Sì, Massimo Severo Giannini, quello di La Repubblica, quello che si è specializzato in antiberlusconismo e, da esperto in materia, esperto di null'altro, si angustia, ci angustia (noi di buongusto), con continue filippiche contro il Cavaliere. Di qualunque cosa si parlasse, lui, il Giannini, trova modo di infilare la solita invettiva contro il suo odiato. Corrisponde ad un incarico ottenuto, combattere i nemici del suo datore di lavoro, è vero, ma non per questo deve sentirsi in diritto di propinare le ormai malvolenze, acide considerazioni, contro lo stesso bersaglio.
Questa sua specializzazione non gli giova, lo deprime a giornalista di poco spessore, professionale ed umano. Non ha altra cognizione che i fattarelli, i pettegolezzi su Berlusconi, da cui ricava motivi di analisi politiche che, di politico, hanno la serietà delle barzellette da bar: fanno ridere. Riprova, ieri sera a Ballarò.
La trasmissione, come tante altre in questi giorni, era stata programmata a processare la Polverini e, con questa, il centrodestra. Nulla di originale, normale anzi. L'intento, con la scusa di fornire particolari succulenti, per bocche buone (non specifico chi sono, se no i Sinistri si incazzano ancora), con il pretesto serioso di "informare", era la condanna della Polverini, ma addolorata dal comune sdegno, dall'odio della rivalsa, che certi vergognosissimi avvenimenti politici(?) suscitano.
Impegno del conduttore era gestire il tutto, riuscendo a sollecitare, maggiormente che altri, i telespettatori. A suscitare la maggiore riprovazione, erano stati mobilitati Di Pietro, Stella, ed il nostro sempre triste Giannini.
Il primo, a dire il vero, si è mostrato, per quello che può, abbastanza equilibrato. Forse un po' di coda di paglia...E però, coerente. Stella ha mostrato di conoscere poco i meccanismi del funzionamento della struttura Regione, ha contestato impropriamente colpe alla Polverini, controbattuto, perciò, abilmente dal Presidente dimissionario. Ma la perla della serata è stato Giannini, appunto. Si era predisposto, si notava, al ruolo del censore duro, severo (non lo fosse lui...), ma con la logica calma, stringente, di chi deve dimostrare la colpevolezza dell'assassino colto sul fatto. Già si vedeva, si sentiva, applaudito dalla folla aizzata, da lui, contro l'imputato.
E lui aveva iniziato la requisitoria preparata, studiata a comprendere comunque Berlusconi, sempfre questi bersaglio primo, preminente. Ha voluto essere spietato nel suo aspro biasimo, specificando cifre ed atti. E lì si è sbracato, come si dice. Avendo richiamato, contestato una serie di cacchiate lette su giornaletti scandalistici, senza fondatezza, solo cattive e biliose, è stato letteralmente zittito dalla Polverini, che lo ha letteralmente mortificato, tecnicamente ed umanamente. Come deve essere, quando pusillanimi si vogliono t