Doppio turno, albo elettori e firme
Tutte le regole Pd per le primarie
ROMA - Doppio turno e albo degli elettori consultabile; campagna all'insegna della sobrietà; sottoscrizione di un manifesto dell'Alleanza. Sono alcuni dei punti del documento sulle regole approvati oggi all'assemblea del Pd 1. Eccole in estrema sintesi:
Manifesto. Ciascun candidato alle primarie sottoscrive un impegno a rispettarne l'esito e a collaborare con il candidato premier e dichiara di riconoscersi nel Manifesto dell'Alleanza, definito al tavolo della coalizione.
Meccanismo di voto. Al fine di individuare il candidato premier "più rappresentativo e unificante e di garantirgli la più forte legittimazione democratica, qualora nessun candidato raggiunga al primo turno il 50% più uno dei voti, è previsto un turno di ballottaggio tra i primi due candidati, da svolgersi a una settimana di distanza dal primo turno".
Elettori. Possono partecipare le elettrici e gli elettori che dichiarano di riconoscersi nel manifesto politico dell'Alleanza. L'iscrizione all'Albo potrà avvenire da tre settimane prima delle primarie fino al giorno del voto. Il responsabile organizzazione del Pd, Nico Stumpo, specifica che le iscrizioni si fermano al primo turno, cioè un elettore non può votare solo al secondo turno se non si è iscritto al primo. Si potrà fare eccezione - ha spiegato Enrico Letta - solo in alcuni casi, che saranno stabiliti al tavolo della coalizione.
Albo. L'albo di chi ha votato alle primarie sarà uno "strumento effettivo di consultazione" per le elezioni.
Sobrietà. La campagna delle primarie dovrà "ispirarsi a criteri di sobrietà (spese sostenute comprese), trasparenza e rispetto reciproco tra i candidati".
Firme per i candidati. I candidati alle primarie iscritti al Pd a parte il segretario (come Matteo Renzi o Laura Puppato) dovranno avere una sottoscrizione di almeno il 10% dei componenti dell'assemblea o almeno il 3% degli iscritti. Le candidature vanno presentate alla presidenza entro il 15 ottobre.
(06 ottobre 2012)
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Assemblea Pd, Bersani evita la rottura
Statuto cambiato, via libera a Renzi
Il segretario del Pd chiede all'Assemblea nazionale riunita all'hotel Ergife di Roma di mantenere l'unità e ottiene il ritiro degli emendamenti "sgraditi" al sindaco di Firenze. Al leader Pd il mandato per trattare le regole con i partiti alleati. Casini: "Niente alleanze con chi va con Sel e Idv"
di MARCO BRACCONI
ROMA - Non è stata un "ring" l'Assemblea nazionale del Pd e nemmeno uno "psicodramma", come si era preannunciato. "Un capolavoro di democrazia", la definisce alla fine il segretario Pier Luigi Bersani, soddisfatto del risultato ottenuto. Il documento sulle regole per le votazioni alle primarie è stato votato all'unanimità, dopo la richiesta del segretario di ritirare alcuni emendamenti sgraditi a Renzi. E l'assise Pd riunita all'Ergife di Roma - accolta dalle sagome di cartone di Bersani e Renzi messe all'entrata dell'hotel dai giovani del gruppo "Occupy primarie" 1 vicino a Pippo Civati - ha approvato anche la deroga allo Statuto per consentire al sindaco di Firenze di correre per la premiership del centrosinistra.
Per passare, la riforma aveva bisogno della maggioranza assoluta dei 949 delegati, ossia 475 voti. I sì sono stati 575, 8 i no e un delegato si è astenuto. I delegati registrati erano infatti 612, un numero più che sufficiente a garantire la legalità delle votazioni.
Il Pd ha trovato dunque la pace interna e ha dato mandato a Bersani di trattare al tavolo della coalizione le regole per definire la partecipazione dei cittadini alle primarie e il manifesto politico delle alleanze. Quanto alla candidatura del sindaco di Firenze, la sospensione dell'articolo 18 dello Statuto - secondo cui il segretario del Pd è il candidato premier di diritto - consente al "rottamatore" di mettersi in gioco.
"Mi fido di Bersani", aveva detto questa mattina il grande assente Renzi dalla Puglia, dove sta proseguendo con il suo camper il tour per la premiership. E la mancata presenza del sindaco di Firenze all'Assemblea è stata oggetto di aspre critiche da parte dei delegati, non solo nei corridoi, ma anche sul palco dell'assise, dove Franco Marini lo ha duramente attaccato: "Non essere qui è qualcosa che non possiamo passare sotto silenzio - ha detto - è un atteggiamento rispetto al partito che non può essere accettato".
L'unico momento di tensione si è verificato nella cosiddetta "area-camper", ossia lo spazio dove si erano riuniti i delegati vicini al sindaco di Firenze guidati da Roberto Reggi, dopo la presentazione di un emendamento restrittivo, proveniente, secondo fonti bene informate, dall'area Bindi-Marini. L'emendamento, che rischiava di far saltare l'accordo tra bersaniani e renziani, chiedeva la preregistrazione degli elettori in un posto diverso dai gazebo. Ma Bersani, nella sua replica alla fine degli interventi, ne ha ottenuto il ritiro.
Nel suo discorso introduttivo, Bersani ha parlato da candidato premier, affrontando temi come la crisi, la moralizzazione della politica: "Siamo la bussola dell'Italia - ha detto alla platea - senza il Pd non c'è alcuna possibilità di mettere ordine nelle prospettive del Paese". Nella seconda parte del suo intervento, invece, il segretario ha affrontato la questione delle regole e ha inviato un messaggio chiaro a Renzi, che aveva il sapore di una sfida, più che di una mano tesa: "L'unica regola che si cambia è anche la più importante, ossia la modifica dello statuto per consentire ad altri candidati di partecipare alla corsa per la premiership. Ed è questa la vera apertura". Concetto ribadito anche nella replica, quando ha chiesto il ritiro dell'emendamento della discordia: "I documenti presentati parlano già abbastanza chiaro, vogliamo discuterne in coalizione. Il mio consiglio è fermarci lì".
Alle candidature di Bersani, Renzi, Laura Puppato - capogruppo Pd alla Regione Veneto e unica donna in corsa- e Bruno Tabacci, si è aggiunta a sopresa anche quella di Valdo Spini.
A guastare la festa al Pd arrivano però in serata le parole del leader Udc, Pierferdinando Casini, che avverte: "Parlare di una alleanza moderati-progressisti e stringere un'alleanza come si sta facendo nel Lazio con Vendola e Di Pietro, è certo la tomba di ogni rapporto con i moderati, non ci può essere un futuro in cui si può costruire qualcosa del genere".
(06 ottobre 2012)