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dedelind
02/11/2012 - Altri due anni di proroga dal governo. Seicento milioni di spesa a carico nostro
Stapperanno bottiglie di champagne, dalle loro parti. Dopo l’annuncio dello stop alla costruzione del Ponte il governo Monti con una nota di poche righe ha ridato fiato fiato alla società Stretto di Messina spa, che da oltre trent’anni tenta di collegare Calabria e Sicilia solo sulla carta. Scrive Antonio Fraschilla su Repubblica:
«Il Consiglio dei ministri ha deciso di prorogare, per un periodo complessivo di circa 2 anni, i termini per l’approvazione del progetto definitivo del Ponte al fine di verificarne la fattibilità tecnica e la sussistenza delle effettive condizioni di bancabilità». In sintesi, due anni ancora di lavoro per una cinquantina di dipendenti e amministratori di una società che dal 1981 a oggi è costata già 300 milioni di euro, e altri 300 milioni ne dovrà sborsare per le penali maturate tra opere realizzate e mancati guadagni per il consorzio d’imprese guidato dalla Impregilo. In totale 600 milioni, 1.200 miliardi delle vecchie lire: il costo che alla fine degli anni Sessanta stimava l’Eni per fare un tunnel sotterraneo tra Villa San Giovanni e Messina. Il Ponte è già costato di più, ma non una pietra è stata posata.
Una società che esiste dal 1981:
Sono trascorsi trentuno anni filati e tra assunzioni, consulenze, mantenimento di sedi distaccate, gettoni agli amministratori e progettazioni riviste di anno in anno, sono stati spesi ad oggi 300 milioni di euro, secondo una stima fatta dall’Anas stessa. Un carrozzone che andrà avanti per almeno altri due anni, grazie alla decisione del governo Monti. Ieri è stato quindi un giorno di doppia festa per gli undici amministratori, che costano 443 mila euro lordi all’anno, 40 mila euro a testa, quasi tutti con incarichi in altre aziende. Come Guglielmo Rositani, che è anche consigliere della Rai, il presidente Giuseppe Zamberletti, che guida l’Igi, sigla che riunisce le principali aziende italiane nel settore edile, o il focoso generale dei carabinieri Antonio Pappalardo, che nel maggio scorso ha tentato la scalata al Comune di Palermo.
E possono dormire sonni tranquilli anche i 56 dipendenti, di cui 11 dirigenti:
Un numero, questo, cresciuto dal 2010 a oggi, nonostante l’Unione europea abbia dichiarato l’opera non più strategica. Per almeno altri ventiquattro mesi si spenderà di stipendi oltre 6 milioni di euro all’anno, che si sommeranno ai 4 milioni di euro per manutenzione e affitti. Chissà cosa faranno nei prossimi mesi i 53 dipendenti chiusi nei quattro piani della sede romana di via Marsala, che costa d’affitto 1,2 milioni di euro. Chissà cosa continueranno a fare i tre funzionari distaccati al fronte: cioè alla periferia di Messina, in un’altra sede che costa d’affitto 32 mila euro. «Questi due anni ci consentiranno di aprire al mercato la realizzazione del Ponte, verificando l’interesse d’investitori privati per non gettare tutto al macero», dicono dell’Anas.
La grande magnata del ponte sullo Stretto - Giornalettismo