NOTA DEL PCL SULLA FEDERAZIONE DELLE SINISTRE
I gruppi dirigenti di PRC, PDCI, Socialismo 2000, hanno celebrato a Roma il 18 luglio l’avvio della “ Federazione delle Sinistre di Alternativa “ presentandolo come “ nuovo inizio” e come concretizzazione della “unità a sinistra “.
Si è trattato, in realtà, dell’opposto: la riorganizzazione della ex sinistra di governo e degli assessori, con tutti gli ex ministri in prima fila ( Ferrero, Diliberto, Salvi ), attorno alla continuità delle sue posizioni di sempre. Un soggetto politico che tuttora ignora o respinge le vere esigenze dell’unità d’azione e dello stesso confronto unitario a sinistra che il PCL ha posto e che continuerà ostinatamente a porre.
Sfrondata della retorica celebrativa d’occasione l’assemblea del 18 luglio a Roma ha sancito non un “ nuovo inizio”, ma la stanca riproposizione del passato.
Nessun bilancio della disfatta è stato tratto. Di più : lo stesso tema del bilancio è stato totalmente espunto dalla discussione. Nessuna delle enormità compiute negli ultimi quindici anni in due legislature di centro-sinistra ( primo e secondo governo Prodi per il PRC, più i governi D’Alema e Amato per il PDCI e per Salvi ) è stata anche solo nominata, fosse pure incidentalmente, nell’intera giornata del “ nuovo inizio “. Gli unici accenni fatti all’esperienza dell’ultimo governo Prodi ( da parte di Grassi e Ferrero ) hanno alluso esclusivamente alla “ delusione del popolo della sinistra “ e alle conseguenti “ sconfitte elettorali “. Che Diliberto peraltro ha attribuito, in chiave autoassolutoria, a prevalenti ragioni strutturali ( disgregazione sociale , perdita di coscienza di classe tra i lavoratori, etc ). Così tutti i crimini politici compiuti contro la propria classe di riferimento sono rimasti anonimi : il voto alle missioni di guerra, alla leggi di precarizzazione del lavoro, alle finanziarie di Confindustria e banche, ai CPT e al decreto anti immigrati….. Tutto ciò che ha colpito lavoratori e oppressi ; che ha demotivato ampi settori operai e popolari spianando la strada alle destre; che ha sancito le stesse ripetute rotture a sinistra, è stato semplicemente rimosso. Con un unico scopo : legittimare l‘imperturbabile continuità dei gruppi dirigenti responsabili di quei crimini.
Resta la continuità della presenza nelle giunte di centrosinistra di larga parte d’Italia, a partire dalle Regioni. Il “nuovo inizio”anche qui, non ha neppure sfiorato questa eredità imbarazzante: che non rappresenta unicamente una collocazione “ istituzionale “ ma ha un preciso risvolto di classe. Se è vero, come è vero, che i governi regionali e cittadini tagliano servizi, chiudono scuole e ospedali, partecipano della precarizzazione del lavoro, finanziano in mille forme padronato e clero, si può rivendicare un “nuovo inizio” e restare, come nulla fosse, in questi comitati d’affari delle classi dominanti, regolarmente attraversati da corruzione, privilegi di casta, malcostume di ogni genere? Ma anche in questo caso il silenzio è rivelatore, in particolare alla vigilia delle elezioni regionali. La Federazione punta a confermare gli accordi di governo esistenti con il centrosinistra, tanto più nel momento della propria estromissione dal Parlamento nazionale ( e delle relative conseguenze di cassa ). Tutta l’attenzione è e sarà a non essere scaricati dal PD a favore dell’UDC ( come in Puglia ). E per questo occorre offrire garanzie di affidabilità e lealtà. Non a caso Paolo Ferrero ha dichiarato che l’autonomia della federazione è semplicemente il prerequisito negoziale delle alleanze, augurandosi la vittoria di Bersani nel congresso del PD. Peraltro se si è stati nella giunta antimigranti di Penati a Milano e si sta nella giunta di malaffare di Bassolino in Campania, vuol dire che non vi sono ostacoli di principio a nessuna alleanza locale. Né per l’oggi, né per il domani.
Permane la clamorosa assenza di qualsiasi proposta politica di svolta sul terreno decisivo della lotta di classe. Un’ intera giornata di dibattito segnata dal tema “ tornare tra i lavoratori, stare nei conflitti” ha paradossalmente cancellato la questione centrale del momento: come ricostruire un’opposizione sociale all’altezza del precipitare della crisi e dell’offensiva reazionaria del governo. Al piede di partenza di un autunno drammatico, e di fronte all’empasse paralizzante della CGIL il “ nuovo inizio” è semplicemente muto. Come rispondere ai licenziamenti collettivi annunciati, come lavorare all’unificazione del fronte sociale, quali proposte avanzare su forme di lotta e forme di organizzazione, come replicare nella pratica all’avanzare delle ronde? Silenzio assoluto. Nulla di nulla. La denuncia di governo e Confindustria si combina col vuoto di proposta al movimento operaio italiano, proprio nel momento della sua crisi più grave. Non è un caso. Non si può lavorare ad una proposta di svolta sul terreno dell’unificazione e della radicalizzazione delle lotte, se si devono difendere i propri assessori nelle giunte e custodire, a futura memoria, un’immagine di rispettabilità istituzionale. Lo stesso silenzio sulla burocrazia dirigente della CGIL, alla vigilia oltretutto del congresso della confederazione, è quanto mai indicativa: riflette non solo una soggezione diplomatica, ma la tentazione ( vana ) di un parziale collateralismo politico che occupi lo spazio lasciato vacante dal PD nel rapporto con l’apparato sindacale. E anche questo concorre a pregiudicare una coerente battaglia antiburocratica tra i lavoratori.
L’identità e il programma generale della Federazione ripropongono l’impostazione tradizionale dei gruppi dirigenti di PRC, PDCI, Socialismo 2000: la critica del capitalismo senza l’alternativa al capitalismo, se non come tradizionale evocazione letteraria e simbolica. Di più: sia l’appello di convocazione dell’assemblea di Roma, sia il dibattito che in quella sede si è svolto, hanno teso a stemperare gli stessi riferimenti simbolici alla “tradizione comunista” dentro la sommatoria arcobaleno di tutte le istanze critiche. Invece di una risposta classista e comunista all’insieme delle domande di emancipazione e liberazione ( antimperialiste, ambientaliste, di genere..), la solita giustapposizione di pacifismo, ecologismo, femminismo..comunismo. Ridotto quest’ultimo a icona ideologica, valore critico, tradizione simbolica, tutto ciò che si vuole, tranne che un programma concreto di alternativa rivoluzionaria. E’ l’ennesima riproposizione di una cultura neoriformista che ha attraversato negli ultimi decenni filoni molto diversi della sinistra italiana ( primo occhettismo, mezza DP, lo stesso bertinottismo ) e che oggi tiene a battesimo, nell’eterno nome del “nuovo”, il matrimonio spregiudicato tra Ferrero, Diliberto, Salvi e la minoranza vendoliana del PRC. Tutti uniti non certo dal comunismo, ma dalla volontà di sfuggire al proprio naufragio e dall’incombenza delle elezioni regionali.
Una sola novità si è prodotta nelle conclusioni del convegno, per bocca di Paolo Ferrero, trovando immediata conferma in due interviste a Il Manifesto e L’Unità: è l’annunciata disponibilità del PRC ad un’eventuale governo di garanzia istituzionale col PD e l’UDC di Casini, nel caso di una crisi verticale del Berlusconismo.Questa è la proposta testuale di Ferrero: “Una legislatura di garanzia istituzionale che metta insieme tutti coloro che sono disponibili a produrre un sistema elettorale di tipo proporzionale, mettere mano al conflitto di interessi, e ritornare a una normalità di rapporti tra potere esecutivo, legislativo e giudiziario…Si può tentare un accordo per una legislatura che duri massimo un anno, per poi tornare alla politica, al voto … Questo accordo si può fare con tutti, anche con Casini. E’ una proposta che può valere tra sei mesi come tra due anni” (L’Unità, 18 luglio pag. 19 ). Tralasciamo il giudizio sulla fattibilità pratica di questa ipotesi. Ma politicamente è davvero una proposta abnorme. Ministri di PRC, PD e UDC, a braccetto per un anno? Cosa voterebbero i resuscitati ministri del PRC nell’anno di governo con Casini, in fatto di legge finanziaria, previdenza, missioni di guerra, diritti civili e rapporti col Vaticano? O Ferrero pensa che il capitalismo e la lotta di classe, in Italia e nel mondo, possano prendersi un anno sabbatico per rispettare il calendario del PRC ? A un anno dalla disfatta di governo e nel nome del “ nuovo inizio “ il segretario del PRC riprende la stessa identica proposta di governo di “ garanzia istituzionale “ che Bertinotti e Cossutta avanzarono nel ’95 , in coda alla crisi del primo governo Berlusconi: quando ( con l’accordo di Ferrero ) proposero un governo istituzionale “ semestrale “ esteso sino alla Lega. Sarebbe questa dunque la svolta? La riesumazione, quindici anni dopo, della peggiore disinvoltura governista bertinottiana? In ogni caso: un convegno che non avanza alcuna proposta d’azione ai lavoratori mentre ipotizza un governo con Casini davvero sancirebbe il nuovo inizio delle sinistre ? La verità è che la sinistra degli ex ministri e degli assessori custodisce nel proprio dna la vocazione immutata ad una propria ricollocazione nel “ grande gioco “ della politica borghese.
In conclusione. L’operazione della federazione delle sinistre di alternativa, nelle sue basi politiche e programmatiche, conferma indirettamente una volta di più tutte le ragioni della piena autonomia del PCL, della sua costruzione indipendente attorno al proprio programma , della sua lotta per un’altra sinistra italiana. La sinistra non sarà ricostruita da chi l’ha distrutta. L’opposizione di classe non sarà rilanciata dagli assessori delle giunte borghesi. L’anticapitalismo non sarà propugnato dagli ex ministri dei governi confindustriali. Il PCL lavorerà a raggruppare attorno ai principi del marxismo rivoluzionario tutti coloro che vogliono una sinistra che non tradisca, non compromessa nella disfatta, impegnata apertamente su una prospettiva antisistema.
Parallelamente, nella sua piena autonomia, il PCL incalzerà il “nuovo” soggetto della Federazione, come l’insieme delle sinistre, con una proposta vera di unità , di fronte unico d’azione nella lotta di classe e di confronto unitario e pubblico delle posizioni , di fronte ai lavoratori e al popolo della sinistra. Partendo ogni volta dalle esigenze concrete del mondo del lavoro e dei movimenti di lotta, in rapporto al nuovo livello dello scontro; e mettendo ogni volta tutte le sinistre e i loro gruppi dirigenti di fronte alle proprie responsabilità agli occhi del loro popolo .
Proprio perché, a differenza d’altri, non abbiamo altro interesse da difendere se non quello dei lavoratori e del socialismo, siamo e saremo noi i paladini della più ampia unità d’azione di tutte le sinistre politiche e sindacali nel movimento reale delle lotteontro ogni logica di divisione dei lavoratori e dei movimenti per meschine ragioni di concorrenza di sigle, di rivalità personalistiche, di autocentrature di gruppo. Al tempo stesso, proprio perché rivoluzionari, poniamo e porremo instancabilmente in ogni fronte di lotta, in ogni rapporto unitario, l’esigenza della comune rottura con tutti i partiti della borghesia, di un programma apertamente anticapitalistico, della lotta per un governo dei lavoratori .
Ad oggi dobbiamo constatare che tutte le proposte di unità d’azione che abbiamo formalmente rivolto per un anno a PRC e PDCI sono cadute nel vuoto ( v. lettera al PRC in ottobre; lettera aperta alle sinistre in aprile; ripetuti articoli e appelli per l’unità d’azione su Il manifesto e Liberazione; un incontro con Ferrero in giugno sul medesimo tema). Ciò nonostante, abbiamo scelto di intervenire all’assemblea costitutiva della Federazione per avanzare nuovamente, in forma pubblica, proposte di unità d’azione e di confronto per l’unificazione e la radicalizzazione delle lotte. Ma ancora una volta, pur di fronte alla positiva accoglienza delle nostre proposte da parte di un ampio settore della platea ( registrata persino da alcuni organi di stampa ), i massimi promotori della Federazione hanno preferito, nelle loro repliche, evadere ogni risposta.
Non importa. Continueremo ad incalzarli pubblicamente sul terreno dell’unità di lotta: perché sia chiaro a tutti, in ogni caso, chi lavora realmente per la più ampia unità dei lavoratori, e chi usa la bandiera dell’”unità “come schermo di immagine ingannevole a puri fini elettorali