Non esistono in Italia molti libri sulla cultura di destra e chi se ne occupa generalmente è un intellettuale di sinistra col dente avvelenato.
Tra le varie opere in questione uscì nell'ormai lontano 1996 un libriccino supereconomico della Newton Compton, a firma di Michele Prospero, intitolato "Il pensiero politico della destra".
Il primo capitoletto, intitolato: "Cos'è la destra", si apre così:
"Il concetto di destra racchiude i più diversi significati. Una versione debole comprende posizioni politiche conservatrici. I governi di destra in Europa perseguono l'obiettivo di uno Stato minimo, con pochi diritti sociali, ma senza evocare scorciatoie autoritarie. Una accezione forte di destra coinvolge i movimenti radicali più o meno collegati alle esperienze dei fascismi che, rispetto alle forme della democrazia, nutrono invece ostilità culturali profonde, peraltro quasi mai occultate. La destra di governo di stampo europeo è del tutto organica alla tradizione politica della liberaldemocrazia, anche se ne incarna una versione più ovattata e angusta. La destra radicale costituisce invece un caso di contestazione della democrazia e della libertà dei moderni. Per questo destra radicale e destra di governo non possono essere confuse tra loro".
A questo punto il lettore, conscio di aver comprato un volumetto sulla destra si aspetterà di leggere qualcosa sulla citata "destra di governo", ovvero la destra sic et simpliciter, distinta da quella estrema. Ed invece il libro non si cura minimamente del pensiero conservatore ed affronta di petto l'evoluzione del radicalismo di destra e le sue implicazioni col fascismo, senza le quali l'intero impianto accusatorio dell'opera in questione andrebbe a farsi friggere.
In quanto sulla "versione più ovattata e angusta" della liberaldemocrazia", ovvero il conservatorismo, non val la pena scriverci un libro, basta una frase perentoria che ne denota tutta l'insignificanza politica e culturale. La destra radicale, al contrario, viene degnata dalla sinistra intellettuale dello status di "degno" nemico anche perchè, come si vedrà, numerose sono le zone di contiguità tra i rossi e i neri.
Questo bignami del pensiero della destra (più o meno radicale) include le seguenti figure:
De Maistre
I controrivoluzionari
Rosmini
Schopenhauer
Nietzsche
Croce
Pareto
Mosca
D'Annunzio
Gentile
Mann
Spengler
Heidegger
Juenger
Schmitt
Evola
Eliade
Del Noce
De Benoist
Fisichella
Finita l'agile lettura, due le cose che balzano immediatamente all'attenzione. La prima è che le pagine più importanti sono spese per tre autori - Schopenhauer, Nietzsche e Heidegger - la cui appartenenza alla destra culturale l'autore considera dubbia. La seconda, invece, riguarda la curiosa presenza in questo parterre di antidemocratici di un Del Noce e di un Fisichella, dovute soltanto al proposito di criminalizzazione di una Alleanza Nazionale allora non già beatificata dal politically correct finiano.
Ad ogni modo, tranne Del Noce, Fisichella e magari Rosmini e Croce, di pensiero conservatore in questo libro non c'è traccia. Come non ce n'è in praticamente nessuna opera italiana sulla destra, che per continuare ad essere additata a "male assoluto" deve necessariamente avere implicazioni fasciste o reazionarie.
Questa propaganda della sinistra volta a sottolineare l'equazione: destra vera=destra radicale ha fatto sì che nella stessa destra postfascista ci si identificasse con questo pantheon culturale e che l'unica possibilità di superarlo fosse in direzione di un pensiero anarcoide che trascendesse la stessa dicotomia destra/sinistra.
E' questo il caso della famosa Nouvelle droite, che ha scelto di accettare la democrazia di Rousseau facendosi beffe del liberalismo di Locke ed ignorando il conservatorismo di Burke. Balzando dal carro fascista ad un generico federalismo europista, terzomondista e antiamericano, libertario e illiberale al tempo stesso, il postfascismo ha voltato pagina scegliendo di collocarsi sul versante sinistro dello spetto politico contemporaneo, pur mantenendo suo malgrado una formale appartenenza allo schieramento di destra.
Il risultato di questa evoluzione è la distanza che permane tra la sedicente "destra" e un pensiero conservatore che in Italia per esistere si deve spesso mimetizzare al centro.
1 - continua