Un'analisi indipendente sul leghismo, le ragioni del successo elettorale e le prospettive future. Lega sindacato del Nord, Lega partito laburista padano...
A quanto scritto tra le ragioni della crescita del Carroccio aggiungere l'ottimo lavoro dei sindaci leghisti: preparati e spesso molto giovani nonostante lunghe militanze, riescono a dare direttamente sul territorio risposte concrete ai bisogni dei cittadini: i nuovi sindaci leghisti vincono e convincono!
LEGA NORD. Un partito alla costruzione di un proprio popolo
Scritto da Enzo Risso
Lun 06 Luglio 2009
IL “PARTITO DEL NORD” prende forma. Quello che fino a pochi anni fa era solo uno slogan su cui fare campagna elettorale, sta prendendo corpo. La Lega, negli ultimi anni, ha vissuto non solo un semplice ampliamento del proprio elettorato, ma sembra avviata, almeno in alcune realtà come il Veneto, a strutturare un proprio popolo, un vero e proprio blocco sociale di riferimento.
I numeri degli ultimi 5 anni sembrano confermare questa tendenza.
Nel 2004 la Lega superava solo in Lombardia e Veneto il 10% dei voti (13,8 in Lombardia e 14,4 in Veneto), oggi si presenta con un dato a due cifre in Piemonte (15,7), in Emilia-Romagna (11,1), in Friuli Venezia Giulia (17,5), mentre ha raddoppiato i voti in Liguria (dal 4,1 del 2004 al 9,9 del 2009) e li ha quasi triplicati in Trentino Alto Adige (dal 3,5 del 2004 al 9,9 del 2009).
Il cambio di peso è proseguito anche nelle due regioni storiche. In Lombardia la crescita è stata di quasi 9 punti (dal 13,8 al 22,7), mentre in Veneto i voti sono nettamente raddoppiati, passando dal 14,1 al 28,4.
Il Veneto appare il vero apripista dell’evoluzione leghista. Le proiezioni per le prossime elezioni regionali, non a caso, parlano di una Lega che potrebbe salire fino al 33-35% dei consensi. In questa regione il partito di Bossi sta mutando le forme e i confini del proprio radicamento politico-sociale e si trova a dover affrontare i problemi di consolidamento e rappresentazione di un nuovo blocco sociale di riferimento. Si trova a dover dialogare con l’intero tessuto locale e ad assumere la prospettiva di un vero partito popolare di massa.
Il mutamento la Lega lo sta vivendo in tutto il Nord. È una metamorfosi complessa che porta con sé alcune sfide strategiche, articolate in modo differente nelle diverse regioni, ma tutte annodate lungo 5 fili conduttori.
1- Il centro delle sfide, per questo partito, sembra essere la possibilità, la capacità (e la volontà) di consolidare un nuovo blocco sociale.
Si è parlato, in queste settimane, di una sorta di sfida laburista per il partito di Bossi. In realtà il tema è più ampio: è la sfida del partito popolare di massa.
La Lega, da soggetto politico e interprete della protesta del Nord, da entità politica con un forte profilo identitario costruito (una tradizione inventata: dall’ampolla ai raduni padani in costume), da attore-interprete di alcuni valori e bisogni di un Nord produttivo ma arrabbiato, stufo e rancoroso, si trova oggi nella fase in cui deve passare dal rappresentare una minoranza sociale, a quello di incarnare le esigenze di una complessità sociale, di una massa composita e molteplice (nei bisogni e nei fini).
Deve divenire, se vuole mantenere e ampliare la propria forza, un’aggregazione in cui si ritrovano e riconoscono molteplici strati sociali, da quelli del lavoro a quelli dall’universo della piccola impresa, dai soggetti in difficoltà economica fino alle fasce deboli della società, al ceto medio territoriale, dai giovani alle casalinghe, ai pensionati. Il nuovo blocco sociale di riferimento per la Lega non può più essere la fascia della protesta o della delusione degli altri, ma deve transitare, senza perdere il suo zoccolo duro, verso un blocco composito, sempre più spostato lungo l’asse popolare, della rappresentazione molteplice delle differenze e delle esigenze sociali. Certo, in questo processo di riposizionamento, è strategica la capacità di allineare la propria politica sui bisogni espressi dai soggetti in difficoltà economica e dagli strati sociali del lavoro e del precariato.
2- Una seconda sfida è quella dell’ampliamento dei punti di riferimento programmatici identificatori.
Il successo elettorale della Lega e l’ampliamento dei consensi, in questi ultimi tre anni, è stato garantito dalla capacità politica di rispondere alle istanze sicurtarie, ai bisogni di autonomia e alle apprensioni generate dal flusso migratorio. La doppia filosofia dell’incertezza e della autonomia autentica hanno delineato il profilo attuale del partito bossiano.
Oggi, il processo di consolidamento di quanto ottenuto e quello di un ulteriore ampliamento elettorale, impone un’estensione di sguardo programmatico che, senza abbandonare le istanze fin qui rappresentate, sia in grado di intercettare le altre esigenze che emergono dalla società italiana.
La nuova sfida si gioca sulla capacità di rispondere alle attese e alle speranze, nonché ai bisogni di difesa, che arrivano dal mondo del lavoro, da quello del precariato, delle nuove povertà, dai giovani, ma anche dal processo di de-cetomedizzazione della società. Vuol dire imparare a parlare con l’universo dei pensionati e con le casalinghe, con il mondo femminile e con quello dell’alta produzione e qualificazione professionale.
Il partito del Nord, per essere tale, deve produrre visioni, gestire speranze e non solo tutele, parlare di futuro per il Paese e non solo di forme di difesa. Un ampliamento del quadro politico che porta con sé la dimensione della capacità strategica di progettare il nuovo, di pensare allo sviluppo del Paese e del sistema Italia (e non solo locale), di dar forma complessiva a un nuovo modo di far politica: diretta, onesta, calda, concreta, realista ed efficace.
3- Lungo questo percorso di consolidamento del blocco sociale di riferimento e di innovazione politico-programmatica, il partito di Bossi dovrà fare i conti con il berlusconismo e nella fattispecie gestire il rischio dell’abbraccio stretto con le sorti del leader della Pdl.
La sfida con l’alleato è, per la Lega, quella più insidiosa. Su questo fronte la Lega appare come un trapezista che cammina sul filo, con sotto il vuoto e l’assenza di una rete di salvataggio.
Il partito di Bossi, in questi anni, ha saputo raccogliere la fiducia all’interno di un Paese smarrito, che ha perso fiducia nelle capacità politiche della sinistra, che valuta la politica dell’opposizione come inconcludente e che, in parte, inizia ad avvertite come stretta e affaticata l’offerta berlusconiana.
Ciò pone al gruppo dirigente leghista una duplice sfida: da un lato la necessità di assumere un profilo politico totale, capace di dialogare con le più ampie fasce elettorali nazionali (specie quelle più deboli e in tachicardia economica e sociale), attualmente presenti tra le fila del centrodestra e del centrosinistra; dall’altro lato, non potrà distaccarsi facilmente dal ruolo di sostengo e puntello (ma anche ago della bilancia) del nuovo centrodestra. In questa specie di convergenze parallele politico programmatiche, la Lega si troverà a cercare di evitare un eccesso di abbraccio e identificazione con il berlusconismo. Il gruppo di Pontida deve ricordare sempre il famoso assioma confuciano e la possibilità che Berlusconi lo metta in atto: “Quando non sei in grado di combattere, devi abbracciare il tuo nemico. Se ha le braccia intorno a te, non può puntarti contro il fucile”. Le difficoltà interne, di ruolo politico e immagine, con cui deve fare i conti Berlusconi, che oggi lo portano in una sorta di “isolamento del re” non solo rispetto l’establishment nazionale, ma anche nei confronti del gruppo dirigente del Pdl, potrebbero spingere il premier a far leva sempre di più sulla Lega, in una sorta di abbraccio salvifico e di potenza per lui, ma che, sul lungo periodo, potrebbe rendere inefficace e debole il “fuoco” identitario e politico leghista.
4- La quarta sfida che sembra dover affrontare la Lega, è quella di dare gambe e forme al dichiarato “altro modo di fare politica”, producendo una reale nuova classe dirigente politico-partitica.
È la sfida della politica del fare contro le luccicanti stelline del nuovismo. Rottura degli schemi del politichese. Chiarezza, capacità di essere diretti e efficaci. Determinazione e concretezza. Innovazione e legame costante con le istanze che emergono dalla società. Politiche sicurtarie e senso di autonomia di persone e territori: sono tutti i tratti del modo di far politica leghista che hanno determinato il successo di oggi.
Il cambio che ha di fronte a sé il gruppo legista, l’esigenza di solidificare e dialogare con il nuovo blocco sociale, implica un ulteriore mutamento d’azione politica.
Ai fattori che hanno già decretato il successo del modello leghista, occorre aggiungere una iniezione di capacità di guida, di prospettiva, di sogno, di visione. Se la Lega ha costruito, in questi anni, il proprio insediamento sociale attraverso le opzioni di contrasto e antitesi verso i fattori degenerativi della contemporaneità globalizzata, oggi, il percorso di solidificazione del nuovo blocco (la sua trasformazione reale in popolo), implica l’innovazione del modello politico. Un ampliamento di prospettiva e angolatura capace di collegare la parte protestataria e dirompente della proposta politica leghista, con una nuova offerta proiettiva, in grado di consolidare intorno a questo partito, nuove visioni sociali dell’Italia e del suo futuro.
Ciò implica un mutamento nei temi (e non dei registri politico-comunicativi) e la crescita di una nuova classe dirigente, la quale, continuando a fare perno intorno a Umberto Bossi, sappia incarnare le istanze e lo stile del cambiamento. Implica la capacità di essere, al contempo, una proposta politica concreta ed efficace, rispetto all’incedere claudicante del centrosinistra e una proposta popolare, calda e verace, rispetto all’entità un po’ di plastica, iperpesonalizzata e attraversata da mille interessi del Pdl.
Il mutamento di blocco sociale e la definizione di una nuova strategia politica, comporta, per la Lega, la necessità di fare i conti con issue forti quali quelle dell’onestà, della politica dell’interesse della gente, della lotta alla precarizzazione esistenziale, del nuovo sviluppo eco-ambientale, della semplicità e concretezza dell’agire politico, del rifiuto dell’immagine della casta e della gestione del potere, della facilità di contatto e relazione, dell’attenzione al proprio territorio, della difesa dei ceti in difficoltà.
5- Infine, ultima sfida, è quella di gestire il mutamento della geografia politica interna alla Lega posto dal nuovo assetto elettorale.
Con queste elezioni è mutata la geografia politica leghista.
Siamo passati da un partito che trovava nell’asse Lombardo-Veneto (con il sovrappeso lombardo) la propria forza, a un partito reale del Nord.
Una evoluzione che incontra, in primo luogo, il nuovo ruolo del Veneto, affiancato dalla solidificazione di altri territori come il Piemonte, il Friuli Venezia Giulia, ma anche l’Emilia-Romagna. Il cambio di profilo ha almeno due implicazioni.
La prima di gruppo dirigente, con il suo ulteriore ampliamento e la capacità di rappresentare, in un reale spirito federalista, le diverse anime e sensibilità politiche del nuovo universo leghista. La seconda di strategia diversificata per ogni regione. Proviamo, senza alcuna volontà esaustiva, ad analizzarle.
Per il Veneto la strada è quella di diventare il nuovo partito di massa, capace di esercitare il ruolo guida della giunta regionale. Differente, ma non meno importante, è il Piemonte.
È la regione in cui gli spazi per il partito leghista appaiono maggiori e le ipotesi di crescita possono procedere abbastanza velocemente. Il Piemonte è la realtà in cui, forse, con un candidato leghista per le regionali, si potrebbe determinare il salto di qualità e di radicamento della Lega.
Più difficile appare la cassa di espansione in Lombardia.
In questa regione il doppio peso del berlusconismo e della cassa di manovra della compagnia delle opere rende lo spazio leghista più limitato e di lenta e faticosa implementazione.
Il quadro emiliano, invece, si presenta non solo come un processo di assalto al “cuore rosso” indebolito, ma soprattutto di proiezione sulle basi elettorali incerte e melliflue del centrodestra. È un processo di rimotivazione di quanti, pur lontani e distaccati dal sistema politico emiliano, non trovano reale risposta nell’offerta del Pdl.
In questa realtà il profilo leghista sembra poter crescere sotto l’ala di una identità dal marcato profilo di partito popolare e antisistema. Il quadro espansivo coinvolge anche regioni come il Friuli Venezia Giulia, la Liguria, ma anche la stessa rossa Toscana. Se nella prima regione il consolidamento sembra destinato a marciare, come nel caso del Piemonte, dal piccolo al grande centro, nelle altre due regioni, Liguria e Toscana, il terreno appare più duro da arare. Scritto da Enzo Risso (da postpoll.it)
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