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    Predefinito Stanis Ruinas , il "fascista rosso" - cosa ne pensate?

    Posto questo articolo su Ruinas una figura particolarmente cara al sottoscritto di rivoluzionario fascista e anticapitalista.
    Qual'è la vostra opinione? Cosa ne pensate della sua adesione dopo la guerra al Pci? E secondo voi noi socialisti nazionali dovremmo posizionarci più a sinistra che a destra?



    Pensiero nazionale: Stanis Ruinas, il “fascista rosso”


    Posted on 20/07/2009 by Cursus Honorum




    “Non vi è socialismo senza nazionalizzazione e socializzazione delle industrie, espropriazione della proprietà terriera con la creazione di aziende agricole a condotta cooperativistica, nazionalizzazione delle banche e degli istituti di credito, limitazione del diritto di proprietà ai beni di uso e consumo, sottrazione della stampa al controllo del capitale privato, cessazione totale dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo”; estratto da un articolo di Spartaco Cilento del 1948, questa citazione può ben rappresentare la linea di pensiero perseguita dalla rivista quindicinale conosciuta con il nome di “Pensiero Nazionale”.

    Partorito dalla fervida mente di Stanis Ruinas, “Il Pensiero Nazionale” usciva per la prima volta il 15 maggio 1947 con una veste grafica che ricordava molto quella di “Critica Fascista”, rivista diretta da Giuseppe Bottai, con l’obiettivo di coagulare intorno a sé tutti gli “ex fascisti di sinistra”, i quali, come Ruinas, si identificavano nella concezione rivoluzionaria del fascismo, riconoscendo in Benito Mussolini un rivoluzionario autentico la cui politica fu per lungo tempo condizionata dagli interessi dei conservatori, dei clericali, dei moderati, di tutti coloro, insomma, che, dopo esser saliti sul carro dei vincitori nel 1922 per garantire l’intangibilità delle proprie ricchezze, non ebbero troppe remore nel liquidare il Capo del fascismo quando gli eventi bellici iniziarono a far vacillare le loro posizioni.

    Contro gli esponenti di simili interessi, Stanis Ruinas, al secolo Giovanni Antonio de Rosas, aveva già ingaggiato, nel corso del Ventennio, una dura e coraggiosa battaglia, come si può facilmente evincere dai suoi articoli apparsi su testate rinomate come “L’Impero” o “Il Popolo d’Italia”. Per le sue posizioni fortemente sociali, infatti, egli giunse più volte ai ferri corti col P.N.F finché, dopo essere stato sospeso più volte e sottoposto a regime di sorveglianza speciale, non vi si riconciliò, definitivamente, nel 1939, grazie al suo libro “Viaggio per le città di Mussolini”; opera che gli garantì, tra l’altro, il Premio Letterario Sabaudia.

    Combattente in Spagna ed in Etiopia, fu a Berlino, nel 1941, quale direttore del periodico “Lager” destinato ai lavoratori italiani in Germania. Dopo il 25 luglio, coerentemente alla sua connotazione di fascista di sinistra, mazziniano e repubblicano, aderì alla Repubblica Sociale Italiana per continuare la lotta contro le “demoplutocrazie” anglosassoni e realizzare la tanto auspicata rivoluzione sociale.

    Sostenitore della sinistra saloina, che con Giorgio Pini, Carlo Borsani, Concetto Pettinato ed Eugenio Montesi cercò di realizzare la socializzazione e di trovare un accordo con le forze antifasciste “sane e popolari” al fine di evitare lo scoppio della guerra civile, Ruinas fu, come si evince dalla sua opera “Pioggia sulla Repubblica”, (1946) strenuo oppositore del c.d. “Granducato di Toscana”, composto da Farinacci, Pavolini e Vanni Tedorani, oltre ad una selva di gerarchi, rei, secondo il giornalista sardo, di tenere sotto scacco il Duce ed essere capaci, nella loro inettitudine, di combattere solo gli “eretici del fascismo”.

    Al termine della tenzone bellica, dopo un periodo trascorso in prigionia a Venezia, Stanis Ruinas si recò a Roma dove, tra molte difficoltà, diede vita al “Pensiero Nazionale”.

    La redazione dell’organo dei “fascisti rossi”, infatti, venne ubicata in una stanza al quinto piano di uno stabile in via Salandra che già ospitava l’editore Corso, vecchio amico di Ruinas e editore del suo libro “Pioggia sulla Repubblica”.

    I collaboratori che nel corso degli anni parteciparono a questa nuova testata provenivano, tranne qualche eccezione, dai ranghi della R.S.I. I nomi sono tra i più rilevanti di quel periodo: si registrano, infatti, esponenti della gerarchia militare di Salò come il generale Emilio Canevari, vicino a Rodolfo Graziani, e il contrammiraglio nonché sottosegretario della Marina della Repubblica Sociale Ferruccio Ferrini; parteciparono, inoltre, il sindacalista fascista Silvio Galli, il giornalista Aniceto Del Massa, vicino a Berto Ricci e all’Universale, il regista di avanguardia Anton Giulio Bragaglia e gli scrittori Marcello Gallian e Mario Massa.

    A questi s’associò, inoltre, un folto gruppo di giovani provenienti dalla X° Mas come Alvise Gigante, Spartaco Cilento e, soprattutto, Lando Dell’Amico, il quale, oltre ad essere molto colto, si dimostrò anche un abile politico. Egli, infatti, svolse un rilevante ruolo di raccordo tra la massa dei giovani reduci provenienti da Salò, il Pensiero Nazionale ed il P.C.I.; nei suoi articoli, dal contenuto fortemente anticapitalista e di sinistra, era facile scorgere i segni della sua ideologia in cui ben si conciliavano le idee di Gramsci con l’attualismo gentiliano, così come il mito della nazione e la lotta di classe.

    Riprendendo la strada già tracciata nel 1936 dai comunisti, col famoso appello ai fratelli in camicia nera che invitava i fascisti di sinistra a riprendere il programma del 1919, avallato dai comunisti come “…un programma di pace, di libertà di difesa degli interessi dei lavoratori…” per dar vita ad una strenua battaglia congiunta in chiave anticapitalista, Ruinas e il suo giornale intrattennero rapporti col Partito Comunista Italiano che, a partire dal 1947, andranno a stringersi sempre più per poi spezzarsi definitivamente nel 1953.

    Il primo a tendere la mano ai giovani reduci della Repubblica Sociale Italiana fu Gian Carlo Pajetta, con due celebri editoriali apparsi sull’Unità a partire dal settembre del 1945 dai titoli eloquenti: “Riconquistare dei figli all’Italia” e “Compagni di lotta”; tali articoli, invitando gli “erresseisti” (così Ruinas chiamava i reduci non gradendo molto il termine “repubblichini”) vittime dell’ “antico inganno”, a confluire nel P.C.I. per proseguire la battaglia contro le forze reazionarie e clericali rappresentate dalla Democrazia Cristiana. Un atto che, senza ombra di dubbio, non era dettato esclusivamente da filantropia ma anche da specifici interessi politici.

    In seguito alla nascita del Movimento Sociale Italiano, Stanis Ruinas assunse il ruolo di interlocutore principale tra i dirigenti del Partito Comunista, che miravano a conquistare i giovani di Salò, e quest’ultimi; un rapporto molto stretto e per questo inviso alla base partigiana del Partito e a buona parte della sfera dirigenziale. Di questo rapporto non era felice nemmeno la stampa filo-democristiana; molti giornali, tra cui “Il Momento”, infatti, facendo leva sul mai celato filo-comunismo di Ruinas, affermarono che dietro i propositi di una presunta pacificazione si celava esclusivamente la volontà di Botteghe Oscure di convogliare gli ex fascisti verso il comunismo.

    Il 1948 fu per diversi aspetti un anno particolare per Ruinas ed il Pensiero Nazionale. Innanzitutto, nonostante le accuse che provenivano da destra su presunti finanziamenti del P.C.I. al quindicinale diretto dal giornalista sardo, la testata rischiò, nel solo periodo di gennaio-marzo, di fallire per ben cinque volte; è interessante notare, inoltre, le posizioni assunte da Ruinas e dai gruppi di Pensiero Nazionale in merito alle elezioni dello stesso anno. A chi temeva, infatti, che Ruinas e i suoi ventimila simpatizzanti si esprimessero nettamente a favore del Fronte democratico per la Pace, Ruinas spiegò, con l’editoriale “Oltre la palude o della nostra posizione nelle elezioni del 18 aprile”, i motivi del proprio astensionismo.

    I gruppi formatisi intorno a Pensiero Nazionale, oltre a rifiutare in maniera netta l’anticomunismo in funzione americana, rifiutavano allo stesso tempo qualsiasi forma di comunismo asservito alla Russia; la posizione sostenuta dal giornalista sardo, infatti, s’incentrava su una chiara volontà che vedeva l’Italia ed il resto d’Europa libere da ogni ingerenza straniera e ribadiva che ogni singolo paese, libero e sovrano nei propri confini naturali, aveva il diritto di scegliere liberamente quale forma di governo darsi.

    Pur dichiarandosi socialisti, insomma, Ruinas e i suoi adepti decisero di non votare per il Fronte democratico, mero cartello elettorale figlio dell’antitesi USA-URSS e dell’antifascismo, perché ciò avrebbe significato non solo negare se stessi ma avrebbe anche incrinato la fede nell’insurrezione nutrita dall’ “ex fascista di sinistra”, concedendo al parlamento, istituzione da sempre disprezzata, quei tratti di forza rivoluzionaria e dinamica che egli non era disposto a dargli.

    Oltre la bagarre elettorale, il 1948 è anche l’anno dell’attentato alla vita di Togliatti. Questo episodio rappresentò un punto importante per la vita di Pensiero Nazionale poiché segnò sia l’ultima fase di avvicinamento con il P.C.I, prima dell’allontanamento definitivo del 1953, che il punto di svolta che porterà, di lì ad un anno, i reduci della Decima Mas, che collaboravano al giornale, ad abbandonarlo per ingrossare le fila del Partito Comunista.

    Mentre il legame col P.C.I. andava consolidandosi, l’atteggiamento critico di Pensiero Nazionale nei confronti del Movimento Sociale non accennava a diminuire. Il motivo principale che spingeva chi tanto orgogliosamente continuava a definirsi “ex fascista di sinistra” e allo stesso tempo ferocemente “antineofascista” era rappresentato, senza dubbio, dalla scarsa considerazione che si nutriva nei confronti di tale progetto e della sua classe dirigente: il M.S.I., infatti, era considerato da Ruinas come un “serbatoio” creato a regola d’arte da chi teneva le redini del sistema al solo scopo di imbrigliare, con la connivenza degli ex gerarchi, la volontà rivoluzionaria di quelle forze giovanili genuinamente socialiste e rivoluzionarie espresse dall’esperienza della R.S.I.

    Secondo Ruinas, infatti, il fascismo aveva riscoperto nell’esperienza repubblicana le sue radici socialiste e sindacaliste rivoluzionarie liberandosi definitivamente degli orpelli del regime. Radici che ora i traditori del Manifesto di Verona volevano recidere costringendo all’immobilità, abbagliati dal perenne ricordo e dalla possibilità del ritorno ai “tempi belli”, tutti gli esponenti di quel periodo, parcheggiandoli in un movimento anticomunista, antisocialista filo- americano, in una parola “reazionario al servizio di forze reazionarie”.

    Questa critica raggiunse il suo apice nel 1952; gli attacchi, però, saranno sempre portati verso la dirigenza e mai contro la base, che trovava negli elementi popolari la fetta più rappresentativa.

    Il 12 aprile del 1950, Stanis Ruinas fu arrestato con l’accusa di istigazione alla rivolta armata contro i poteri costituiti. Tale procedimento fu, molto probabilmente, imbastito dal governo. L’accusa, infatti, faceva particolare riferimento a due suoi articoli, dal titolo “Ai comunisti” ed “Insorgere contro il sanfedismo”, in cui si criticavano i comunisti per non essersi impossessati del potere quando avevano potuto e si attacca ferocemente la figura dell’allora Presidente del Consiglio Alcide de Gasperi. Dell’arresto di Ruinas si occuparono diversi giornali esteri, come l’Herald Tribune e Vers l’Avenir, oltre ai quotidiani nazionali di sinistra, che videro in ciò un atto del governo per mettere a tacere un avversario politico proveniente sì dall’esperienza fascista ma contrario ad una sua riesumazione. Prosciolto per insufficienza di prove, Ruinas riprese immediatamente la lotta contro il “Partito dei bagarini di Dio” e il suo capo.

    Ma il 1950 fu anche l’anno del tentativo del Fronte Laico Nazionale, una nuova creatura politica a cui Ruinas si dedicò, che, ispirata ai valori risorgimentali, doveva essere aperta a tutte le forze laiche del Paese per continuare la guerra contro il clericalismo dilagante; l’esperimento, però, spirò dopo poco tempo.

    Dal dicembre del 1951 e fino alla metà del 1952, Pensiero Nazionale e il P.C.I. diedero vita ad una nuova feroce campagna contro il M.S.I., scaturita dalla concessione della presidenza onoraria del partito al “principe nero” Junio Valerio Borghese, esponente di quella aristocrazia che aveva, a suo tempo, già minato le basi del Fascismo. Tale nomina, infatti, fu interpretata come il tentativo di eliminare definitivamente nel movimento neofascista le istanze di sinistra nazionale presenti soprattutto nel nord del Paese e rappresentate da esponenti del calibro di Giorgio Pini e Concetto Pettinato, al fine di traghettare il Movimento Sociale verso quella posizione di guardia bianca schierata a difesa degli interessi delle forze reazionarie del Paese.

    La requisitoria contro Borghese fu durissima e trovò nell’azione dell’ex sottosegretario della Marina R.S.I Ferruccio Ferrini e in un articolo di Giampaolo Tudini i suoi punti di forza. Si dimostrò come l’eroe della Decima fosse asservito agli interessi americani già all’epoca della R.S.I. e, grazie ad un documento redatto da Rodolfo Graziani, si rese noto che Borghese, in qualità di infiltrato del governo del Sud, fu incaricato di defenestrare quel “caporale di merda di Mussolini” e marciare sul Garda; azione che gli fu impedita da Alessandro Pavolini e dalle sue Brigate Nere. Invitato a difendersi da simili accuse, Borghese non si degnò mai di farlo alimentando il sospetto che si trattasse di verità piuttosto che di menzogne.

    Alle elezioni del 1953, in seguito al rifiuto del Partito Comunista di creare un’alleanza organica delle forze di sinistra per evitare il dilagare della D.C. grazie alla “legge truffa”, i gruppi di Pensiero Nazionale confluirono nelle liste di Alleanza Democratica Nazionale, formazione promossa dall’ex ministro liberale Epicarmo Corbino, la quale, insieme con Unità Popolare, risultò determinante nell’evitare che scattasse il meccanismo dell’iniqua legge maggioritaria. Tali elezioni rappresentarono la fine del rapporto privilegiato delle formazioni di Ruinas con il P.C.I. La volontà di non voler rinnegare le proprie origini a favore delle manovre di un partito che faceva ancora dell’antifascismo uno spettro da usare a scopi politici portò Ruinas a proseguire da solo sulla propria strada.

    Nel 1956, a Bologna, Pensiero Nazionale e i rappresentanti dei gruppi del Socialismo Nazionale diedero vita ad un incontro volto ad organizzare un Movimento di Sinistra Nazionale, che operasse sulla base di un programma fondato sulla rivalutazione storica della Repubblica Sociale e dei suoi postulati, sull’indipendenza assoluta dell’Italia e dell’Europa dai due blocchi e sulla creazione di una repubblica presidenziale fondata sullo stato nazionale del lavoro. Il 1956, inoltre, fu l’anno in cui Pensiero Nazionale assunse chiare posizioni filo-arabe, mostrando il proprio favore per l’Egitto di Nasser, l’Algeria e la Libia. Il 1977 sancì la fine delle pubblicazioni e di un’esperienza che può sembrare, all’apparenza, come una contraddizioni in termini. Provocatori?

    Opportunisti? La storia che s’atteneva ai canoni di classificazione precedenti la caduta del muro di Berlino non è mai stata troppo benevola nei loro riguardi. Ma oggi il clima è mutato. Il verificarsi della “fine delle ideologie”, infatti, ci permette di superare i limiti imposti da certe analisi e da interpretazioni del fenomeno legate più a contingenze politiche che alla realtà oggettiva dei fatti.

    Essa permette inoltre ai nuovi studiosi di analizzare, al di là di ogni vincolo, le affinità, molto più consistenti di quanto comunemente si possa credere, tra il fascismo ed il comunismo, senza esser vittima di quella gabbia ideologica che ha voluto le due ideologie fondamentali del secolo scorso come eternamente antitetiche.

    Luigi Carlo Schiavone
    Rinascita, Mercoledì 14 Novembre 2007

    http://www.rinascita.info/cc/RQ_Cult...aHMNDtOD.shtml

  2. #2
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    Predefinito Rif: Stanis Ruinas , il "fascista rosso" - cosa ne pensate?

    un grande.

    assolutamente da comprare

    FASCISTI ROSSI di buchignani.

  3. #3
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    Predefinito Rif: Stanis Ruinas , il "fascista rosso" - cosa ne pensate?

    Penso che prima magari ti potevi presentare Stanis Ruinas....

    Per il resto l'articolo era già stato postato ma va bene lo stesso....

  4. #4
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    Predefinito Rif: Stanis Ruinas , il "fascista rosso" - cosa ne pensate?

    Noi siamo al di fuori della destra e della sinistra, soprattutto in riferimento a quello che sono adesso.
    Nel caso dovessimo presentarci a delle elezioni, e si tratta di scegliere, io propendo per collocarci a sinistra, giusto perchè il sostantivo evoca principi come socialità, giustizia sociale e simili.

  5. #5
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    Gli umori corrodono il marmo

  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da msdfli Visualizza Messaggio
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    FASCISTI ROSSI di buchignani.
    Gran bel libro. Quoto

  7. #7
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    Predefinito Rif: Stanis Ruinas , il "fascista rosso" - cosa ne pensate?

    Citazione Originariamente Scritto da msdfli Visualizza Messaggio
    un grande.

    assolutamente da comprare

    FASCISTI ROSSI di buchignani.
    Già fatto, veramente un bel libro, utile per dare un'idea molto meno convenzionale di cosa sia stata l'esperienza sociale del Fascismo.

  8. #8
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    Predefinito Rif: Stanis Ruinas , il "fascista rosso" - cosa ne pensate?

    Citazione Originariamente Scritto da Majorana Visualizza Messaggio
    fatto.

  9. #9
    Avamposto
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    Predefinito Rif: Stanis Ruinas , il "fascista rosso" - cosa ne pensate?

    Al di là della indiscutibile coerenza del personaggio e delle scelte, alcune a dir poco ardite e contestabili quali l'adesione nel dopoguerra al PCI , penso che Ruinas si sia cimentato in uno dei rarissimi tentativi di andare realmente "oltre" alle ideologie politiche del Novecento. Difficile nel periodo immediatamente dopo la guerra ancor più se si considera la divisione bipolare creatasi in Europa e nel mondo fra filo-sovietici e filo-americani.
    Tra gli errori l'essersi prestato al ruolo di Caronte di una nutrita schiera di ex fascisti repubblicani verso l'estrema sinistra comunista. E senza ricordare "Pioggia sulla Repubblica" libro da dimenticare.

  10. #10
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    Predefinito Rif: Stanis Ruinas , il "fascista rosso" - cosa ne pensate?

    Non è che fosse facile decidersi. Da un lato quelli che restando nell' area dell' estrema destra sposano o tollerano l' anticomunismo per essere rispettati e assorbiti nella legalità istituzionale, finendo però fagocitati dalle strategie della tensione e dall' opera di diffamazione di un' esperienza storica che avrà avuto i suoi difetti, ma ebbe tante cose belle e interessanti, dall' altro lato quelli che passeranno armi e bagagli nel PCI per poter proseguire l' opera di lotta al capitalismo e all' imperialismo statunitense, ma non vedendosi la loro specificità pubblicizata e valorizzata.

 

 
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