Il capitolo sull’economia, che dovrebbe essere la colonna portante di una piattaforma programmatica, si riduce invece a pochi punti, alternando buoni propositi e idee strampalate. Vada per l’abolizione delle cariche multiple da parte di consiglieri di amministrazione nei consigli di società quotate, vada per l’introduzione di strutture di reale rappresentanza dei piccoli azionisti nelle stesse e per il divieto di incroci tra sistema bancario e industriale, ma il resto è un mix di vaneggiamenti. Si parla di “abolizione della
Legge Biagi” ma non si specifica che tipo di riforma del mercato del lavoro si vuole introdurre; si parla di introduzione di un tetto per gli stipendi del management delle aziende quotate in borsa e delle aziende con partecipazione rilevante o maggioritaria dello Stato e non si capisce perché, nel primo caso, si debba obbligare un privato a elargire un determinato compenso ai suoi manager, e, nel secondo caso, come faccia lo Stato a stabilire le tariffe pubbliche. Si parla di “disincentivi alle aziende che generano un danno sociale (es. distributori di acqua in bottiglia) ma non è chiaro che voglia dire.
Si accenna poi all’”abolizione dei
monopoli di fatto, in particolare Telecom Italia, Autostrade, Eni, Enel, Mediaset (che non si capisce cosa c’entri,ndr)”, ma non si specifica se si vogliono smantellare, privatizzare o quant’altro. E poi ancora, si punta alla “riduzione del debito pubblico con forti interventi sui costi dello Stato con il taglio degli sprechi…”, come se già la linea del rigore e della sobrietà non avesse fatto intendere che non basta se non è accompagnata da misure per la crescita. Infine, si parla di “favorire le produzioni locali”, di “sostenere le
società no profit” (forse si intendeva dire organizzazioni no profit, ndr) e di “sussidio di disoccupazione garantito”, ma senza spiegare come fare e, soprattutto con quali fondi.
Insomma, il programma a Cinque stelle propone di spendere valanghe di denaro pubblico senza alcuna commisurazione di costi e benefici e col rischio di sconquassare i
conti pubblici.