Matteo oscura Bersani
Ora l'avversario da battere è lui
Oggi sarà a Charlotte per l'apertura della convention Democratica che incoronerà Barack Obama ricandidandolo alla Casa Bianca.
Una mossa che i suoi critici definiscono «veltroniana», ma che, c'è da scommetterci, Matteo Renzi userà per lanciarsi nella corsa alla leadership del centrosinistra. In molti nei giorni scorsi hanno ironizzato sulla sua incapacità di rappresentare il Paese nei grandi appuntamenti internazionali. Anche ieri Massimo D'Alema, uno dei suoi principali «nemici», ha ribadito il concetto: «Bersani è più adatto a unire il partito, a costruire una coalizione e a governare. Tre cose che Renzi non mi sembra in grado di fare».
Insomma, per dirla con le parole di Beppe Grillo, Matteo «non è nessuno». Sarà, ma il fatto che in tanti si affrettino a sottolinearlo, fa riflettere.
Così come il fatto che, dopo aver ingaggiato il duello con Pier Luigi Bersani a colpi di «fascista» e «piduista», il comico genovese abbia deciso di mettere da parte il segretario Pd e di concentrarsi sul sindaco di Firenze.
Forse Renzi fa più paura di quanto i suoi critici vorrebbero far credere. Dopotutto piace agli elettori moderati e non dispiace a chi, nel centrosinistra, non ce la fa più a vedere le solite facce.
Magari non riuscirà a vincere le primarie, ma gli basterebbe perdere bene per creare scompiglio nel Pd.
Così, gli applausi di domenica alla Festa Democratica nazionale di Reggio Emilia, nonostante le accuse di aver portato la claque da Firenze, sono suonati come un campanello d'allarme.
Lui intanto prosegue sulla propria strada. Che anzitutto punta a togliere a Grillo l'immagine di tribuno del popolo.
«Beppe Grillo è in crisi di visibilità - attacca -. Si rende conto che via via che passano i giorni le sue promesse si sciolgono come neve al sole. In questa crisi di visibilità, da acuto utilizzatore dei media, deve tutti i giorni inventare qualcosa.
Grillo che si lamenta dell'eccesso dei toni nella comunicazione è l'emblema della contraddizione in termini.
Riempiva le piazze con 10.000 persone per insultare gli altri, come può oggi lamentarsi degli eccessi dell'altrui comunicazione?»
«La soluzione - aggiunge - è non rispondergli sui temi che vuole affrontare, ma dire che sulle proposte di riduzione dei parlamentari e di dimezzamento delle indennità, il Pd per primo dovrebbe far proprie queste battaglie.
Quando poi Grillo parla di mafia che non esiste, di Aids che non è un problema, o come vedo in un video che sta girando in queste ore sul web e che mi lascia sconvolto, che spiega ai carabinieri come picchiare gli immigrati di nascosto, dimostra la sua totale incapacità di essere una persona civile prima ancora che un leader politico».
Quindi torna all'attacco di uno dei suoi bersagli preferiti: Rosy Bindi.
Già domenica l'aveva accusata di aver partecipato alla primarie per ottenere «un premio di consolazione» con la poltrona di vicepresidente della Camera e quella di presidente del partito.
«Io non lo farò» ribadisce.
E a chi gli chiede cosa pensi dei dubbi espressi da Rosy sull'effettivo svolgimento delle primarie, risponde:
«Dubbiosa? Ce ne faremo una ragione».
Poi annuncia: durante la campagna elettorale «chiederemo un confronto tv con il segretario Pier Luigi Bersani», a cui lancia un avvertimento sulle alleanze: «Se siamo arrivati al governo Monti è anche un pò colpa di un Pd poco credibile, e se non ci fosse stata l'immagine della foto di Vasto, che ha terrorizzato i cittadini, oltre che i mercati, potevamo governare».
Nessuna risposta dal leader democratico, mentre Bindi ne approfitta per polemizzare:
«Fare il vicepresidente della Camera è un onore, mi dispiace che si abbia questa considerazione degli incarichi istituzionali. Poi si dà il caso che io abbia vinto un congresso e per questo sono presidente del partito».
E lancia la sfida: «Se dichiaro che non mi candido in Parlamento, Renzi si ritira dalle primarie?»
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