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ConteMax
Firme false, condannati tre burlandiani | Liguria | Genova | Il Secolo XIX
4 novembre 2012
Firme false, condannati tre burlandiani
Genova - Alla fine, qualcosa nella rete è rimasto. Nel senso che il polverone sulle firme taroccate per le Regionali 2010 - sollevato in prima battuta dal Secolo XIX e poi con un esposto dei Radicali alla Procura - si chiude con tre condanne (a carico di altrettanti promotori della lista “Noi con Burlando”, in sostegno dell’attuale governatore di centrosinistra), due rinvii a giudizio (per appartenenti all’Udc, che corse sempre in appoggio a Burlando), due assoluzioni e tre proscioglimenti.
A pagare, ancorché si tratti di figure locali, sono politici che soprattutto negli anni scorsi in città avevano guadagnato sovente le pagine dei giornali: Emanuele Guastavino - Pd, in passato presidente del consiglio comunale nel capoluogo ligure -, Marcello Danovaro - Pd, responsabile economico e capogruppo dei democratici a Tursi nell’ultimo periodo della giunta di Marta Vincenzi - e Clara Sterlick, Pd ed ex consigliere provinciale.
Sono condannati rispettivamente a 9 mesi e 20 giorni, 8 mesi, 1 mese e 10 giorni; per tutti il reato è di falso ideologico e le firme irregolari non molte. Tanto per fare un esempio, quelle «artefatte» contestate a Danovaro sono 17, 13 per la Sterlick. La pena è inoltre congelata grazie alla condizionale, che di fatto copre pure la «sospensione del diritto elettorale».
Per farla breve, ancorché ritenuti colpevoli in primo grado (avevano scelto d’essere processati con rito abbreviato, beneficiando quindi dell’automatico sconto d’un terzo) potranno votare alle politiche della prossima primavera, la prima tornata elettorale in calendario dopo la vicenda giudiziaria.
Seguiranno invece il processo con rito ordinario Daniele Biagioni (Udc), ex capogruppo in consiglio provinciale, e Umberto Lo Grasso (Idv), ex candidato per la presidenza del municipio Valpolcevera. Sono stati assolti in abbreviato Gianlorenzo Bruni (Udc), ex consigliere comunale a Genova, e Salvatore Muscarello (Udc).
Prosciolti - quindi archiviazione senza processo e udienze - Salvatore “Rino” Lecce (Pd), una vita nelle assemblee del Ponente prima del salto in consiglio comunale (fino al mandato di Marta Vincenzi), Arnaldo Buscaglia (Pd), un’autorità in materia di turismo per la sinistra moderata e Sonia Zarino (Pd), ex consigliere provinciale.
Sono stati assistiti da vari penalisti, tra i quali Stefano Pellegrini, Pietro Bogliolo, Mario Scopesi, Paolo Costa e Roberto Curcuruto. Secondo l’ipotesi del sostituto procuratore Sabrina Monteverde, solo in parte accolta dal giudice, molte delle firme apposte sui moduli per la presentazione delle liste di fatto erano state vergate dalla stessa mano, mentre altre erano autentiche ma siglate in assenza dell’ufficiale verificatore.
Il fascicolo aveva preso le mosse, dopo le denunce giornalistiche, da un esposto della lista Bonino-Pannella, esclusa dalla consultazione regionale proprio perché i candidati non erano riusciti a raccogliere il numero minimo di sottoscrizioni per prendere parte alle elezioni. Secondo Angelo Chiavarini, firmatario della (dettagliata) segnalazione, «scorrendo i moduli della lista “Casini Udc”, le firme apposte dai sottoscrittori appaiono vergate da poche mani; ovvero si ritrovano grafie che, a parere di coloro che hanno posto in essere i controlli, si ripetono con regolarità in più moduli».
Chiavarini era andato giù piuttosto pesante: «In molti casi, pare agli esaminatori che chi ha inserito le generalità dei sottoscrittori abbia poi anche firmato, ripetutamente, nello stesso modulo. Problemi simili - aveva concluso - anche se in misura minore, sono stati riscontrati per la lista “Noi con Burlando”».
Nell’esposto avevano indicato 44 moduli sospetti per la lista dell’Udc (in ciascun modulo sono contenute circa venti firme) e 33 per la “civica” che appoggiava Claudio Burlando. A distanza d’un paio d’anni - l’indagine fu avviata contestualmente alla presentazione formale delle firme - buona parte delle accuse è stata cancellata, data probabilmente l’esiguità di alcuni dei fatti contestati. Ma qualcosa di vero c’era. E le condanne ne sono con ogni probabilità una prova.