Originariamente Scritto da
Ringhio
La polemica scientifica sui rapporti di discendenza tra l’Uomo e la Scimmia risale, come è ben noto, al secolo XVIII, e non può dubitarsi che abbia il suo fondamento psicologico (se non scientifico) nell’evidente esteriore somiglianza dell’aspetto, soprattutto giovanile, di alcune specie di scimmie (antropomorfe, appunto) con un essere umano.
Per vero, tale somiglianza aveva già colpito i popoli conviventi con una delle tre grandi scimmie (Orango, Gorilla e Chimpansè) molti millenni prima che il nobile cavaliere De Monet di Lamarck cavalcasse in Europa, inducendo anche quelli a ipotizzare che un qualche legame di discendenza tra quegli animali e l’Uomo vi fosse. Si aggiunga che - non può essere un caso - il Chimpansè somiglia piuttosto a un Cafro che lo osserva, mentre l’Orango (Orang-Utan= Uomo dei boschi) ha lineamenti nettamente da orientale.
I detti antichi popoli, però, preferivano credere che gli scimmioni fossero uomini decaduti, il che (siamo sinceri) appare assai più verosimile che l’inversa ipotesi di Lamarck e poi di Darwin. Che un organo poco usato si atrofizzi e degeneri, fa parte della nostra quotidiana esperienza, ma di organi radicalmente riformati (o addirittura creati ex nihilo!) dall’uso, non ne conosciamo alcuno. Peraltro, anche nel tempo moderno, non mancano scienziati di tutto rispetto che, soprattutto per l’antichità di molto maggiore di reperti di Ominidi, rispetto a quelli di scimmie antropomorfe, siano tornate all’ipotesi dei selvaggi Bornesi, di discendenza dell’Orango dall’Uomo.
Non intendo però, in questa mia rubrica ospitata da Rinascita, riassumere quanto già concluso da scienziati ben più autorevoli di me, e da me riassunto per i non-specialisti nel mio “La fandonia evoluzionista” (Ed. Comunitarie, Roma, 2011). Intendo solo, da cultore di zoologia, dissipare un ennesimo equivoco che inficia tutti i discorsi che si fanno.
L’Uomo non può essere confrontato con la Scimmia, per il semplice fatto che egli esiste in natura (costituendo una specie), mentre la scimmia non esiste. E’ soltanto il nome comune che si da a centinaia di specie, raggruppate nella sottoclasse dei Primati, ordine dei Pithecia, dove compongono i due sottordini Catarrhina e Platyrrina (scimmie del vecchio e del nuovo mondo). Esse non possono certo incrociarsi tra loro, dando luogo ad ibridi fecondi, come si pretende da una specie, per convenzione tassonomica generalizzata. A parte l’obbiettiva impossibilità per un Leontocebus (scimmietta amazzonica di 200 grammi scarsi) o di qualsiasi altro Callitrichide, per coprire una Gorilla di 80 chili. Impotentia coeundi ed impotentia generandi, giurabbacco! Ci possiamo giurare che, se Darwin, anzichè un Britanno, fosse stato un indio Campa o Jivaro, di cercarsi l’antenato tra quei ciuffetti di pelo non gli sarebbe mai venuto l’uzzolo.
Ma le scimmiette americane sono anche dette platirrhine, e cioè a muso tondo, come il nostro, a differenza delle catarrhine (e cioè a muso di cane), come le nostre farneticate antenate! Quindi, i casi sono due: o sconfessiamo la classificazione che ci fa porre gli Orang-utan accanto ai Cebidi e ai Callitrichidi sudamericani, o la piantiamo una buona volta di bisticciare sull’Uomo e sulla scimmia!
Vi sono, mi sembra, ben altre gravi e urgenti questioni su cui macerare i nostri limitati cerebri.
L?uomo e la scimmia | Analisi | Rinascita.eu - Quotidiano di Sinistra Nazionale