Originariamente Scritto da
Giò
A volte nella cosiddetta "area", come pure su queste ed altre (soprattutto 'altre') lande è accaduto, si confonde un genuino spirito anti-borghese, che appartenne al Fascismo più intransigente, mistico e rivoluzionario, con una sorta di invidia sociale, tutt'altro che rivoluzionaria, verso chi ha di più.
Mi spiego: sicuramente il "fascista" del borghese non apprezzava o disprezzava proprio lo spirito pantofolaio, la ricerca costante di una tranquillità fine a se stessa, l'assenza di ogni eroismo, la pavidità di fronte alla vita, l'interesse solo per il guadagno ed il profitto, l'amore esclusivo ed assoluto per il proprio "particulare", l'attaccamento ai beni di questo mondo, ecc.
Però non è mai stato un discorso 'classista', ovvero un sentimento dettato da invidia sociale o da spirito di rivalsa verso chi aveva di più.
Anche perché spesso si aveva il paradosso del fascista "borghese anti-borghese". Insomma, al fascista non gliene fregava che il borghese avesse un'azienda o un conto in banca che gli assicurasse uno stile di vita più che degno. Gli interessava se a ciò corrispondeva quella mentalità gretta che di fatto era un ostacolo all'affermarsi dello stile fascista e degli ideali di vita che la rivoluzione imponeva.
Insomma, uno come D'Annunzio non sarebbe stato concepibile da questi "neo-fascisti proletari" odierni, che appena vedono qualcuno ben vestito gridano al capitalismo e al deviazionismo antifascista, nonostante magari molti lo elogino perché vedono nell'esperienza di Fiume e nella Carta del Carnaro qualcosa di fortemente avanzato dal punto di vista sociale, se non vero e proprio "socialismo nazionale".
Come mai si è arrivati a questo punto? Contaminazione ideologica coi compagni, complesso di inferiorità nei loro confronti e quindi desiderio di imitazione oppure marginalità sociale che si aggiunge ed aggravia la marginalità politica?