degli Esteri inglese, Anthony Eden, il quale gli scrisse subito «di essere lieto di non dovere rispondere, nell’interesse nazionale, a questo genere di domande». Bell però tornò alla carica una seconda volta, e questa volta Eden non gli rispose neppure, ma scrisse a mano sulla lettera di Bell «non vedo alcuna ragione per incoraggiare questo pestifero prete» (this pestilent priest).

    «L’appoggio internazionale» alla congiura non si fermò qui. La ricerca dei colpevoli della congiura fu facilitato da Churchill, che grazie ad agenti inglesi di stanza a Ginevra rese noti i nomi di molti veri o falsi congiurati attraverso la radio britannica. Lo scopo era quello di sbarazzarsi di più generali tedeschi possibile, congiurati o meno.

    * * *

    L’esplosione dell’unica bomba uccise quattro dei presenti e ne ferì altri undici. A Stauffenberg di questi morti e feriti non importava nulla. Altrettanto ipocrita sarebbe stato l’atteggiamento delle autorità tedesche e degli storici politicamente corretti dal 1945 in poi nei confronti delle vittime dell’attentato e soprattutto nei confronti delle loro famiglie. Si trattava di ufficiali e funzionari caduti nell’esercizio delle loro funzioni. Non erano colpevoli di alcun delitto. Negli ultimi settanta anni l’atteggiamento ufficiale fu il seguente: «Poiché a Rastenburg il 20 luglio 1944 Hitler non è morto, gli altri morti non contano!»

    (non aggiungono per pudore: «anzi gli sta bene. Così imparano a stare vicino al Führer!»).

    Rendiamo onore allo storico Werner Landhoff e all’editore Arndt per avere scritto e pubblicato il libro «Die Opfer des 20. Juli 1944 – Kollateralschaden einer hoheren Moral?» (Le vittime del 20 luglio 1944 – Danni collaterali in nome di una morale superiore?)

    I nomi delle vittime del 20 luglio 1944, in particolare delle quattro persone che persero la vita, devono essere conosciuti e non essere coperti dal silenzio di Stato:

    Lo stenografo Heinrich Berger, morto il 20/07/1944

    Il Colonnello Heinz Brandt, morto il 21/07/1944

    Il Generale della Luftwaffe Gunther Korten, morto il 22/07/1944

    Il Generale della Wehrmacht Rudolf Schmundt, morto il 01/10/1944

    Li vogliamo ricordare con dei brevi profili.

    Il Dottor Heinrich Berger

    Non era neppure iscritto al Partito e non ricopriva alcuna carica politica o militare. Nato il 29 Gennaio 1905 a Stròbitz presso Cottbus, si laureò in giurisprudenza e sviluppò eccezionali capacità nell’arte (è il caso di chiamarla così!) della stenografia dei sistemi «Stolze/Schrey» e «Gabelsberger». Partecipò nel 1928 ad una convenzione di stenografia, e scrisse 440 sillabe per minuto. Negli anni Venti e nei primi anni Trenta vinse tutti i concorsi di stenografia a cui partecipò e fu ritenuto il migliore stenografo del Reich. I suoi interessi oltre alla professione e alla stenografia erano l’opera e la vita di Balzac, e la musica classica. La moglie si chiamava Hertha ed ebbero tre figli: Brigitta, Dorothea e Wolfgang. Heinrich Berger e tutto il corpo degli stenografi erano tenuti nella massima considerazione da Hitler. Essi erano vincolati al giuramento di segretezza su quanto ascoltavano e scrivevano. Gli aspetti amministrativi e disciplinari erano regolati da Martin Bormann, ma gli ordini su cosa scrivere venivano loro dati personalmente dal Führer. Egli attribuiva la massima importanza non solo alla capacità professionale degli stenografi, ma anche alla loro lealtà «perché», così scrisse «io assumo la piena responsabilità verso la Storia e verso i posteri per ciò che ho ordinato, e pertanto tutto deve essere lealmente e correttamente stenografato».

    Il 20 luglio 1944 Berger si trovava al lato opposto dal tavolo dove Hitler stava al centro. Fra i due uomini vi era uno dei supporti del tavolo in pesante legno di quercia, all’interno del quale era stata poggiata la borsa con la bomba di Stauffenberg. Il Maggiore Brandt spostò la borsa all’esterno del supporto, che venne così a trovarsi proprio sotto la parte del tavolo dove lavorava Berger. Quando alle 12,42 la bomba esplose essa staccò di netto le gambe a Berger, che morì alle 17,00 dello stesso giorno.

    La sua morte lasciò la moglie e i tre figli nella povertà, alleviata all’inizio da un assegno mensile che il Reich passò alla vedova fino alla fine della guerra. Ströbitz si trovò poi nella DDR, e la miseria più nera colpì la famiglia in quegli anni. Il figlio Wolfgang trovò però ancora più vile l’atteggiamento della Repubblica Federale dopo la riunificazione, che non riconobbe mai né alla madre né ai figli di Berger alcun emolumento, a differenza dei cospicui assegni passati alle famiglie dei congiurati. Il libro di Landhoff pubblica una lettera del Ministero delle Finanze del 30 settembre 1994 al figlio Wolfgang, in cui si spiega che suo padre, sì morì il 20 luglio 1944 nel corso delle sue funzioni professionali al servizio dello Stato, ma non è stato ucciso dai nazionalsocialisti, per cui la famiglia di Berger non ha diritto ad alcuna pensione!

    Il 20 luglio 1994 ebbero luogo a Berlino le «celebrazioni» per il cinquantenario dell’attentato. Con gesto umanamente e politicamente coraggioso, il presidente della Repubblica Federale, Roman Herzog, invitò anche Wolfgang Berger a parteciparvi. Il figlio di Stauffenberg, Franz Ludwig, era presente. Wolfgang Berger lo avvicinò per dirgli una parola di amicizia e di umana solidarietà, fra uomini che entrambi avevano perso i loro padri in quegli eventi. Quando il figlio di Stauffenberg capì chi era Wolfgang Berger, reagì come se un serpente a sonagli avesse voluto morderlo e urlò di non voler avere nulla a che fare con «certa gente», con «complici del Nazismo», ecc. Dimostrò così di avere ereditato la stessa nobiltà d’animo del padre.

    Il Maggiore Generale Heinz Brandt

    Heinz Brandt nacque nel 1907 a Berlino, figlio dell’Ufficiale di Cavalleria Georg Brandt. Il 1° aprile nel 1925 fu ammesso al 12° Reggimento di Cavalleria della Wehrmacht e nel corso degli anni si dimostrò un eccellente Ufficiale e Cavallerizzo. Il 1° ottobre 1930 fu nominato comandante della Scuola di Cavalleria ed il 1° dicembre 1932 fu promosso Capitano.

    Alle Olimpiadi del 1936, alla presenza del Führer e di 120 000 spettatori, il Capitano Brandt fece parte della squadra tedesca che conquistò la vittoria su di un percorso irto di ogni difficoltà al punto che su 450 cavalieri di 18 nazioni, solo 13 raggiunsero il traguardo. Il cavallo del Capitano Heinz Brandt si chiamava Alchimist, mentre i suoi compagni Tenenti von Barnekow e Hasse montavano Nordland e Torà (chi scrive non si intende di ippica, però ritiene che, per alcuni lettori, ritrovare i nomi dei cavalieri e dei destrieri che vinsero la Medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Berlino del 1936 possa costituire una gradita curiosità).

    Il Capitano Brandt non era soltanto un eccezionale cavallerizzo. Egli si rivelò ben presto un efficiente e brillante ufficiale di Stato Maggiore. Il 1° settembre 1941 fu promosso Maggiore e il 1° maggio 1943 divenne Colonnello. Le sue Note Caratteristiche confermano tutte le sue brillanti qualità, definite come «superiori alla media», comprese le ultime note prima della sua morte, datate 1° Aprile 1944.

    Il 20 luglio 1944 il Colonnello Brandt ricopriva la carica di capo del Reparto Operativo dello Stato Maggiore, ed in tale veste partecipò alla riunione col Führer in quel giorno fatale.

    L’esplosione gli staccò di netto una gamba. Mentre lo trasportavano in ospedale, ormai in fin di vita, ebbe ancora l’animo di dire di avere avuto fortuna «perché quel piede gli faceva sempre male….».

    Hitler lo promosse post-mortem Maggiore Generale. Il Generale Guderian che tenne il discorso funebre disse, fra l’altro, «con dolore orgoglioso l’Esercito abbassa le insegne della sua Bandiera di Combattimento di fronte al Maggiore Generale Heinz Brandt».

    Sul Maggiore Generale Heinz Brandt la Storia ha tuttavia proiettato la sinistra ombra del tradimento. Chi scrive ha ricercato la conferma della partecipazione di Brandt alla congiura, ma non ha trovato riscontri convincenti. Nicolaus von Below, Aiutante di Hitler per la Luftwaffe, fu presente alla riunione del 20 luglio e rimase leggermente ferito dall’esplosione. Egli è l’autore di uno dei più interessanti testi sul Nazionalsocialismo per il periodo 1937-1945, grazie alla sua continua attività a contatto col Führer. Il testo si intitola «A/5 Hitlers Adjudant 1937-1945». In esso von Below liquida il caso Brandt scrivendo semplicemente che nel giorno stesso in cui morì ed in cui fu promosso Maggiore Generale, si «seppe della sua appartenenza ai membri della Resistenza». Nessun altro dettaglio viene fornito su questo tema. Il testo di Werner Landhoff «Die Opfer des 20. Juli» (Le Vittime del 20 luglio) è più obbiettivo ed anzi lascia comprendere il contrario. Viene ricordato che il 13 marzo 1943 Hitler si trovava a Smolensk e doveva tornare a Berlino. Uno dei congiurati chiese ad un certo colonnello Heinz Brandt (che nessuno conosceva, ma che avrebbe volato con Hitler sullo stesso aereo), se volesse essere così gentile da consegnare un pacchetto con due bottiglie di cognac al Generale Helmut Stieff (altro congiurato). Il Colonnello Brandt acconsentì, prese il pacchetto, e volò con esso e con Hitler a Berlino. La bomba notoriamente non esplose. Brandt la consegna a Berlino a un altro congiurato, che intervenne in tempo per impedire uno scoppio ritardato (in questa occasione a Brandt furono poi date due vere bottiglie di cognac per il Generale Stieff!). È pertanto evidente che Brandt non aveva idea della congiura, e che sarebbe stato ad essa cinicamente sacrificato. Ancora più categorico è William Shirer nella sua enciclopedica «Storia del Terzo Reich». Egli scrive che quando fu richiesto a Brandt di portare il «pacchetto» al Generale Stieff «di nulla sospettando, disse che l’avrebbe fatto assai volentieri». Shirer va oltre, appoggiando così involontariamente la tesi dell’innocenza di Brandt. Quando Stauffenberg lasciò la sala di riunione, come riferirono i testimoni, disse a Brandt, che era vicino a lui: «Devo andare a telefonare. Tenete d’occhio la mia borsa. Vi sono documenti segreti». Stauffenberg aveva sistemato la borsa all’interno di uno dei due pesanti sostegni del tavolo in legno di quercia, in modo che fosse il più possibile vicina a Hitler. Durante la conferenza Brandt cercò d’avvicinarsi a Hitler che stava mostrando una carta, urtò contro la gonfia borsa di Stauffenberg, cercò di muoverla col piede, e alla fine la prese con una mano posandola all’esterno del pesante sostegno del tavolo, che si trovò così ad agire fra la bomba e Hitler come una paratìa.

    Shirer conclude «questa mossa apparentemente insignificante probabilmente salvò la vita al Fuhrer, ma a Brandt costò la sua. In tutto ciò vi era un incomprensibile destino…».

    Chi scrive non tenta di comprendere un tale destino, ma giunge alla personale conclusione che non esiste la minima prova per accusare Brandt di avere fatto parte della congiura.

    Il Colonnello Generale della Luftwaffe Gunther Korten Un soldato esemplare

    Gunther Korten nasce il 26 luglio U a Colonia. Nel settembre 1914 si presenta volontario e si arruola nel 34° Reggimento di Artiglieria. Nel 1915 viene promosso tenente.

    Nel primo dopoguerra è uno dei pochissimi ufficiali inseriti nell’esercito dei 100 000 uomini imposto alla Germania dal Trattato di Versailles. Diventa pilota il 31 agosto 1926 e fa parte di quegli ufficiali che vengono segretamente addestrati su diversi tipi di aerei nell’Unione Sovietica, nella base di Lipezk. Rientra in Germania e comanda a Berlino il Centro di Addestramento per aerei da ricognizione. Le sue note caratteristiche sono ottime. Il 30 settembre 1930 il suo superiore, Generale Werner von Blomberg, futuro Ministro della Guerra, scrive di lui:

    «Un eccellente e promettente ufficiale». Il 1° ottobre 1931 viene promosso Capitano, il 1° dicembre 1934 Maggiore e il 1° gennaio 1940 viene nominato Capo di Stato Maggiore della Terza Flotta Aerea, che partecipa alla campagna di Francia.

    D’ora in poi Giinther Korten parteciperà a tutte le campagne aeree della 2a Guerra Mondiale. Partecipa alla Battaglia d’Inghilterra, conduce la campagna contro la Jugoslavia e la Grecia per la quale riceve la Croce di Guerra di la e di 2a Classe. Il 1° maggio 1942 viene promosso Tenente Generale ed assegnato al Fronte Orientale. Partecipa alla battaglia di Stalingrado e il 4 settembre 1943 diviene Capo di Stato Maggiore della Luftwaffe succedendo al Generale Jeschonneck.

    In tale veste partecipò alla fatale riunione del 20 luglio 1944. Morì il 22 luglio in seguito alle ferite riportate. Hitler lo nominò post-mortem Colonnello Generale ed ordinò i funerali di Stato.

    Nei trent’anni della sua vita militare il Generale Korten ricevette le seguenti decorazioni:

    Croce di Ferro di Prima e Seconda Classe

    Insegne per ferita di guerra

    Medaglia d’Onore per combattenti di prima linea (Frontkampfer)

    Decorazione della Wehrmacht dalla Prima alla Quarta Classe

    Cavaliere della Croce di Ferro

    Croce Germanica in oro

    Croce in oro e brillanti come Comandante dei Piloti e dei Ricognitori

    Insegne della Battaglia di Crimea

    Insegne della Battaglia di Creta

    Ordine Militare Rumeno «Michele il Valoroso»

    Ordine Militare Rumeno «al Valore Aeronautico», con Spade

    Medaglia Finlandese «alla Libertà» di Prima Classe, con Stella e Spade

    Durante il funerale di Stato, che ebbe luogo a Tannenberg con la massima solennità, Gòring volle ricordarlo non solo come soldato ma anche come il suo «amico più fedele, valoroso e sicuro della vittoria».

    Ufficiali di questa caratura furono uccisi da Stauffenberg!

    Il Generale di Fanteria Rudolf Schmundt Primo Aiutante di Campo di Hitler

    Rudolf Schmundt nasce il 13 agosto 1896 a Metz, figlio del futuro Generale Richard Schmundt.

    Il giovane Schmundt prende subito parte alla la Guerra Mondiale nel 1914. Attraverso un’impressionante serie di azioni e di combattimenti alla Somme, alla Marna e nella Champagne riceve numerose decorazioni al valor militare e promozioni sul campo.

    Dopo la guerra continua con successo la carriera militare. Sposa nel 1926 Anneliese von Kummer, nella Cappella Militare di Potsdam. Avrà da lei due figlie e due figli. Nel 1932 viene assegnato al Ministero della Difesa a Berlino, dove suo superiore è il futuro Feldmaresciallo Keitel. Nel gennaio 1938 gli viene comunicata la notizia di essere stato scelto da Hitler come suo Primo Aiutante di Campo. La proposta a Hitler sul nome di Schmundt fu fatta dallo stesso Keitel. Il 4 agosto 1939 Schmundt viene promosso Colonnello. Assieme alle sue qualità militari Schmundt rimarrà nel ricordo della Storia quale uomo dalle straordinarie qualità umane. I suoi rapporti con i colleghi e i sottoposti furono sempre improntati a cordialità, amicizia, lealtà. Egli si era posto come obbiettivo di ottimizzare i rapporti fra il Führer e l’Esercito, dovendo spesso intervenire contro l’invadenza delle SS e del Partito.

    Quando Hitler inveiva contro l’Esercito per possibili tradimenti, violazioni dei suoi ordini o altro, Schmundt fu sentito intervenire dicendo: «Mio Führer, La prego! Lei vede dei fantasmi! Il corpo degli Ufficiali Tedeschi ha versato tanto sangue per il Terzo Reich! Ben 165 Generali sono caduti!». D’altro canto Schmundt non risparmiava le sue personali critiche agli alti gradi dell’Esercito, intervenendo nelle dispute e negli occulti tentativi di sabotaggio aventi l’obbiettivo di far ricadere la colpa su colleghi rivali.

    Goebbels scrisse di lui: «È un idealista, un sognatore, un uomo di animo buono, purtroppo privo della durezza che la sua posizione richiede. Ricordo ancora che, quando il Führer congedò von Manstein e von Kleist per la perdita dell’Ucraina, Schmundt riuscì a passare al Führer due cofanetti per consegnarli ai generali, ognuno dei quali conteneva la croce con spade e brillanti, per rendere meno crudele il loro congedo. Questo era Schmundt!».

    Schmundt fu poi promosso Tenente Generale e con tale grado partecipò alla fatale riunione del 20 luglio 1944.

    Nello scoppio della bomba riportò ferite dolorose e gravissime. Oltre alla menomazione dell’udito (che colpì la maggior parte dei presenti alla riunione) riportò varie ferite, bruciature, una emorragia cerebrale e la perdita dell’occhio sinistro, che dovette essere rimosso. Una volta lo si intese dire che avrebbe voluto perdere anche l’altro occhio per non dover vedere lo scandalo e il disonore ricaduto sull’Esercito per il vilissimo attentato contro «il nostro Führer». Hitler lo visitò in ospedale e volle essere quotidianamente informato sul decorso del suo stato di salute. Hitler commentò: «7 migliori sono sempre quelli colpiti più duramente [...] egli è il più insostituibile dei miei Aiutanti ed è anche il mio collaboratore più caro [...] Spero che accada un miracolo e che Schmundt possa guarire…»

    Il Generale Rudolf Schmundt morì il 1° ottobre 1944. Hitler ordinò i funerali di Stato, che si tennero a Tannenberg il 6 ottobre 1944. Erano presenti le massime cariche militari e la famiglia del Caduto. Risuonarono le note della marcia funebre di Wagner della «Gòtterdammerung» e infine il commovente, antico inno militare «Ich hatt’ einen Kameraden» (che fu anche il primo inno tedesco appreso da bambino da chi scrive) seguito dai tradizionali 17 colpi di cannone. Il feretro di Schmundt fu quindi portato al Cimitero degli Invalidi di Berlino, dove il Generale Guderian tenne l’ultimo discorso, citando una frase di Federico il Grande: «Nulla muterà il mìo animo, io seguirò la mia strada, e farò ciò che riterrò utile e onorevole». Dopo una pausa Guderian così concluse: «Addio, Camerata!»

    Commenti sugli eventi ricordati

    Il disprezzo e il sarcasmo col quale gli Anglo-americani stessi commentarono l’attentato traspare dai giornali dell’epoca:

    Sul New York Times del 9 agosto 1944 fu scritto: «L’attentato a mezzo di una bomba ricorda i metodi del crimine organizzato e non quelli di ufficiali di Stato Maggiore di un paese culturalmente sviluppato….»

    Sulla Herald Tribune fu scritto: «Noi americani non deploriamo affatto che Hitler sia stato risparmiato dalla bomba, e che si sbarazzi ora dei suoi generali. D’altro canto noi non abbiamo alcun debole per gli aristocratici, specie per quelli che danno le pugnalate alle spalle.»

    Sul London Times fu scritto: «I generali che giocarono a fare gli eredi al trono facevano finta di essere i combattenti per la libertà, mentre non combattevano che per il loro militarismo.»

    La stessa Repubblica Federale Tedesca ha avuto e ha tutt’ora il suo da fare per dissipare i miasmi che esalano da quel tradimento. Non c’è stato un Dante Alighieri per mettere i traditori, come Giuda, Bruto e Cassio, nelle bocche di Satana per masticarli in eterno. In una nuova versione delle bocche di Satana al posto di Giuda ci potrebbe stare Stauffenberg, e nelle due bocche laterali potranno trovare comoda sistemazione diversi congiurati, fra i quali Gòrdeler, Hoepner, Canaris, Treschkow, ecc. Fra un dente e l’altro troverebbero posto anche i nostri Badoglio e Fini.

    Tralasciando le allegorie, la Repubblica Federale ha tentato di capovolgere i più semplici e basilari concetti dell’onore militare, che proprio in Germania vanta un’antica, ferrea tradizione. Il tradimento, il sabotaggio, l’intelligenza col nemico sono considerati delitti in tutti i Paesi del mondo e sono generalmente passibili della pena di morte, specie se il Paese è in guerra.

    «La congiura del 20 luglio 1944 non offrì un contributo positivo alla tradizione della Bundeswehr», come molto cautamente osò esprimersi un capo Gabinetto della Presidenza della Repubblica, in quanto «obbedienza, disciplina e coraggio costituiscono i principi basilari di una Forza Armata».

    In Germania oggi però fioriscono le caserme, i monumenti e le lapidi dedicate ai congiurati del 20 luglio. C’è la caserma a Wuppertal dedicata al Generale Erich Hoepner, diretto superiore di Stauffenberg nelle campagne di Polonia e di Francia, che già cospirava contro Hitler nel 1939 e che i congiurati avevano designato a sostituire il Generale Fromm nel caso costui «avesse tentennato» .

    C’è la «Graf Stauffenberg-Kaserne» a Sigmaringen ed altre numerose caserme in tutta la Germania dedicate ai congiurati.

    La morte di tutti i 24 partecipanti alla riunione era stata messa in conto dai congiurati, ed i loro piani erano stati fatti in accordo con questa eventualità, come ad esempio l’uso di due bombe, mentre una sola potè essere attivata. La scelta della sede della riunione, inoltre, cadde all’ultimo momento sull’edificio in legno e non sul bunker in cemento inizialmente previsto. Questi eventi furono quelli che evitarono una strage di ben più vasta portata.

    Giuristi tedeschi hanno configurato l’attentato come «omicidio premeditato» ossia le vittime sono state assassinate, non sono state vittime di un «omicidio preterintenzionale» o, come si dice oggi, di «danni collaterali». Di questi poveri morti non esistono tracce visibili, neppure una lapide messa dal Governo in un cimitero di campagna.

    Tutto ciò è perverso e penoso, ed è il segno di quella «morale superiore», oggi in carica, menzionata sarcasticamente nel titolo del libro di Landhoff. Forse, più che di una morale superiore, si tratta di una morale capovolta.

    Giandomenico Bardanzellu

    Bibliografia

    Niklaus von Below, Ah Hitlers Adjutant – 1937-1945 (Aiutante di Campo di Hitler – 1937-

    1945), Hase-Koehler Verlag, Mainz, 1980 Boschesi B. R, Enciclopedia della 2″ Guerra Mondiale, Arnoldo Mondadori Editore, 1983 Fest Joachim, Staatsstreich. Der lange Weg zum 20. Juli (Colpo di Stato. La lunga strada verso il 20 luglio), Edizioni Siedler, 1994 Kershaw Jan, Hitler 1936-1945, Edizioni Bompiani, 2001 Shirer William L., Storia del Terzo Reich, Giulio Einaudi Editore, 1959 Deutsche Gedichte des 20. Jahrhunderts (Poesie Tedesche del XX secolo), Edizione Franklin

    Bibliothek Ottobrunn bei München, 1984

    20 luglio 1944. Le vittime dimenticate del Colonnello Claus Graf Schenk von Stauffenberg (seconda e ultima <b style="color:white;background-color:#880000">parte</b>) | <b style="color:black;background-color:#99ff99">Thule</b> <b style="color:black;ba
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    Peccato che poi non abbia avuto più seguito. A figure del genere non si poteva concedere il lusso di dominare la scena del neofascismo post-bellico.

 

 

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