Il cardinale Martini rifiuta l'accanimento terapeutico
Non sembrano esserci speranze per l’Arcivescovo emerito di Milano Carlo Maria Martini, da tempo malato di Parkinson, le cui condizioni si sono aggravate nelle ultime ore. Poco fa un comunicato rilasciato dal neurologo che ha in cura Martini, Gianni Pezzoli, informa che il porporato non è più in grado di deglutire cibi solidi o liquidi, ma ha rifiutato l’accanimento terapeutico.
Una scelta in linea con il pensiero di Martini, insigne biblista e da sempre impegnato a spingere la Chiesa a confrontarsi a viso aperto sui temi più scottanti. Sulla comunione per i divorziati, su una maggiore apertura verso i temi etici e anche sull’eutanasia: nel suo ultimo libro, parlando delle tecnologie mediche che permettono di protrarre la vita, dichiarava “Occorre un supplemento di saggezza per non prolungare i trattamenti quando ormai non giovano più alla persona”. Una posizione che è stata interpretata come una “non-condanna” dell’eutanasia. Ma cosa dice la Chiesa in proposito? E Martini, con la sua scelta, va contro i dettami del Vaticano?
In realtà la posizione ufficiale della Chiesa sul fine vita è molto ambigua in quanto condanna sia l’eutanasia, sia l’accanimento terapeutico, anche se l’opposizione alla prima è senza dubbio più forte. In pratica la Chiesa esalta il valore della sofferenza, che rientra nel concetto di martirio, e respinge ciò che potrebbe abbreviarla artificialmente, ma poiché fa parte del dovere del cristiano accettare la morte, anche rifiutare l’alimentazione artificiale può rientrare in ciò che è permesso. Per questo la scelta di Martini – soprattutto se intesa come generico rifiuto dell’accanimento terapeutico, senza entrare nel dettaglio – non è in contrasto con la dottrina, anche se sicuramente metterà al centro delle polemiche la mancanza di chiarezza della Chiesa.
Che differenza c’è, ad esempio, tra la scelta di Martini e la cessazione delle cure per Eluana Englaro? Anche in quel caso si trattava di interrompere l’alimentazione artificiale, scelta che ha poi portato alla morte di Eluana: in quel caso la Chiesa era fortemente contraria, così come nel caso Welby (ma proprio Martini, a proposito di Welby, parlò del diritto di respingere le cure). E d’altronde, anche di Giovanni Paolo II si disse che, nel momento terminale della malattia, lasciò intendere di non volere altre cure (”Lasciatemi andare alla casa del Padre”) che forse avrebbero potuto prolungare la sua vita. È un argomento spinoso, su cui molti intervengono proclamandosi portatori della verità della Chiesa, ma quel che è certo è che Martini, come tutti i grandi uomini, è testimone della propria battaglia anche con gli ultimi respiri.