da: Liberismo e antiliberismo
Liberismo e antiliberismo
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Alla luce dei cambiamenti nell'atteggiamento dei governi mondiali rispetto all'ultraliberismo imperante nell'ultimo ventennio, quello decantato dai seguaci dell’economista americano Milton Friedman per intenderci, e alla luce del fallimento del cosiddetto movimento "no global" (in realtà sempre più “new global”), ormai ridotto alla caricatura di se stesso, anche l’area non conforme dovrebbe ripensare la priorità che l'antiliberismo occupa nel suo "arsenale ideologico.
Non nel senso, si badi, che si debba diventare liberisti o abbandonare l'antiliberismo, ma nel senso che, in questo momento, sarebbe limitativo e politicamente improduttivo fare dell'antiliberismo l'elemento fondante della nostra politica, come sarebbe errato considerare un alleato politico a priori chi fa professione di antiliberismo.
Oramai, nel 2009, “antiliberisti” lo sono tutti, anche gli USA di Obama, il Regno Unito di Brown e la Germania della Merkel, e non solo con le parole ma anche con fatti clamorosi, come dimostrano le nazionalizzazioni di banche e industrie e i mastodontici piani di salvataggio statale che fino a pochi anni fa avrebbero fatto gridare al ritorno dell'economia pianificata.
In altre parole, essere solamente degli antiliberisti poteva essere (o apparire) rivoluzionario e d'avanguardia una decina di anni fa, quando iniziavano le manifestazioni del "popolo di Seattle" contro il WTO e il G8, ma oggi mi pare che dichiararsi "alternativi al sistema" solamente in quanto "antiliberisti" stia diventando quasi un anacronismo.
Il 1989 ha chiuso il ciclo del comunismo realizzato ma ha aperto le porte all'ultraliberismo friedmaniano.
Il 2008/2009 sembra aver chiuso il ciclo dell'ultraliberismo, ma non è detto che questo crollo non (ri-)porti in auge proposte ancora peggiori del sovietismo e del liberismo friedmaniano.
Penso alle proposte per lo "stato sociale globale" teorizzato da un Zygmunt Baumann (intervista sull'ultimo MicroMega), un'ipotesi di sistema economico e di welfare centralizzato globale basato non più sulle Nazioni, fino ad ora l'oggetto del welfare state, ma sugli astratti Individui presi come cittadini del Mondo e tolti da ogni contesto etnico, cuturale e religioso.
Non è affatto detto che un mondialismo keynesiano-welfarista sia migliore di quello liberista; si potrebbe dire tutt'altro anzi, visto che tale ordine si sposerebbe anche meglio con il dogma egalitarista, vero elemento fondante di ogni ideologia mondialista.
La vera alternativa radicale oggi non può essere costituita solo dall'antiliberismo, visto che antiliberisti sono anche i vari Baumann, gli Habermas e gli ambienti attorno al "roosveltiano" Obama.
La vera battaglia è oggi quella per difendere la diversità etnica e culturale del mondo, unica base possibile (e concreta) per poter costruire una vera resistenza contro ogni tipo di mondialismo egalitarista, sia esso di matrice marxista, ultraliberista o keynesiana-welfarista.