Periodo non facile per la ricerca storica a Terni. Dopo il convegno di Pietro Cappellari (Istituto storico Fondazione RSI) e del Centro Studi Nadir, il 4 giugno, il passato resistenziale del Ternano è stato posto sotto analisi e scandagliando documenti d’archivio, sono emerse circostanze e vicende ben poco onorevoli: ritorsioni e violenze dei partigiani ai danni di civili, come la giovanissima Iolanda Dobrilla, sedicenne violentata e fatta saltare in aria con una bomba a mano.
Ricerche che si affiancano alle pubblicazioni di Marcello Marcellini, l’avvocato locale che, negli ultimi due anni, ha dedicato tre volumi alla Brigata Garibaldina “Antonio Gramsci”, ricostruendo episodi dimenticati e ridimensionando gli eventi affrontati dalla storiografia di sinistra, negli ultimi 60 anni.
Alle proteste dell’ANPI, geloso custode di un’identità storico-politica che pare inviolabile, si aggiungono le intimidazioni e le minacce rivolte al Marcellini, il quale è stato oggetto anche di una scritta, a caratteri cubitali, sul muro della biblioteca comunale.
Di fronte a tali comportamenti parrebbe doveroso un intervento delle istituzioni locali, al fine di garantire la libertà e il rispetto per il lavoro di chiunque voglia affrontare lo studio del passato cittadino. Ma come nella serie televisiva Ai confini della realtà (poi fortunata pellicola di John Landis), si crea una situazione molto border line, con Sindaco, Assessore alla Cultura e Capogruppo di Rifondazione comunista in Regione che, anziché prendere le distanze da atteggiamenti poco civili, si scagliano pubblicamente contro il revisionismo, trattando la materia come qualcosa di strumentale ed infondato. Compiamo un breve excursus, per avere un’immagine più chiara della situazione. Nel mese di giugno Nadir e Cappellari rendono pubblici documenti dell’Archivio centrale di Stato del 1939, nei quali i futuri capi della formazione partigiana Antonio Gramsci compiono atto di sottomissione a Benito Mussolini, chiedendo la grazia per un arresto e una detenzione preventivi, in occasione della visita di Adolf Hitler in Italia. Sorpresi a distribuire un giornale clandestino, i dirigenti della cellula comunista che fa capo a Claudio Bracci finiscono dentro, per poi essere di lì a poco scarcerati per insufficienza di prove. Non solo atti di sottomissione tra le carte d’archivio, poiché da alcuni documenti emerge il proposito di divenire informatori della Questura e della polizia segreta. Nel volume di Mauro Canali e Sara Galli, Le spie del regime, (Mulino 2004), gli autori pubblicano in appendice un elenco fino ad allora inedito, contenente più di 600 nomi di informatori e delatori. Tra questi anche i futuri capi della Gramsci e poi del PCI ternano nel dopoguerra.
Verso la fine di agosto su Il Fondo di Miro Renzaglia, l’articolo Falsi storici. Quei fascisti fatti passare per partigiani denuncia la presenza di almeno quattro nomi di repubblichini sulla lapide dedicata ai caduti della Resistenza, affissa al muro di Palazzo Farini, pieno centro di Terni. Fucilati per errore dai tedeschi dopo una delazione a scopo di lucro, quei morti fascisti non furono rivendicati dalle famiglie, bensì ‘recuperati’ dai comunisti nel dopo guerra ed inseriti tra le vittime di guerra civili. Oltre a scolpire i loro nomi sul marmo, gli storici degli anni cinquanta li descrissero come fiancheggiatori dei partigiani. Peccato che, uno come Ugo Tavani, fosse tutt’altro che antifascista, essendo stato ufficiale medico della Guardia Nazionale Repubblicana e prefetto fascista di Leonessa (RI). “Furono i partigiani e i combattenti alleati che liberarono la nostra città dall’oppressione nazifascista e dagli orrori della guerra, e questo dato di fatto inoppugnabile nessun revisionismo storico più o meno attendibile e interessato potrà mai cancellarlo dalla nostra memoria condivisa”: questo dichiarava il sindaco di Terni Leopoldo di Girolamo il 13 giugno 2011, nel 67^ anniversario della liberazione della città, allontanando qualsiasi possibile forma di dissertazione storica su un evento sul quale ancora c’è molto da discutere, a partire dalle considerazioni degli inglesi dell’ VIII Armata che sottolinearono come la Gramsci fosse entrata a Terni solo alcuni giorni più tardi.
Poi l’estate e, a settembre, le novità non tardano ad arrivare, quando un’associazione di ex ultras locali denuncia il vilipendio ad una lapide sui monti di Polino. Ghiotta occasione per un nuovo attacco al revisionismo. Damiano Stufara, capo gruppo del Prc in Regione Umbria, così sentenzia:
(Vigilare) affinché non siano concessi luoghi o palazzi istituzionali alle manifestazioni delle associazioni che si richiamano all’ideologia fascista. [...] E a non rileggere il passato diversamente da quanto la storia ufficiale ha sancito.
La storia si tinge dunque di colore politico, con i revisionisti ‘neri’ da un lato e custodi della memoria (rossi) dall’altro. Una manovra mirante ad isolare l’opera di storici in buona fede tacciandoli di essere asserviti a logiche sporche, di partito o più semplicemente d’essere un circolo ristretto di accaniti ‘nostalgici’. Ma soprattutto una manovra col fine di isolare e mettere nell’angolo una pratica di ricerca scientifica “non adatta alle contingenze politiche”…


Falsi storici - Gendarmi della memoria. L?omertà ternana di fronte al proprio passato | Storia | Rinascita.eu - Quotidiano di Sinistra Nazionale