Dicembre 1940, un mese catastrofico per gli italiani per le sorti della guerra: gli Italiani le prendono di santa ragione in Grecia tanto che a inizio dicembre 1940 il maresciallo Badoglio viene cacciato dal comando dello stato maggiore e minacciato di corte marziale, il suo omologo in Libia Maresciallo Graziani viene pesantemente battuto a Sidi el Barrani e gli italiani lasciano sul terreno 1000 cannoni e 130.000 prigionieri.
La situazione in Etiopia non è affatto tranquilla : dopo 3 anni di politica lungimirante e intelligente di pacificazione il Viceré Amedeo di Savoia duca d’Aosta è a un guado, il piu’ grave della sua vita: dopo la facile conquista della Somalia Britannica nell’agosto precedente egli si rende conto che tutt’intorno al paese che governa si prepara la riconquista da parte dei britannici:
l’ex imperatore Hailé Selassié è in marcia di avvicinamento e si trova in Sudan da dove sobilla le tribu’ del nord del paese a ribellarsi, gli inglesi stanno testando con delle teste di ponte la resistenza italiana in Somalia e preparano attachi dal Kenia e appare evidente che ormai non resta che resistere in una zona impervia del paese e che l’attaco britannico in grande stile è solo questione di giorni
Eppure Amedeo ha delle carte importanti a suo favore: è amato e ammirato da tutti, i soldati, gli indigeni (parla diverse lingue e dialetti e viaggia molto il paese in lungo e in largo per farsi conoscere), la sua politica è di pacificazione,ha a sua disposizione 200.000 soldati che sono solo in minima parte dei fanatici fascisti e che potrebbe isolare facilmente.
Questi fanatici fascisti sono creature del tronfio ministro delle colonie, Attilio Teruzzi, paragonabile a Starace: arrogante, pieno di medaglie, ignorante della situazione in Etiopia e pappagallo fedelissimo della retorica fascista, ma Teruzzi è in Italia.
Il giorno di natale del 1940 il generale Gustavo Pesenti (1878-1960), governatore della Somalia, compie un disperato tentativo : chiede udienza al Viceré Amedeo che si trova in ispezione in Somalia e gli chiede di intervenire per dare una svolta agli eventi che appaiono ineluttabili
“ritengo in perfetta buona fede e con profonda convinzione, nell’interesse esclusivo dell’Italia, stante le condizioni ben note a Vostra Altezza si aggravano ogni giorno di piu’e perchè ogni speranza di successo è ormai tramontata, di suggerire un atto audace e forse decisivo, quello d fare noi una pace separata coi britannici. Salveremo all’Italia l’Impero, che ci è costato tanto sangue e miliardie affretteremo la fine di questa guerra non sentita dagli italiani e tanto meno dagli indigeni.
Se, come è probabile, Roma sconfesserà Vostra Altezza, noi faremo la guerra al fascismo, l’Italia vi sarà grata di questa risoluzione e che vi innalza alla gloria di un Crlo Emanuele e di un Emanuele Filiberto”
Amedeo rispose “basta ! Meriteremmo di essere fucilati entrambi!, lei per le parole che ha pronunciato e io per averle ascoltate, Io un Savoia non tradiro’ mai il mio Re”
Il generale Pesenti venne quindi sollevato dall’incarico e spedito in tutta fretta in Italia, l’episodio di questo suo tentativo non venne riferito, ma il generale rimase senza incarichi fino alla fine della guerra (mori’ nel 1960 a 82 anni).
Inutile dire che fin qui è tutto verissimo, il colloquio ebbe veramente luogo quel giorno e in questi termini e il vicerè taglio’ corto sdegnato a questa proposta, dopo soli 5 mesi dovette arrendersi all'Amba lagi, dove fu fatto prigioniero, il 3 marzo 1942 mori' di tubercolosi militare e malaria in un ospedale di Nairobi, prigioniero di guerra degli inglesi