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  1. #1
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    Predefinito Poesie del Cattolicesimo integrale

    SONETTO CONTRO I MODERNISTI DI PADRE ALFONSO CASOLI S.J.
    ------------------------------------------------------------------------------

    MODERNISTA

    SIGNORI, IO SON CATTOLICO, MA SONO
    ANZITUTTO UN CATTOLICO MODERNO;
    TALE CIOè CHE DAL CATTIVO IL BUONO
    E IL VER DAL FALSO NELLA Fè DISCERNO.

    DI BIBBIA E VANGELO IO NON QUESTIONO;
    SI GUIDI OGNUN COL SENSO SUO INTERNO;
    E CERCHI D'AVER DE' FATTI SUOI PERDONO,
    BENCHè SIEN FOLE PURGATORIO E INFERNO.

    AMO LA CHIESA, MA VORREI VIA TOLTO
    INDICE E SANTO UFFIZIO, E ALTRETTANTO
    AMERò IL PAPA, SE DARAMMI ASCOLTO.

    CHè L'ISTRUIRLO è UFFICIO MIO: GLI è CHIARO.
    SONO CAVALIER DELLO SPIRITO SANTO
    DELL'ORDINE D'ANTONIO FOGAZZARO.

    ***

    MOLTO BELLO LO SPUNTO FINALE CONTRO ANTONIO FOGAZZARO, ROMANZIERE E CATTOLICO DA OPERETTA, EVOLUZIONISTA E MODERNISTA, RIFORMISTA E LIBERALE, DI CUI DUE ROMANZI ("IL SANTO" E "LEILA") FINIRONO ALL'INDICE DEI LIBRI PROIBITI.

  2. #2
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    Predefinito Riferimento: Poesie del Cattolicesimo integrale

    "IL FIDANZATO PROTESTANTE"
    -----------------------------------------------------------------------

    POESIA "ALLA BUONA" DI PADRE VITTORIO GENOVESI S.J.
    CONTRO I MATRIMONI MISTI


    BADA BENE, TERESA,
    NON CADER NE L'INSIDIA CHE T'è TESA:
    LASCIA QUEL ROMPICOLLO PROTESTANTE,
    CHE TI SEGUE SVENEVOLE E GALANTE.
    EGLI CHE SPREZZA DELLE NOZZE IL RITO
    ESSERE NON PUò LEGITTIMO MARITO.
    NON CREDERE A QUEL GRULLO, QUANDO DICE
    CHE TI FARà FELICE.
    SE T'INCAPRICCI, UN Dì CON ALTI LAI,
    INVANO, CREDI A ME, PROTESTERAI,
    CHE SULLA TERRA NON AVRAI PIù BENE
    E MORTA SOFFRIRAI LE ETERNE PENE.

    1949

  3. #3
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    Predefinito Riferimento: Poesie del Cattolicesimo integrale

    "LA CRAVATTA"
    --------------------------------------------------------------------------------

    POESIA CONTRO I SACERDOTI APOSTATI CHE SONO PASSATI NELLA Tetre spire DEL PROTESTANTESIMO DI PADRE VITTORIO GENOVESI S.J.


    GITTò A LE ORTICHE IL PROPRIO COLLARINO,
    DE LA SANTA MILIZIA INCLITO SEGNO:
    LA CASTITà DEI FORTI EBBE A DISDEGNO,
    COI CIACCHI SI ATTRUPPò DEL REO CALVINO.
    TRADì LA CHIESA CHE IL NUTRì BAMBINO
    E AL NEMICO PASSò, TRANSFUGA INDEGNO.
    DA STRANIERO DENARO EBBE SOSTEGNO.
    DE LA PATRIA E DE L'ANIME ASSASSINO.
    OR VA IMPETTITO A SPASSO CON LA DRUDA,
    E SOLLECITò D'ANIME SI INFINGE,
    QUASI A SOTTRARLE AD INFERNALE MUDA.
    MA LA CRAVATTA, CHE LA GOLA NUDA
    CON UN NODO SCORSOIO GLI RECINGE,
    TI DICE CHE HA IL CAPESTRO GIà DI GIUDA.

    1948

  4. #4
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    Predefinito Riferimento: Poesie del Cattolicesimo integrale

    "L'ESTREMO BACIO" DI DON FERRUCCIO CASALI
    --------------------------------------------------------------------------------

    UMANISSIMA POESIA IN MORTE DELLA MADRE DEL GIOVANE SACERDOTE, DOVE LA TRISTEZZA è TEMPERATA DALLA FEDE E DALLA SPERANZA CRISTIANA.


    SULLE BIANCHE TUE GOTE UN BACIO ARDENTE
    VOLEVA POSARE IL LABBRO MIO TREMANTE,
    MA ARCANA POSSA M'AVVINCEA LA MENTE
    E INVASO IL COR SENTIA DAL DUOL STRAZIANTE.

    LA FRONTE LE SFIORAI PALLENTE E CALMA
    COME UN MATTINO CHE TEME SERA,
    ERA SCOLPITO SU L'AMATA SALMA
    UN DUOL CHE OPPRIME, MA CHE DICE: SPERA!

    PURE SENTIA FLUIRE AMARO IL PIANTO
    E LE STILLE CADER QUAI BACI ARDENTI
    SOVRA QUEL FREDDO VOLTO AMATO TANTO
    E CHE ASCOLTAR PAREA I MIEI LAMENTI:

    ECCO, UNA MADRE PIù NON RIMANE
    CHE AL SEN MI SERRI E MI CONTENDA AL MALE,
    CHE DIVIDA CON ME L'ESTREMO PANE
    E MI CONFORTI NEL LANGUOR MORTALE!

    OH MADRE, NIUN PIù ADUNQUE NEL DOLORE
    M'ASSISTERò TERGENDO IL PIANTO MIO?
    PIù NON UDRò LA VOCE DEL TUO AMORE
    Nè PIù UN CONSIGLIO DAL TUO LABBRO PIO?

    SENZA DI TE FREDDA è ORAMAI LA VITA,
    CON TE DISPARE OGNI PROFUM DI VIOLE,
    M'APPAR LA TERRA SENZA DI TE SFINITA
    SIMILE A UNA TOMBA CUI NEGATO è IL SOLE.

    CHE UN BACIO, UN BACIO ANCORA SUL TUO VISO
    IMPRIMER POSSA ARDENTE, APPASSIONATO,
    CHE MI RICORDI OGNORA IL TUO SORRISO
    E QUANTO, QUANTO, O CARA M'HAI AMATO!......


    QUANDO RINVENNI, OH, VOLAI TOSTO AL LETTO
    PER RIBACIAR LA FREDDA SALMA ANCORA...
    MA PIù NON V'ERA! SOTTO UN ALTRO TETTO
    DORMìA, E IN ATTESA DI PIù LIETA AURORA.

    MA L'ALMA SUA TUTTOR M'ARRIDE IN CIELO
    ED ALEGGIARMI INTORNO AL COR LA SENTO
    QUANDO M'AVVOLGE DI TRISTEZZA IL VELO
    MENTRE SOSPIRA FRA I CIPRESSI IL VENTO!

    1910

  5. #5
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    Predefinito Riferimento: Poesie del Cattolicesimo integrale

    "Chi sono gli eretici" di Padre Vittorio Genovesi s.j
    ----------------------------------------------------------

    FACILI COMPONIMENTI DI PADRE GENOVESI CONTRO LA LIBERTà RELIGIOSA E CONTRO LA PROPAGAZIONE DEL PROTESTANTESIMO (DI CUI ULTIMA E PIù GROTTESCA VARIANTE, I "TESTIMONI DI GEOVA", STAVA FACENDO CAPOLINO IN QUEGLI ANNI IN ITALIA)
    ERA IL 1949, FELICEMENTE REGNANTE PAPA PIO XII.


    DA LOR FUGGITE SEMPRE, O FRATELLI,
    SON VERI LUPI, MONSTRANSI AGNELLI;
    CHIAMAR SI DEBBONO DEI GABBAMONDO,
    FALSI PROFETI VENUTI AL MONDO;
    SPARGONO SETTE, VIVENDO IN OZIO,
    E DI VOI FANNO TURPE NEGOZIO.
    SE MAI SI AGGIRINO A VOI DINTORNO,
    NEPPURE DITE LORO: "BUON GIORNO!"
    CHè L'UOMO ERETICO è UN PERVERTITO
    E DEE DA TUTTI ESSER FUGGITO.
    NON ASCOLTATE, SIA PUR DAL CIELO
    V'ANNUNZI UN ANGELO NUOVO VANGELO.
    CONTRO COSTORO, A DIOM RIBELLI,
    COME FE CRISTO, MANO AI FLAGELLI!!!

    GRIDIAMO LORO CON FIERO SDEGNO:
    LA VOSTRA AUDACIA GIà PASSA IL SEGNO!
    CI PREDICATE SOLO MENZOGNE,
    NON TOLLERIAMO TANTE VERGOGNE!
    VOI SIETE APOSTOLI SENZA MISSIONE,
    PROFETI SIETE SENZA VISIONE,
    SIETE DI SCANDALI SUSCITATORI,
    SIETE DI SCANDALI VOI SFRUTTATORI.
    NOI NON SAREMO COSì VIGLIACCHI,
    DA TOLLERARE PIù I VOSTRI ATTACCHI.
    IL VOSTRO DEMONE MAL VI CONSIGLIA,
    PERCHè CON L'ORO, NO, NON SI PIGLIA
    LA PATRIA NOSTRA; SAPPIAM MORIRE,
    MA LA COSCIENZA NON MAI TRADIRE.

  6. #6
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    Predefinito Riferimento: Poesie del Cattolicesimo integrale

    Ecco alcuni passaggi dello splendido poema "I vers de la mort", del frate cistercense Helinant de Froidmont, composto tra il 1194 e il 1197.

    Morte, con un solo colpo tu abbatti
    tanto il re nella sua torre
    che il povero sotto il suo tetto:
    tu di continuo vai errando, senza riposo,
    per incitare a suo tempo ciascuno
    a pagare a Dio quanto gli spetta.
    Morte, tu tieni rinserrata l'anima
    finché essa non abbia pagato quanto deve,
    senza scampo alcuno e senza sconto.
    Per questo è folle chi fa debiti sulla sua anima,
    perché essa non ha pegni da dare in garanzia
    dal momento che giunge nuda alla prova.

    Morte, hai ben stretto d'assedio il mondo,
    all'intorno da ogni parte:
    su tutti innalzi il tuo stendardo,
    e non trovi alcuno che ti risponda,
    né per forza, né per facondia,
    tanto è spaventevole il tuo aspetto.
    In tal guisa tu ci assalti:
    da presso, scagli macigni con la petriera,
    da lungi, minacci con la fionda.
    Tu poni in fondo ciò che sta innanzi
    perché per prima appresti la bara
    che ci si aspettava solo più tardi.

    Morte, dolce ai buoni, ai malvagi amara,
    con gli uni è prodiga, con gli altri avara,
    caccia alcuni, ed altri sfugge.
    Sovente fa in primo luogo cenno al giovane
    e prende il figlio prima del padre,
    e coglie il fiore innanzi al frutto,
    e colpisce il corpo prima che esso si sostenga,
    e toglie l'anima prima che essa si sdebiti,
    e la ferisce prima che sia preparata.
    La morte va come ladro di notte,
    e colui che è assopito nei piaceri,
    subitamente lo convoca per raderlo a suo modo.

    Morte, che a chiare lettere è scritta
    nel volto vecchio e ripugnante,
    ben si cela ai giovinetti,
    e maggiormente si diverte vicino a coloro
    che per orgoglio le dicono "vattene!".
    In quegli eleganti damerini
    che incedono fra cani e uccelli
    e fanno onore ai buoni bocconi
    e sono più ardenti d'una leccarda.
    Con questi la morte gioca di coltello,
    e fa loro indossare dei mantelli tali
    che per essi a mezzogiorno annotta.

    Morte, tutti siamo in attesa
    che tu ci richieda la tua rendita,
    ben forte ci hai legato i pugni:
    tu prendi nella sua giovinezza
    colui che, a vent'otto o a trenta,
    crede di essere nel suo tempo migliore.
    Allorchè più si orna e più si abbiglia,
    repentinamente lo pungi col tuo aculeo,
    che avvelena più di una tarantola.
    Per questo è giusto che ciascuno ti tema,
    perché da colui che è sottomesso ai piaceri del mondo
    l'anima si separa con grande dolore.

    Morte, in un'anima santa ed eletta,
    comunque sia la carne che la riveste, magra o pingue,
    non ha che un effimero potere:
    appena essa è uscita dal mondo, la dichiara libera.
    Per questo è saggio chi ora soddisfa i propri debiti,
    finché ha la possibilità di farlo;
    perché in un'anima priva di fede,
    che lasci vivere il proprio corpo senza leggi,
    la morte perpetuamente dimora...

    Che vale beltà, che vale ricchezza,
    che vale onore e che vale grandezza,
    dal momento che morte a suo capriccio
    fa pioggia o secco su di noi,
    dal momento che tutto essa ha in suo potere,
    ciò che si pregia e ciò che si disprezza?
    Chi ha deposto la paura della morte
    è quello che la morte maggiormente incita,
    ed è verso di lui che essa si dirige in primo luogo.
    un corpo ben nutrito, una carne delicata,
    si fanno camicia di vermi e di fuoco.
    Chi più insegue il piacere, maggiormente si ferisce.

    Morte prova, non ne dubito affatto,
    che altrettanto valgono poco e molto
    di ogni cosa che si disseca e muore
    morte mostra che tutto è nulla,
    e quanto inghiotte ghiottoneria,
    e quanto lussuria brama.
    Morte fa sì che il sant'uomo non pecchi,
    poiché non lo attira cosa alcuna
    che ella possa giungere a colpire...

    Morte è la rete che tutto imprigiona
    morte è la mano che tutto arranca
    e in suo possesso resta tutto ciò che afferra.
    Morte a tutti prepara un oscuro mantello
    e una coperta di semplice terra.
    Morte a tutti presta uguale servizio,
    morte porta alla luce ogni segreto,
    morte rende libero schiavo,
    morte asservisce pontefice e re,
    morte dà a ciascuno ciò che merita,
    morte rende al povero quant'egli perde
    morte strappa al ricco quant'egli ghermisce.

    Morte rende a ciascuno il suo diritto
    morte dà a tutti appropriata misura,
    morte pesa tutto con giusto peso,
    morte vendica ognuno dell'ingiustizia subita.
    Morte getta l'orgoglio a marcire,
    morte fa fallire la guerra ai sovrani,
    morte fa osservare leggi e decreti,
    morte fa abbandonare profitto ed usura,
    morte rende la bella vita aspra,
    morte alla zuppa e ai legumi
    dà il sapore del cibo gustoso
    nei chiostri ove si teme la lussuria.

    Morte rappacifica i litiganti,
    morte acquieta i gaudenti,
    morte pone termine ad ogni contesa,
    morte mette in croce ogni falso crociato,
    morte fa giustizia a tutti gli ingannati
    morte compone equamente ogni lite,
    morte separa rosa da spina,
    paglia da grano, crusca da farina,
    i vini schietti da quelli adulterati,
    morte vede attraverso ogni tenda e cortina,
    morte sola sa e indovina
    come ciascuno vada esattamente valutato.

    Morte è uno svergognato chi non ti teme,
    e più svergognato ancora chi altro non paventa
    se non che la vita gli venga meno:
    dovrà senza fallo terminare.
    E poco la terrà chi più la tiene stretta:
    ciò che l'uomo allunga, la morte tronca...

    Ah, Dio! Perché a tal punto si brama
    l'avvelenata gioia carnale,
    che tanto corrompe la nostra natura,
    e che ha così breve durata?
    Dopo, a tal prezzo si paga!
    Com'è malvagio quello stimolo
    che fa acquistare all'anima, ad usura,
    un'amarezza che in eterno dura
    per un piacere che subito svanisce.
    Vattene vizio! Fuggi lussuria!
    Di un cibo tanto caro, non ho desiderio:
    maggiormente amo la mia zuppa ed i miei legumi

  7. #7
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    Predefinito Riferimento: Poesie del Cattolicesimo integrale

    Son clericale e ne son fiero!

    Poiché la cricca dei liberali
    Ci ha dato il titolo di clericali,
    E' nostra gloria chiamarci tali.
    Come cattolici siam clericali.

    Fede incrollabile speranza e amore
    Noi abbiam tutti nel Creatore
    Che premia i buoni punisce i mali.
    Siam clericali, siam clericali.

    E pari fede speranza e amore
    Abbiamo unanimi nel Redentore
    Morto e risorto per noi mortali,
    Siam clericali, siam clericali.

    Umili servi pur di Maria
    Preghiam che il santo suo nome sia
    La conversione dei liberali,
    Conforto e speme dei clericali.

    E al Santo fabbro nostro patrono
    Da noi pur offresi il coro in dono
    Perché allontani gli odierni mali
    Dal sodalizio dei clericali.

    Vogliam il Papa indipendente.
    Vogliam da vincoli la Chiesa esente,
    Cioè dai vincoli dei liberali
    Nemici acerrimi dei clericali.

    A Dio e alla Patria sempre devoti
    Alziamo al Cielo fervidi voti,
    Perché la liberi dai liberali,
    Che la dissanguano. Siam clericali.

    Vogliam l'Italia libera e forte:
    Sappiam per essa sfidar la morte,
    Più pronti e alacri dei liberali.
    Siam clericali, siam clericali.

    Amiam le patrie istituzioni
    Senza massoniche applicazioni.
    Onde si valgono i liberali
    Per l'oppressione dei clericali.

    Odiam la lurida pornografia,
    E la satanica filosofia,
    Che fa gli uomini pari ai maiali.
    Siam clericali, siam clericali.

    Non temiam l'ira dei framassoni,
    L'odio e gli scherni dei mascalzoni,
    Che il nome usurpano di liberali
    Sol per combattere i clericali.

    Siam di carattere cessi l'insano
    Timor che appellasi rispetto umano
    Siamo cattolici. Vantiamoci tali.
    Come cattolici, siam clericali.

    Nobilitiamoci con buoni esempi.
    Facciam risplendere in faccia agli empi
    Con opre degne gli alti ideali,
    A cui s'ispirano i clericali.

    Con buone azioni e prece ardente
    Potrem rivolgere di Dio la mente
    A pro dei miseri e dei mortali,
    Che sempre osteggiano i clericali.

    Se non c'illude forse il desio,
    Vediam risorgere l'alba di Dio,
    Che mentre sfolgora i liberali,
    Il cor rinfranca dei clericali.

    Vedrem calmarsi la rea procella,
    Che di Pier agita la navicella
    Pel vento infesto dei liberali
    Contro la Chiesa e i clericali.

    Vedrem più bende cader dal ciglio:
    Subentrar l'ordine allo scompiglio:
    Men velenosi farsi gli strali
    Contro il pontefice e i clericali.

    E alla voce del Vaticano
    Vedrem l'antico spirito cristiano
    Destarsi, e i popoli farsi morali
    Giusta la prece dei clericali.

    E rinsavita la società
    Per lunga prova si accorgerà
    Che i ver filantropi, ver liberali
    Siam noi cattolici, noi clericali.

  8. #8
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    Predefinito Riferimento: Poesie del Cattolicesimo integrale

    Io all'inferno non ci voglio andare,
    perchè all'inferno non si fa che odiare;
    e invece questo mio povero cuore
    già vivere non può se non d'amore;
    amor del ciel, del sole e delle stelle,
    amor di tutte le creature belle;
    dei fratelli in terra pellegrini,
    e dei beati tra i fulgor divini;
    ma caldo amore sovra tutte le cose
    per lui che amando all'essere mi pose.

    Da quest'amore sconfinato e forte
    non mi separerà pure la morte;
    anzi la morte sarà il varco stretto
    per cui potrò arrivare al mio Diletto.
    E giunto fra le sue paterne braccia,
    ravviverò ques'umiliata faccia;
    sotto i suoi baci scorderò in eterno
    i tristi giorni del passato inverno;
    l'anima mia sotto la sua carezza
    gusterà tutta la celeste ebbrezza.

    Infelice chi perde un tal tesoro,
    per guadagnare poco argento e oro;
    chi per gusti sozzi d'un momento
    perde la fonte d'eternal contento;
    chi fa se stesso centro all'universo,
    mentr'egli è al mondo un atomo disperso.
    Fuori di Dio non c'è dolcezza e pace,
    non c'è fuori di Dio amor verace.
    IO, no, all'inferno non ci voglio andare,
    perchè all'inferno non si può più amare.

    Padre Alfonso Casoli S.J.

  9. #9
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    Predefinito Riferimento: Poesie del Cattolicesimo integrale

    BELLISSIMO APPELLO AD UN AMICO TRAVIATO, PREDA DI UNA PASSIONE MORTALE E DANNANTE. LA SINCERITà DELL'ACCENTO E LA SPONTANEITà DEL VERSO IMPRESSIONANO ANCHE OGGI...

    GUELFO NERO

    PUBBLICATA NELLA RACCOLTA DI POESIA CATTOLICA "ANTIVERISMO" (CALTAGIRONE, 1899)

    QUEL VOLTO CHE AD OGNUN LIETO MOSTRAVA
    L'ALMO CANDOR CHE TI POSAVA IN CORE,
    QUEL VOLTO SU CUI LIMPIDO BRILLAVA
    DELLA SPERANZA IL RAGGIO E DELL'AMORE

    OR DETURPATO IO VEGGIO. IL GUARDO UMILE
    S'è VOLTO IN TORVO, E BEN CHIARO RIVELA
    LA NEQUIZIA DEL COR CUI PIù NON CELA
    VANA APPARENZA O IPOCRISIA PIù VILE

    V'è LA BUFERA CHE NEL COR TI SPEZZA
    IL SEME ANTICO, I DILICATI AFFETTI,
    E IN SUA VECE TI GETTA AUDACE ASPREZZA,

    Vè, COME TRUCE LE TARTAREE PORTE
    SATANA SCHIUDE E CON SOGGHIGNO AMARO
    T'INVITA AL LOCO DELL'ETERNA MORTE!

    OH, PER AMOR DEL CIEL! SENTI L'AFFANNO
    D'UN SOL CHE T'AMA DI VERACE AMORE,
    E SE RICETTO ANCOR DENTRO IL TUO CORE
    TROVA ANCORA LA VOCE DI Chi MAI VUOL DANNO

    TORNA ALL'ABBRACCIO DEL TUO CREATORE:
    EGLI T'ASPETTA, E CON L'ARDENTE FACE
    DELL'ALMA FEDE, COL GODER VERACE
    INSIEME DARATI IL BACIO DELL'AMORE.

    CANDIDO ALLORA TI FIORIRà NEL PETTO
    IL PRIMO AMORE E LA VIRTù PRIMIERA
    NUOVO RITROVERà IN TUO COR RICETTO.

    MA SE T'AVVIGNE IL COR VILE TORPORE,
    SE ANCOR NON SENTI LA DOLENTE VOCE
    DI QUEI CHE T'AMA E DI CELESTE AMORE

    CHE PIù TI RESTA? IL SERPE CHE TI NUOCE
    CONSUMERà LA VITA CHE T'AVANZA
    CON IL MORSO CRUDEL CHE OGNOR TI COCE.

    CHE PIù TI RESTA IN SOFFERIR PIù ATROCE?
    IN Sì ORRENDA PRIGION? CHE PIù TI RESTA?
    PIANTO E DOLOR!...

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    Predefinito Riferimento: Poesie del Cattolicesimo integrale

    Roma immortale, di martiri e di santi;
    Roma immortale, accogli i nostri canti:
    Gloria nei cieli a Dio Nostro Signore,
    Pace ai fedeli di Cristo nell’amore.

    A Te veniamo, angelico pastore;
    In Te vediamo il Mite Redentore.
    Erede santo di vera e santa fede,
    conforto e vanto a chi combatte e crede.
    Non prevarranno la forza ed il terrore,
    ma regneranno la verità e l’amore.

    Salve, salve, o Roma!
    patria eterna di memorie,
    cantan le tue glorie
    mille palme e mille altari.

    Roma degli apostoli,
    Madre e guida dei redenti,
    Roma luce delle genti,
    Il mondo spera in te!

    Salve, salve o Roma!
    la tua luce non tramonta,
    vince l’odio e l’onta
    lo splendor di tua beltà.

    Roma degli apostoli,
    madre e guida dei redenti,
    Roma luce delle genti,
    il mondo spera in te!

    (L’Inno Pontificio fu composto da Charles Gounod in onore di Pio IX e fu eseguito per la prima volta l’11 aprile 1869, in occasione del giubileo sacerdotale del Papa.

    Per disposizione del Papa Pio XII, in occasione dell’Anno Santo del 1950, è diventato l’inno ufficiale Stato della Città del Vaticano. Il testo in lingua italiana è stato composto da Mons. Antonio Allegra nel 1949).

 

 
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