Chi sono i no Tav
Il movimento No TAV è particolarmente eterogeneo nella sua composizione ed è difficile definirlo con poche parole. Al suo interno ci sono i valligiani della Val di Susa contrari – per ragioni ambientaliste o di semplice opportunismo – all’alta velocità, ci sono i sindaci e altri rappresentanti delle istituzioni locali, ci sono quelli che in passato avevano aderito alle proteste contro i cantieri ferroviari nel centro Italia, i militanti dei centri sociali e alcune frange legate agli ambienti anarchici. Marco Imarisio, inviato del Corriere della Sera nella zona, segnala che buona parte delle persone nel presidio questa notte erano dei centri sociali del Nord e che non c’erano, invece, consistenti rappresentanze degli abitanti della Valsusa: «Al punto che la loro presenza era stata richiesta a gran voce dagli incappucciati neri non pratici della zona, che nascondevano molotov, pietre ed estintori dietro ai massi. Molta gente girava con spranghe e mazze da baseball. Dentro il presidio c’erano almeno 500 persone». Va ricordato che il movimento No TAV è per sua natura non violento, che i suoi rappresentati hanno partecipato negli anni a centinaia di riunioni con le istituzioni e che i casi di scontri diretti con le forze dell’ordine sono stati rari, spesso condizionati dalla presenza di soggetti violenti.
Che cosa vogliono
Come suggerisce il nome, i No TAV sono contrari alla costruzione della nuova linea ferroviaria ad alta velocità per mettere in collegamento Torino con Lione, in Francia, attraverso la Val di Susa. L’opera fa parte del Progetto Prioritario 6 che mira a collegare trasversalmente l’Europa da ovest a est ed è considerata strategica dall’Unione Europea. I No TAV, in realtà, esistevano già nei primi anni Novanta e si battevano contro la realizzazione delle linee ad alta velocità tra Bologna, Firenze e Roma. Per la Val di Susa ipotizzano un potenziamento e un miglioramento dell’attuale linea storica,
che dicono sia usata ad appena un terzo della sua capacità, senza dover costruire un’opera completamente nuova che richiede lo scavo di nuovi tunnel e un maggiore impatto ambientale.
Che cosa pensano della TAV
Chi aderisce al movimento ritiene che la linea ad alta velocità sia inutile, perché non giustificata da livelli sufficienti di traffico per merci e passeggeri, ed estremamente costosa da realizzare, con una spesa che in buona parte ricadrebbe sulla società. I No TAV dicono che la tratta avrebbe per decenni un bilancio di esercizio in passivo, perché costosa da mantenere e poco utilizzata, che verrebbe ripianato dal pubblico. Agli aspetti economici delle ragioni del no si affiancano anche quelli ambientali. Per costruire viadotti, gallerie e le altre infrastrutture il progetto originale prevede la creazione di numerosi cantieri, di dimensioni considerevoli come nel caso della Maddalena, verso i quali muoverebbero ogni giorno centinaia di camion e mezzi.
La costruzione dei tunnel non piace ai No TAV perché secondo loro gli scavi porteranno a emissioni di polveri di amianto, al passaggio lungo vene di uranio e alla deviazione o distruzione di molte sorgenti d’acqua naturali sotterranee, come accaduto già nella zona del Mugello
Che cosa dicono le istituzioni
Secondo il governo italiano, quello francese e l’Unione Europea, la tratta ad alta velocità tra Torino e Lione è un tassello fondamentale per lo sviluppo della rete ferroviaria europea. Le loro stime parlano di chiari e tangibili benefici per l’ambiente a opera conclusa che consentirà di ridurre il traffico in Val di Susa di almeno 600mila passaggi di camion in una prima fase, riducendo di 2,5 milioni di tonnellate le emissioni di inquinanti nocivi. Constatata la fortissima opposizione di una parte degli abitanti della zona,
nel 2006 il governo italiano ha deciso di confrontarsi nuovamente con movimenti e istituzioni locali, insieme all’Unione Europea. Il confronto ha portato alla nascita di un Osservatorio Tecnico, che ha da poco prodotto un nuovo progetto che prevede l’utilizzo di meno cantieri e la creazione di una linea mista, dove le nuove tratte convivranno con quelle vecchie.
Il “progetto leggero”
Da qui al 2023 – 2025 il piano prevede la costruzione di tre opere prioritarie in Italia: due tunnel da una dozzina di chilometri e la risistemazione lungo tre chilometri nell’area di Susa, una delle città principali della valle.
Si realizzerebbero così 29 chilometri degli 81 previsti e fino al 2035 la linea storica sarà utilizzata tra Avigliana, nella parte terminale della Valle di Susa verso la pianura, e Bussoleno. Questa soluzione consentirebbe di non attivare gli otto cantieri previsti nella bassa valle.
La costruzione del resto dell’infrastruttura, nella proposta dell’Osservatorio Tecnico, resterebbe condizionata dai volumi di traffico: se saranno sostenuti, come previsto, si costruirà il resto, altrimenti rimarrà la soluzione ibrida con un risparmio di 4 miliardi di euro sugli 8,6 previsti per l’intera opera. Il progetto leggero accoglie le richieste di parte del movimento No TAV e dell’Unione Europea, che da tempo chiede tempi certi per la realizzazione delle opere, pena la revisione dei finanziamenti.