Originariamente Scritto da
Ringhio
L’intelligence russa trasforma Damasco in una trappola per ribelli
Al-Monitor 20 Dicembre 2012
Capolavoro tattico russo. L’armata del governo siriano, su consiglio dell’intelligence di Mosca, s’è finta debole e depauperata da diserzioni per attrarre i “ribelli” a tentare il colpo definitivo su Damasco. Poi ha assestato loro un colpo durissimo: centinaia di ribelli uccisi. La storia tanto propagandata dai media occidentali sull’imminente uso dei gas da parte del regime siriano faceva parte del trucco. I magazzini di armi strategiche erano stati svuotati, e le armi portate in luoghi più sicuri, come se il regime temesse potessero cadere in mano ai ribelli. Lo spionaggio americano ed israeliano, satellitare, ci è cascato.
Fin dall’inizio della seconda tornata dell’operazione Invadere Damasco le informazioni provenienti dal campo sono risultate contraddittorie. A volte correva voce che i ribelli avessero conquistato posizioni chiave nella capitale siriana, a volte che l’esercito siriano avesse teso loro un’imboscata infliggendo pesanti perdite fra le fila dell’opposizione.
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Ora, dopo due settimane di scontri nel governatorato di Rif Dimashq, si sta finalmente sollevando la nebbia che avvolgeva l’invasione ribelle: a quanto sembra, l’opposizione armata – la Jabhat al-Nusra in particolare – ha subìto pesanti perdite.
Stando ad informazioni che As-Safir ha ottenuto da fonti ben informate, il regime siriano sapeva da settimane del piano dei ribelli per sconvolgere la capitale, piano che coinvolgeva migliaia di combattenti di tutte le nazionalità. Il piano mirava a prendere il controllo delle città di Harasta e Duma, per poi lanciare l’attacco su Damasco.
Dopo aver congegnato una serie di bombardamenti mirati, volti a far scappare la cittadinanza, i ribelli hanno cercato di espugnare Jaramana; come risposta, grazie ad informazioni di intelligence prodotte da un alleato del regime siriano, l’esercito della Siria ha predisposto un piano per prevenire l’attacco, che risultava pianificato per la mattina del primo sabato di dicembre. Fulcro del piano governativo era impegnare i militanti in una prima battaglia e disperderne le fila, per poi poter portare il colpo fatale.
Il settimanale russo Argumenti Nedeli ha recentemente rivelato che «l’esercito siriano aveva progettato di lanciare il primo attacco contro gli insorgenti e di disperderne le fila con l’aiuto dei servizi russi, che hanno dato al regime siriano informazioni necessarie per prevenire l’attacco».
Per preparare questo scenario, su consiglio dell’intelligence alleata il regime siriano pochi giorni prima aveva effettuato una precisa mossa tattica: mettere in bella mostra lo spostamento di armi strategiche dai loro depositi, per dare la falsa idea che venissero trasportate in un luogo più sicuro.
Ed infatti, i satelliti stranieri – americani in primis – registrarono attività militari siriane che hanno immediatamente acceso timori nella comunità internazionale circa l’uso di armi particolari da parte dell’esercito siriano, armi che i media lasciarono intendere potessero essere chimiche.
I nemici del regime siriano hanno largamente contribuito alla diffusione di questa ipotesi, anche perché si riteneva in tal modo di favorire un intervento straniero o forti pressioni sul regime. Comunque stessero le cose, la propaganda sulle armi chimiche non ha giocato a favore dei ribelli, anzi, ne ha ridotto l’efficacia militare.
Altre fonti indicano che il piano governativo consistesse altresì nel diffondere informazioni fuorvianti circa defezioni in massa nelle fila dell’esercito siriano ed in particolare delle forze a protezione di Damasco. Addirittura sarebbero state diffuse notizie circa l’esercito siriano in rotta e alla conseguente capitolazione di punti chiave e di basi nella capitale con diserzioni fino ai più alti ranghi militari.
L’effetto è stato immediato: i militanti si sono subito mobilitati nelle periferie della capitale per lanciare un attacco anticipato. I si dice fatti circolare dallo stesso governo siriano hanno poi dato agli insorgenti la spinta per un diretto ed immediato attacco su Damasco. La teoria dello sbando dell’esercito siriano nella capitale era confermata dalla facile avanzata dei ribelli, avanzata protrattasi per alcuni giorni senza alcune resistenza governativa importante. In effetti, l’esercito siriano aveva letteralmente abbandonato alcune delle proprie postazioni.
In realtà, la manovra era finalizzata a creare una spaccatura fra i ribelli e le loro linee di rifornimento. Stando al quotidiano britannico The Independent: «Nelle ultime settimane il governo siriano ha adottato una nuova strategia ritirando le proprie truppe dalle basi ritenute indifendibili per concentrarle a Damasco ed in altre città considerate strategicamente decisive. Nella scorsa settimana questa ritirata strategica ha permesso all’esercito di lanciare una valida controffensiva alleggerendo la pressione militare sulla capitale e potenziando la propria posizione negoziale».
Il quotidiano cita anche una fonte di Damasco che avrebbe affermato: «Il governo sostiene che il non difendere i piccoli avamposti sia stata una scelta strategica». Le fonti indicano anche che insorgenti e loro sostenitori pensavano fosse imminente la caduta del regime. Così hanno lanciato l’attacco due giorni prima del previsto –giovedì 29 novembre – proprio come desiderava il regime di Assad.
All’inizio dell’attacco, nel Paese si sono interrotte tutte le comunicazioni, imprevisto del tutto inatteso e destabilizzante per i gruppi armati che a quel punto non erano più in grado di aggiornarsi sul procedere dei combattimenti.
Le fonti descrivono l’attacco portato a Damasco come il più cruento ed imponente dall’inizio della crisi siriana. I gruppi armati sono caduti nella trappola predisposta dalle truppe siriane, che hanno ricevuto un intenso addestramento in Russia ed in Iran sul come lanciare controffensive contro bande armate. Va infatti ricordato come Russia ed Iran abbiano accordi con la Siria per la cooperazione strategica e lo scambio di esperti di tecnica e sicurezza nella regione.
Nella battaglia, le postazioni dei ribelli sono state oggetto di pesanti bombardamenti che ne hanno rotto i ranghi in numerose zone. Le truppe siriane hanno lanciato una controffensiva contemporanea da est e da ovest, dopo aver indotto i ribelli a spostarsi a 40 chilometri dalla capitale e ad oltre 20 chilometri dalle loro linee di rifornimento. I ribelli si sono così ritrovati obbligati a dirigersi verso Harasta e Duma, proprio sotto il fuoco governativo, come pianificato da Assad.
Si sono registrati scontri anche sulla linea del Gota, nella parte est di Damasco. Le forze dei ribelli erano pesantemente indebolite già prima che arrivassero nei sobborghi dell’aeroporto, soprattutto nelle città di Haran al-Awamid, al-Delba, Sakka, Deir al-Asafir, al-Maliha, Babila, Damir, al-Hujaira e Khan el-Sheik.
L’epilogo è avvenuto nella città di Daraya, dove sono stati uccisi centinaia di militanti, molti dei quali nemmeno siriani. Stando alle fonti, la conta dei morti fra le file dei ribelli è molto più pesante di quanto riferito dalla stampa ufficiale allineata.
Al momento, sembra che gli Stati Uniti abbiano accordato ai ribelli un periodo di un mese per lanciare la terza ondata di attacchi su Damasco, con lo scopo di conseguire seri vantaggi sul campo che si rifletterebbero positivamente (per gli americani) sul negoziato USA-Russia.
L’accordo, basato su quanto concordato a Ginevra, dovrebbe diventare operativo per la fine di gennaio 2013.