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    Predefinito Re: Il Fatto sbatte Grifo in prima pagina

    http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=10639
    -
    di Matteo Miavaldi

    Il 22 dicembre scorso Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i due marò arrestati in Kerala quasi 11 mesi fa per l’omicidio di due pescatori indiani, erano in volo verso Ciampino grazie ad un permesso speciale accordato dalle autorità indiane. L’aereo non era ancora atterrato su suolo italiano che già i motori della propaganda sciovinista nostrana giravano a pieno regime, in fibrillazione per il ritorno a casa dei «nostri ragazzi”, promossi in meno di un anno al grado di eroi della patria.
    La vicenda dell’Enrica Lexie, la petroliera italiana sulla quale i due militari del battaglione San Marco erano in servizio anti-pirateria, ha calcato insistentemente le pagine dei giornali italiani e occupato saltuariamente i telegiornali nazionali.
    E a seguirla da qui, in un villaggio a tre ore da Calcutta, la narrazione dell’incidente diplomatico tra Italia e India iniziato a metà febbraio è stata – andiamo di eufemismi – parziale e unilaterale, piegata a una ricostruzione dei fatti distante non solo dalla realtà ma, a tratti, anche dalla verosimiglianza.

    In un articolo pubblicato l’11 novembre scorso su China Files ho ricostruito il caso Enrica Lexie sfatando una serie di fandonie che una parte consistente dell’opinione pubblica italiana reputa verità assolute, prove della malafede indiana e tasselli del complotto indiano. Riprendo da lì il sunto dei fatti.

    E’ il 15 febbraio 2012 e la petroliera italiana Enrica Lexie viaggia al largo della costa del Kerala, India sud occidentale, in rotta verso l’Egitto. A bordo ci sono 34 persone, tra cui sei marò del Reggimento San Marco col compito di proteggere l’imbarcazione dagli assalti dei pirati, un rischio concreto lungo la rotta che passa per le acque della Somalia. Poco lontano, il peschereccio indiano St. Antony trasporta 11 persone.
    Intorno alle 160 locali si verifica l’incidente: l’Enrica Lexie è convinta di essere sotto un attacco pirata, i marò sparano contro la St. Antony ed uccidono Ajesh Pinky (25 anni) e Selestian Valentine (45 anni), due membri dell’equipaggio.
    La St. Antony riporta l’incidente alla guardia costiera del distretto di Kollam che subito contatta via radio l’Enrica Lexie, chiedendo se fosse stata coinvolta in un attacco pirata. Dall’Enrica Lexie confermano e viene chiesto loro di attraccare al porto di Kochi.
    La Marina Italiana ordina ad Umberto Vitelli, capitano della Enrica Lexie, di non dirigersi verso il porto e di non far scendere a terra i militari italiani. Il capitano – che è un civile e risponde agli ordini dell’armatore, non dell’Esercito – asseconda invece le richieste delle autorità indiane.
    La notte del 15 febbraio, sui corpi delle due vittime viene effettuata l’autopsia. Il 17 mattina vengono entrambi sepolti.
    Il 19 febbraio Massimiliano Latorre e Salvatore Girone vengono arrestati con l’accusa di omicidio. La Corte di Kollam dispone che i due militari siano tenuti in custodia presso una guesthouse della CISF (Central Industrial Security Force, il corpo di polizia indiano dedito alla protezione di infrastrutture industriali e potenziali obiettivi terroristici) invece che in un normale centro di detenzione.

    Questi i fatti nudi e crudi. Da quel momento è partita una vergognosa campagna agiografica fascistoide, portata avanti in particolare da Il Giornale, quotidiano che, citando un’amica, «mi vergognerei di leggere anche se fossi di destra».
    Che Il Giornale si sia lanciato in questa missione non stupisce, per almeno due motivi:
    Ignazio La Russa

    Ignazio La Russa

    1) La fidelizzazione dei suoi (e)lettori passa obbligatoriamente per l’esaltazione acritica delle nostre – stavolta sì, nostre – forze armate, impegnate a «difendere la patria e rappresentare l’Italia nel mondo» anche quando, sotto contratto con armatori privati, prestano i loro servizi a difesa di interessi privati.
    Anomalia, quest’ultima, per la quale dobbiamo ringraziare l’ex governo Berlusconi e in particolare l’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa, che nell’agosto 2011 ha legalizzato la presenza di militari a difesa di imbarcazioni private. In teoria la legge prevede l’uso dell’esercito o di milizie private, senonché le regole di ingaggio di queste ultime sono ancora da ultimare, lasciando il monopolio all’Esercito italiano. Ma questa è – parzialmente – un’altra storia.

    2) Il secondo motivo ha a che fare col governo Monti, per il quale il caso dei due marò ha rappresentato il primo grosso banco di prova davanti alla comunità internazionale, escludendo la missione impossibile di cancellare il ricordo dell’abbronzatura di Obama, della culona inchiavabile, letto di Putin, della nipote di Mubarak, dell’harem libico nel centro di Roma e tutto il resto del repertorio degli ultimi 20 anni.
    Troppo presto per togliere l’appoggio a Monti per questioni interne, da marzo in poi Latorre e Girone sono stati l’occasione provvidenziale per attaccare l’esecutivo dei tecnici, mantenendo vivo il rapporto con un elettorato che tra poco sarà di nuovo chiamato alle urne. E’ il tritacarne elettorale preannunciato da Emanuele Giordana al quale i due marò, dopo la visita ufficiale al Quirinale del 22 dicembre, sono riusciti a sottrarsi chiudendosi letteralmente nelle loro case fino al 10 gennaio quando, secondo i patti, torneranno in Kerala in attesa del giudizio della Corte Suprema di Delhi.
    Margherita Boniver

    Margherita Boniver

    Qualche esempio di strumentalizzazione?

    Margherita Boniver, senatrice Pdl, il 19 dicembre riesce finalmente a fare notizia offrendosi come ostaggio per permettere a Latorre e Girone di tornare in Italia per Natale.

    Ignazio La Russa, Pdl, il 21 dicembre annuncia di voler candidare i due marò nelle liste del suo nuovo partito Fratelli d’Italia (sic!).
    L’escamotage, che serve a blindare i due militari entro i confini italiani, è rimandato al mittente dagli stessi Latorre e Girone, irremovibili nel mantenere la parola data alle autorità indiane.

    LA QUERELLE SULLA POSIZIONE DELLA NAVE E UNA CURIOSA “CONTROPERIZIA”

    La prima tesi portata avanti maldestramente dalla diplomazia italiana, puntellata dagli organi d’informazione, sosteneva che l’Enrica Lexie si trovasse in acque internazionali e, di conseguenza, la giurisdizione dovesse essere italiana. Ma le cose pare siano andate diversamente.
    Il governo italiano ha sostenuto che l’Enrica Lexie si trovasse a 33 miglia nautiche dalla costa del Kerala, ovvero in acque internazionali, il che avrebbe dato diritto ai due marò ad un processo in Italia. La tesi è stata sviluppata basandosi sulle dichiarazioni dei marò e su non meglio specificate «rilevazioni satellitari”.
    Secondo l’accusa indiana l’incidente si era invece verificato entro il limite delle acque nazionali: Girone e Latorre dovevano essere processati in India.

    Nonostante la confusione causata dal campanilismo della stampa indiana ed italiana, la posizione della Enrica Lexie non è più un mistero ed è ufficialmente da considerare valida la perizia indiana.
    La squadra d’investigazione speciale che si è occupata del caso lo scorso 18 maggio ha depositato presso il tribunale di Kollam l’elenco dei dati a sostegno dell’accusa di omicidio, citando i risultati dell’esame balistico e la posizione della petroliera italiana durante la sparatoria.
    Secondo i dati recuperati dal GPS della petroliera italiana e le immagini satellitari raccolte dal Maritime Rescue Center di Mumbai, l’Enrica Lexie si trovava a 20,5 miglia nautiche dalla costa del Kerala, nella cosiddetta «zona contigua».
    Il diritto marittimo internazionale considera «zona contigua» il tratto di mare che si estende fino alle 24 miglia nautiche dalla costa, entro le quali è diritto di uno Stato far valere la propria giurisdizione.
    I fasci giocherellano con l'idea di essere in guerra con l'India. Poi toccherà alla Kamchatka.

    Sti fasci de casa pau giocano a ffà 'a guera coll'india. Più tardi aggredischeno la Kamciacca. - Seh, poi finisce che se fanno 'e tre de notte e domattina so' cazzi, svejasse pe' andà a scola! Tipo che a forza de ffà sega, qui ce tocca ripete' a prima media... - Pure quest'anno?!

    A contrastare la versione ufficiale delle autorità indiane – che, ricordiamo, è stata accettata anche dai legali dei due marò e sarà la base sulla quale la Corte suprema indiana si pronuncerà – è apparsa in rete la ricca controperizia dell’ingegner Luigi di Stefano, già perito di parte civile per l’incidente di Ustica.
    Di Stefano presenta una serie di dati ed analisi tecniche a supporto dell’innocenza dei due marò. Chi scrive non è esperto di balistica né perito legale – non è il mio mestiere – e davanti alla mole di dati sciorinati da Di Stefano rimane abbastanza impassibile. Tuttavia, è importante precisare che Di Stefano basa gran parte della sua controperizia su una porzione minima dei dati, quelli cioè divulgati alla stampa a poche settimane dall’incidente. Dati che, sappiamo ora, sono stati totalmente sbugiardati dalle rilevazioni satellitari del Maritime Rescue Center di Mumbai e dall’esame balistico effettuato dai periti indiani.
    Nella perizia troviamo stralci di interviste tratti dal settimanale Oggi, fotogrammi ripresi da Youtube, fermi immagine di documenti mandati in onda da Tg1 e Tg2 (sui quali Di Stefano costruisce la sua teoria della falsificazione dei dati da parte della Marina indiana), altre foto estrapolate da un video della Bbc e una serie di complicatissimi calcoli vettoriali e simulazioni 3d.
    Non si menziona mai, in tutta la perizia, nessuna fonte ufficiale dei tecnici indiani che, come abbiamo visto, hanno depositato in tribunale l’esito delle loro indagini il 18 maggio. Di Stefano aveva addirittura presentato il suo lavoro durante un convegno alla Camera dei deputati il 16 aprile, un mese prima che fossero disponibili i risultati delle perizie indiane!
    In quell’occasione i Radicali hanno avanzato un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri Terzi, chiedendo sostanzialmente: «Ma se abbiamo mandato i nostri tecnici in India e loro non hanno detto nulla, perché dobbiamo stare a sentire Di Stefano?»
    Il lavoro di Di Stefano, in definitiva, è viziato sin dal principio dall’analisi di dati clamorosamente incompleti, costruito su dichiarazioni inattendibili e animato dal buon vecchio sentimento di superiorità occidentale nei confronti del cosiddetto Terzo mondo.
    Se qualcuno ancora oggi ritiene che una simile perizia artigianale sia più attendibile di quella ufficiale indiana, cercare di spiegare perché non lo è potrebbe essere un inutile dispendio di energie.

    [ UPDATE 5 gennaio 2013: Di Stefano in persona è intervenuto nei commenti qui sotto... e mal gliene incolse. Oltre a ulteriori, serissimi dubbi sulla sua "analisi tecnica" (ricapitolati qui), ne sono emersi anche sul suo buffo curriculum, sulla sua laurea (tutti lo chiamano "ingegnere" ma non risulta lo sia), sui suoi trascorsi e precedenti perizie. Dulcis in fundo: presentato come tecnico super partes, in realtà Di Stefano è un dirigente del partitino neofascista Casapound. Suo figlio Simone è il candidato di Casapound alla presidenza della regione Lazio. Con Casapound, Di Stefano anima un "comitato pro-Marò". Dopo che la discussione/inchiesta ha portato alla luce queste cose, Di Stefano è stato raggiunto dal Fatto quotidiano, e ha ammesso di non essere andato molto più in là di una ricerca sul web, di non aver mai avuto contatti diretti con fonti indiane e di aver ricevuto alcuni dati da analizzare da giornalisti italiani suoi amici, omettendo di verificarli alla fonte primaria. -- WM ]

    UNGHIE SUI VETRI: «NON SONO STATI LORO A SPARARE!»

    Altra tesi particolarmente in voga: non sono stati i marò a sparare, c’era un’altra nave di pirati nelle vicinanze, sono stati loro.

    Nel rapporto consegnato in un primo momento dai membri dell’equipaggio dell’Enrica Lexie alle autorità indiane e italiane (entrambi i Paesi hanno aperto un’inchiesta) si specifica che Latorre e Girone hanno sparato tre raffiche in acqua, come da protocollo, man mano che l’imbarcazione sospetta si avvicinava all’Enrica Lexie. Gli indiani sostengono invece che i colpi erano stati esplosi con l’intenzione di uccidere, come si vede dai 16 fori di proiettile sulla St. Antony.

    Il 28 febbraio il governo italiano chiede che al momento dell’analisi delle armi da fuoco siano presenti anche degli esperti italiani. La Corte di Kollam respinge la richiesta, accordando però che un team di italiani possa presenziare agli esami balistici condotti da tecnici indiani.
    Gli esami confermano che a sparare contro la St. Antony furono due fucili Beretta in dotazione ai marò, fatto supportato anche dalle dichiarazioni degli altri militari italiani e dei membri dell’equipaggio a bordo sia dell’Enrica Lexie che della St. Antony.
    Staffan De Mistura, sottosegretario agli Esteri italiano, il 18 maggio ha dichiarato alla stampa indiana: «La morte dei due pescatori è stato un incidente fortuito, un omicidio colposo. I nostri marò non hanno mai voluto che ciò accadesse, ma purtroppo è successo».
    I più cocciuti, pur davanti all’ammissione di colpa di De Mistura, citano ora il mistero della Olympic Flair, una nave mercantile greca attaccata dai pirati il 15 febbraio, sempre al largo delle coste del Kerala. La notizia, curiosamente, è stata pubblicata esclusivamente dalla stampa italiana, citando un comunicato della Camera di commercio internazionale inviato alla Marina militare italiana. Il 21 febbraio la Marina mercantile greca ha categoricamente escluso qualsiasi attacco subito dalla Olympic Flair.

    A questo punto possiamo tranquillamente sostenere che: 1) l’Enrica Lexie non si trovava in acque internazionali; 2) i due marò hanno sparato. Sono due fatti supportati da prove consistenti e accettati anche dalla difesa italiana, che ora attende la sentenza della Corte suprema circa la giurisdizione.

    Secondo la legge italiana ed i suoi protocolli extraterritoriali, in accordo con le risoluzioni dell’Onu che regolano la lotta alla pirateria internazionale, i marò a bordo della Enrica Lexie devono essere considerati personale militare in servizio su territorio italiano (la petroliera batteva bandiera italiana) e dovrebbero godere quindi dell’immunità giurisdizionale nei confronti di altri Stati.
    La legge indiana dice invece che qualsiasi crimine commesso contro un cittadino indiano su una nave indiana – come la St. Antony – deve essere giudicato in territorio indiano, anche qualora gli accusati si fossero trovati in acque internazionali.
    A livello internazionale vige la Convention for the Suppression of Unlawful Acts Against the Safety of Maritime Navigation (SUA Convention), adottata dall’International Maritime Organization (Imo) nel 1988, che a seconda delle interpretazioni, indicano gli esperti, potrebbe dare ragione sia all’Italia sia all’India.
    La sentenza della Corte Suprema di New Delhi, prevista per l’8 novembre ma rimandata nuovamente a data da destinarsi, dovrebbe appunto regolare questa ambiguità, segnando un precedente legale per tutti i casi analoghi che dovessero verificarsi in futuro.
    Il caso dei due marò, che dal mese di giugno sono in regime di libertà condizionata e non possono lasciare il Paese prima della sentenza, sarà una pietra miliare del diritto marittimo internazionale.

    IMPRECISIONI, DIMENTICANZE, SAGRESTIE E ROMBI DI MOTORI

    In oltre 10 mesi di copertura mediatica, la cronaca a macchie di leopardo di gran parte della stampa nazionale ha omesso dettagli significativi sul regime di detenzione dei marò, si è persa per strada alcuni passaggi della diplomazia italiana in India e ha glissato su una serie di comportamenti “al limite della legalità” che hanno contraddistinto gli sforzi ufficiali per «riportare a casa i nostri marò». In un altro articolo pubblicato su China Files il 7 novembre, avevo collezionato le mancanze più eclatanti. Riprendo qui quell’esposizione.

    Descritti come «prigionieri di guerra in terra straniera» o militari italiani «dietro le sbarre», Massimiliano Latorre e Salvatore Girone in realtà non hanno speso un solo giorno nelle famigerate carceri indiane.
    I due militari del Reggimento San Marco, in libertà condizionata dal mese di giugno, come scrive Paolo Cagnan su L’Espresso, in India sono trattati col massimo riguardo e, in oltre otto mesi, non hanno passato un solo giorno nelle famigerate celle indiane, alloggiando sempre in guesthouse o hotel di lusso con tanto di tv satellitare e cibo italiano in tavola. Tecnicamente, «dietro le sbarre» non ci sono stati mai.
    Un trattamento di lusso accordato fin dall’inizio dalle autorità indiane che, come ricordava Carola Lorea su China Files il 23 febbraio, si sono assicurate che il soggiorno dei marò fosse il meno doloroso possibile:

    'a pizza«I due marò del Battaglione San Marco sospettati di aver erroneamente sparato a due pescatori disarmati al largo delle coste del Kerala, sono alloggiati presso il confortevole CISF Guest House di Cochin per meglio godere delle bellezze cittadine.
    Secondo l’intervista rilasciata da un alto funzionario della polizia indiana al Times of India, i due sfortunati membri della marina militare italiana sarebbero trattati con grande rispetto e con tutti gli onori di casa, seppure accusati di omicidio.
    La diplomazia italiana avrebbe infatti fornito alla polizia locale una lista di pietanze italiane da recapitare all’hotel per il periodo di fermo: pizza, pane, cappuccino e succhi di frutta fanno parte del menu finanziato dalla polizia regionale. Il danno e la beffa.»

    Intanto, l’Italia cercava in ogni modo di evitare la sentenza dei giudici indiani, ricorrendo anche all’intercessione della Chiesa. Alcune iniziative discutibili portate avanti dalla diplomazia italiana, o da chi ne ha fatto tristemente le veci, hanno innervosito molto l’opinione pubblica indiana. Due di queste sono direttamente imputabili alle istituzioni italiane.

    In primis, aver coinvolto il prelato cattolico locale nella mediazione con le famiglie delle due vittime, entrambe di fede cattolica. Il sottosegretario agli Esteri De Mistura si è più volte consultato con cardinali ed arcivescovi della Chiesa cattolica siro-malabarese, nel tentativo di aprire anche un canale “spirituale” con i parenti di Ajesh Pinky e Selestian Valentine, i due pescatori morti il pomeriggio del 15 febbraio.
    L’ingerenza della Chiesa di Roma non è stata apprezzata dalla comunità locale che, secondo il quotidiano Tehelka, ha accusato i ministri della fede di «immischiarsi in un caso penale», convincendoli a dismettere il loro ruolo di mediatori.

    Il 24 aprile, inoltre, il governo italiano e i legali dei parenti delle vittime hanno raggiunto un accordo economico extra-giudiziario. O meglio, secondo il ministro della Difesa Di Paola si è trattato di «una donazione», di «un atto di generosità slegato dal processo».
    Alle due famiglie, col consenso dell’Alta Corte del Kerala, vanno 10 milioni di rupie ciascuna, in totale quasi 300mila euro. Dopo la firma, entrambe le famiglie hanno ritirato la propria denuncia contro Latorre e Girone, lasciando solo lo Stato del Kerala dalla parte dell’accusa.
    Raccontata dalla stampa italiana come un’azione caritatevole, la transazione economica è stata interpretata in India non solo come un’implicita ammissione di colpa, ma come un tentativo, nemmeno troppo velato, di comprarsi il silenzio delle famiglie dei pescatori.
    Tanto che il 30 aprile la Corte Suprema di Delhi ha criticato la scelta del tribunale del Kerala di avallare un simile accordo tra le parti, dichiarando che la vicenda «va contro il sistema legale indiano, è inammissibile.»
    Immagine tratta da "Libero"

    Immagine tratta dal sito di Libero. Il giornale ha toni incazzati, ma i lettori sembrano di buon umore.

    Ma il vero capolavoro di sciovinismo è arrivato lo scorso mese di ottobre durante il Gran Premio di Formula 1 in India. In un’inedita liaison governo-Il Giornale-Ferrari, in poco più di una settimana l’Italia è riuscita a far tornare in prima pagina il non-caso dei marò che in India, dopo 8 mesi dall’incidente, era stato ampiamente relegato nel dimenticatoio mediatico.
    Rispondendo all’appello de Il Giornale ed alle «migliaia di lettere» che i lettori hanno inviato alla redazione del direttore Sallusti, la Ferrari ha accettato di correre il gran premio indiano di Greater Noida mostrando in bella vista sulle monoposto la bandiera della Marina Militare Italiana. Il primo comunicato ufficiale di Maranello recitava:

    «[…] La Ferrari vuole così rendere omaggio a una delle migliori eccellenze del nostro Paese auspicando anche che le autorità indiane e italiane trovino presto una soluzione per la vicenda che vede coinvolti i due militari della Marina Italiana.»

    La replica seccata del Ministero degli Esteri indiano non si fa attendere: «Utilizzare eventi sportivi per promuovere cause che non sono di quella natura significa non essere coerenti con lo spirito sportivo.»

    Pur avendo incassato il plauso del ministro degli Esteri Terzi, che su Twitter ha gioito dell’iniziativa che «testimonia il sostegno di tutto il Paese ai nostri marò», la Scuderia Ferrari opta per un secondo comunicato. Sfidando ogni logica e l’intelligenza di italiani ed indiani, l’ufficio stampa della casa automobilistica specifica che esporre la bandiera della Marina «non ha e non vuole avere alcuna valenza politica.»

    In mezzo al tira e molla di una strategia diplomatica improvvisata, così impegnata a non scontentare l’Italia più sciovinista al punto da appoggiare la pessima operazione d’immagine del duo Maranello-Il Giornale, accolta in India da polemiche ampiamente giustificabili, il racconto dei marò – precedentemente «dietro le sbarre» - è continuato imperterrito con toni a metà tra un romanzo di Dickens e una sagra di paese.
    Il Giornale, ad esempio, esaltando la vittoria morale dell’endorsement Ferrari, confida ai propri lettori che

    Friselle«i famigliari di Massimiliano Latorre, tutti con una piccola coccarda di colore giallo e il simbolo della Marina Militare al centro appuntata sugli abiti, hanno pensato di portare a Massimiliano e a Salvatore alcuni tipici prodotti locali della Puglia: dalle focacce ai dolci d’Altamura per proseguire poi con le orecchiette, le friselle di grano duro.»

    L’operazione, qui in India, ha raggiunto esclusivamente un obiettivo: far inviperire ancora di più le schiere di fanatici nazionalisti indiani sparse in tutto il Paese.
    Ma è lecito pensare che la mossa mediatica, ancora una volta, non sia stata messa a punto per il bene di Latorre e Girone, bensì per strizzare l’occhiolino a quell’Italia abbruttita dalla provincialità imposta dai propri politici di riferimento, maltrattata da un’informazione colpevolmente parziale che da tempo ha smesso di “informare” preferendo istruire, depistare, ammansire e rintuzzare gli istinti peggiori di una popolazione alla quale si rifiuta di dare gli strumenti e i dati per provare a capire e pensare con la propria testa.

    PARLARE A CHI SI TAPPA LE ORECCHIE

    In questi mesi, quando provavamo a raccontare la storia dei marò facendo due passi indietro e includendo doverosamente anche le fonti indiane, ci sono piovuti addosso decine di insulti. Quando citavamo fonti dai giornali indiani, ci accusavano di essere «come un fogliaccio del Kerala»; quando abbiamo provato a spiegare il problema della giurisdizione, ci hanno risposto «L’India è un paese di pezzenti appena meno pezzenti di prima che cerca di accreditarsi come potenza, ma sempre pezzenti restano. E un pezzente con soldi diventa arrogante. Da nuclearizzare!»; quando abbiamo cercato di smentire le falsità pubblicate in Italia (come la memorabile bufala di Latorre che salva un fotografo fermando una macchina con le mani e si guadagna le copertine indiane come “Eroe”) ci hanno dato degli anti-italiani, augurandoci di andare a vivere in India e vedere se là stavamo meglio. Ignorando il fatto che, a differenza di molti, noi in India ci abitiamo davvero.
    I beduini del Kerala

    I beduini del Kerala... Fottuti bastardi...

    Quando tutta questa vicenda verrà archiviata e i marò saranno sottoposti a un giusto processo – in Italia o in India, speriamo che sia giusto – sarà bene ricordarci come non fare del cattivo giornalismo, come non condurre un confronto diplomatico con una potenza mondiale e, soprattutto, come non strumentalizzare le nostre forze armate per fini politici. Una cosa della quale, anche se fossi di destra, mi sarei vergognato.

    [ Update 5 gennaio 2013 n.2: dopo mesi e mesi di propaganda a senso unico e rintocchi assordanti di una sola campana, quest'articolo è stato un sasso nello stagno. E' il più "socializzato" della storia di Giap ed è stato ripreso in lungo e in largo per la rete. La discussione qui sotto è partecipata e ricchissima di spunti, approfondimenti, correzioni, precisazioni, conferme, rilanci, rivelazioni, scoperte. "Pare un film di 007", ha scritto un commentatore sbigottito, riferendosi ai colpi di scena che si susseguivano rapidi. Mentre scriviamo, si sfiorano ormai i 300 commenti, con decine di sotto-discussioni ramificate, compresa la vera e propria inchiesta collettiva su metodi e titoli del dicentesi ingegner Di Stefano. Leggere tutto quanto è appassionante, ma anche impegnativo e non tutti hanno il tempo di farlo. Ci ripromettiamo, noi e Matteo Miavaldi, di preparare e pubblicare un secondo post, che aggiorni, faccia il sunto della discussione, affronti i punti critici, tenga accese le braci di un'informazione diversa sul caso. -- WM ]

    Diamo il merito a chi ha fatto partire tutto.



    Nella discussione sono già stati elencati diversi esempi del metodo pressapochistico di Di Stefano:

    - pretende di stabilire la falsità di un documento ufficiale indiano senza mai averlo avuto tra le mani, affidandosi unicamente all’inquadratura che ne ha fatto una telecamera del TG1 (che probabilmente, già a sua volta ha inquadrato una fotocopia, quindi sul sito di Di Stefano c’è lo screenshot di un video registrato da un telegiornale che ha trasmesso la fotocopia di un documento – in storiografia, ma anche nel giornalismo, la si definirebbe tranquillamente “fonte di quinta mano”);

    - basandosi su una fonte di quinta mano, Di Stefano asserisce, convinto come un pompiere, che il documento è battuto a macchina anziché stampato dal computer, ma non spiega da cosa trae questa convinzione, che è puramente empirica, impressionistica, non argomentata (mentre un commentatore, qui sopra, ha spiegato le ragioni per le quali a lui sembra con tutta evidenza scritto al computer);

    - usa come fonte un’intervista apparsa su “Oggi”, condotta da una persona che professionalmente non si era mai occupata di India, intervista filtrata attraverso tre lingue, annotata in un taccuino e con tutta probabilità tagliata su misura dello spazio tipografico concesso dalla rivista. Di quest’intervista non abbiamo una trascrizione completa, non sappiamo nemmeno se sia stata registrata.

    - Da quest’intervista Di Stefano pretende di estrapolare “dati oggettivi” come cifre e toponimi. Ora, come si dice “trenta” in lingua malayalam? E l’interprete ha detto “thirty” o “thirteen”, che spesso all’orecchio italiano suonano quasi uguali? Potrebbe aver detto “forty”, che alcuni anglofoni pronunciano in modo molto simile a “thirty”. L’intervistato potrebbe aver detto qualunque cosa, per quel che ne sappiamo. Tanto, non ha certo avuto modo di verificare come siano state tradotte e riportate le sue parole. E come viene pronunciato da un nativo del Tamil Nadu un toponimo che a noi, in base a quel che leggiamo, sembra si pronunci in un certo modo? Di Stefano non si pone *nessuno*, ma proprio nessuno di questi problemi. Il suo è un approccio pesantemente influenzato da incompetenza testuale e monoculturalismo. Usa le dichiarazioni trovate in quest’intervista e le trova in contrasto con altre che la stessa persona ha o avrebbe detto in tutt’altro contesto. Questo approccio è non solo scorretto, ma assurdo.

    - E’ evidente che Di Stefano ha consultato pochissime fonti indiane, altrimenti si sarebbe accorto che nessun giornalista indiano ha chiamato il proprietario del peschereccio “Freddy Bosco”. Quel nome si trova solo ed esclusivamente in articoli italiani. Ora, forse quello è il nome vero, ma il punto non è questo: il punto è che Di Stefano non si è accorto che i media indiani lo chiamavano in un altro modo (“Freddie Louis”, e sarebbe bastato leggere la voce di Wikipedia sul caso), perché i media indiani li ha compulsati in modo evidentemente limitatissimo e selettivo, prendendo solo quelli che erano utili a portare avanti il suo procedimento.

    - Di Stefano, come ha fatto notare Vanetti, ricorre continuamente a “effetti speciali”, per far sembrare un gran lavoro di analisi e deduzione la semplice constatazione di banalità. Mette in fila tre diagrammi pomposamente intitolati per dire un’ovvietà (per assaltare una nave bisogna essere più veloci di lei).

    Aggiungo:

    - Di Stefano analizza i fori di entrata e di uscita su scafo e cabina (legno) del peschereccio St Antony affidandosi a screenshot di video sgranati e a ingrandimenti di foto pubblicate sui giornali (quindi in “retinato”, definizione bassissima), e per sostenere la sua tesi fa comparazioni con fori di entrata e uscita in corpi solidi di altri materiali (vetroresina e lamiera metallica), addirittura riproducendo la foto di un vecchio elmetto militare forato da un proiettile e scrivendo: “Per descrivere il concetto usiamo una immagine bellica, un vecchio elmetto attraversato da un proiettile. In questo caso si tratta di lamiera di acciaio, ma è evidente la differenza fra il foro di entrata a sinistra e quello di uscita a destra.” Io non sono un esperto, ma mi sembra un modo di procedere un po’ alla carlona…

    Mi è sfuggito qualche altro elemento emerso nella discussione?

    Qualcuno ha voglia di perlustrare il sito di Di Stefano e trovarne altri?
    http://www.seeninside.net/piracy/

    Tutto questo, naturalmente, prescindendo dalle stranezze sul curriculum (riguardo alle quali si è ben guardato dal rispondere) e sui titoli di Di Stefano, della sua appartenenza a un partitino neofascista che sta strumentalizzando abbestia la vicenda dei Marò etc. etc.

  2. #22
    acquenere
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    Predefinito Re: Il Fatto sbatte Grifo in prima pagina

    Citazione Originariamente Scritto da Bram Visualizza Messaggio
    C'è un questione di fondo che non viene toccata. Ovvero che la "perizia" di LDS. non è frutto di un mandato ufficiale ne parlamentare ne giudiziario e mi si corregga se sbaglio.
    Quindi è ovvio che l'accesso alle fonti era limitato, e in tal senso le premesse erano tutte ben definite.
    Nonostante la mole dell'informazione relativa ai fatti del 15/2/2012 davanti le coste dell'India meridionale i dati frammentati, da fonti diverse, e non verificabili, rendono assai difficile realizzare una “perizia”[..]Quindi ritengo sia utile fare una analisi tecnica degli eventi basata sulla somma dei dati disponibili e provenienti da notizie di stampa, pur nella consapevolezza che alcuni elementi potrebbero essere stati riportati sbagliati o distorti.
    Anzi se vogliamo le premesse erano pure tante per essere una cosa pubblicata... su internet. L'errore di LDS è stato millantare un titolo… nella firma.
    Ma se ben ricordo tutto l'ambaradan mediatico innocentista nasce da subito, ben prima della pubblicazione dello 'studio' di LDS, quindi non ci vedo nessun gomblotto fascista-poundiano.
    Per dio, vogliamo dire che la responsabilità politica macroscopica è quella dei ministeri e del parlamento (e dio grazia che almeno i radicali si siano dati una svegliata) nel non aver fatto loro questo mestiere d'analisi tecnica visto che avrebbero potuto aver sicuramente accesso più facile e a disposizione personale (anche militari) con tutte le qualifiche per farla.
    No, non lo vogliamo dire, perchè non è funzionale al "daghela al fascista", quindi non ci interessa.
    Ultima modifica di giacomo; 06-01-13 alle 11:45

  3. #23
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    Predefinito Re: Il Fatto sbatte Grifo in prima pagina

    Citazione Originariamente Scritto da Abdullah Visualizza Messaggio
    http://gazzette.comune.jesi.an.it/2011/160/2.htm

    A me risulta che il loro ingaggio fosse in forza del decreto legge al quale ti rimando.
    In quale misura ci siano coperture internazionali francamente non lo so.

    http://www.grnet.it/difesa/forze-arm...commissione-ue


    La stessa decisione ONU in base alla quale la marina indiana pattugliava e pattuglia l'oceano indiano, con tale rispetto delle regole d'ingaggio che la INS Taba nel 2008 ha affondato a cannonate un peschereccio thai, sequestrato dai pirati, incurante del fatto che l'equipaggio era tenuto prigioniero a bordo.
    Quei vigliacchi menefreghisti invecce di abbordare e cercare , almeno, di liberare quei poveracci di pescatori, si sono tenuti ben lontani, e li hanno affondati a cannonate.

    Dopodiche' se ne sono andati, senza fermarsi a soccorrer i superstiti ( un crimine in se e per se)

    Solo uno dei pescatori e' sopravvissuto, raccolto da un mercantile di passaggio, per raccontare la sua storia.

    Pensi che gli indiani abbiano consegnato quel porco del xomandante ai thai perche' fosse processato?

  4. #24
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    Predefinito Re: Il Fatto sbatte Grifo in prima pagina

    Citazione Originariamente Scritto da Airbus Visualizza Messaggio
    Ma io non ho capito una cosa:

    indipendentemente dalla questione acque internazionali o nazionali, giudizio in india o in italia, due domande

    - ma è possibile considerare eroi nazionali due assassini di civili?
    secondo, dei militari al servizio di un interesse privato non sono dei mercenari?

    che cavolo c'entra la patria??
    I militari non difendono le vite e i beni dei civili? Altrimenti a cosa servirebbero? A fare la guardia ai palazzi dello stato e a dilettare i politici con le parate? Che li paghiamo a fare se non per difendere le nostre vite e i nostri beni? Mahh...
    .

  5. #25
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    Predefinito Re: Il Fatto sbatte Grifo in prima pagina

    Citazione Originariamente Scritto da giacomo Visualizza Messaggio
    C'è un questione di fondo che non viene toccata. Ovvero che la "perizia" di LDS. non è frutto di un mandato ufficiale ne parlamentare ne giudiziario e mi si corregga se sbaglio.
    Quindi è ovvio che l'accesso alle fonti era limitato, e in tal senso le premesse erano tutte ben definite.

    Anzi se vogliamo le premesse erano pure tante per essere una cosa pubblicata... su internet. L'errore di LDS è stato millantare un titolo… nella firma.
    Ma se ben ricordo tutto l'ambaradan mediatico innocentista nasce da subito, ben prima della pubblicazione dello 'studio' di LDS, quindi non ci vedo nessun gomblotto fascista-poundiano.
    Per dio, vogliamo dire che la responsabilità politica macroscopica è quella dei ministeri e del parlamento (e dio grazia che almeno i radicali si siano dati una svegliata) nel non aver fatto loro questo mestiere d'analisi tecnica visto che avrebbero potuto aver sicuramente accesso più facile e a disposizione personale (anche militari) con tutte le qualifiche per farla.
    No, non lo vogliamo dire, perchè non è funzionale al "daghela al fascista", quindi non ci interessa.


    Su un punto mi pare che possiamo essere daccordo,la perizia è chiaramente di parte,approssimava e fatta senza titoli.Alla tua domanda non so rispondere comunque mi ricordo fu presentata alla camera dei deputati e ebbe una buona risonanza

  6. #26
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    Predefinito Re: Il Fatto sbatte Grifo in prima pagina

    V
    Citazione Originariamente Scritto da Abdullah Visualizza Messaggio
    http://gazzette.comune.jesi.an.it/2011/160/2.htm

    A me risulta che il loro ingaggio fosse in forza del decreto legge al quale ti rimando.
    In quale misura ci siano coperture internazionali francamente non lo so.

    http://www.grnet.it/difesa/forze-arm...commissione-ue


    Comunque la pirateria e' definita come un crimine universale, contro il quale puo' intervenire qualunque stato, in alto mare, cioe' al di la' delle acque trrritoriali, come da articoli 101/103 della UNCLOS 82, UN convention on the law at sea
    In piu' , una risoluzione unanime del consiglio di sicurezza, del 2009 mi pare, autorizza le marine interessate ad agire anche all'interno delle acque territoriali somale

  7. #27
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    Predefinito Re: Il Fatto sbatte Grifo in prima pagina

    Citazione Originariamente Scritto da atvar51 Visualizza Messaggio
    La stessa decisione ONU in base alla quale la marina indiana pattugliava e pattuglia l'oceano indiano, con tale rispetto delle regole d'ingaggio che la INS Taba nel 2008 ha affondato a cannonate un peschereccio thai, sequestrato dai pirati, incurante del fatto che l'equipaggio era tenuto prigioniero a bordo.
    Quei vigliacchi menefreghisti invecce di abbordare e cercare , almeno, di liberare quei poveracci di pescatori, si sono tenuti ben lontani, e li hanno affondati a cannonate.

    Dopodiche' se ne sono andati, senza fermarsi a soccorrer i superstiti ( un crimine in se e per se)

    Solo uno dei pescatori e' sopravvissuto, raccolto da un mercantile di passaggio, per raccontare la sua storia.

    Pensi che gli indiani abbiano consegnato quel porco del xomandante ai thai perche' fosse processato?
    La legge per gli amici si interpreta, per i nemici si applica.
    Non è un principio valido solo in Italia.
    .
    L'ultimo uomo ad essere entrato in Parlamento con intenzioni oneste.

    Non basta negare le idee degli altri per avere il diritto di dire "Io ho un'idea". (G. Guareschi)

  8. #28
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    Predefinito Re: Il Fatto sbatte Grifo in prima pagina

    Citazione Originariamente Scritto da Guy Fawkes Visualizza Messaggio
    La legge per gli amici si interpreta, per i nemici si applica.
    Non è un principio valido solo in Italia.
    In ogni caso, l'accusa deve ancora provare le sue tesi: considerate la scarsa levatura delle prove finora mostrate dalle autorità del Kerala, il loro atteggiamento non cooperativo e anzi estremamente reticente, e tutti i buchi neri delle ricostruzioni di parte indiana, direi che ci sarebbe molto da discutere.
    E comunque, in attesa di prove definitive, continuerò a ritenere innocenti i due marò.
    .
    L'ultimo uomo ad essere entrato in Parlamento con intenzioni oneste.

    Non basta negare le idee degli altri per avere il diritto di dire "Io ho un'idea". (G. Guareschi)

  9. #29
    رباني
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    Predefinito Re: Il Fatto sbatte Grifo in prima pagina

    Citazione Originariamente Scritto da giacomo Visualizza Messaggio
    C'è un questione di fondo che non viene toccata. Ovvero che la "perizia" di LDS. non è frutto di un mandato ufficiale ne parlamentare ne giudiziario e mi si corregga se sbaglio.
    Ecco, questa é la domanda che mi ha incuriosito fin dall'inizio.
    La perizia di LDS da chi é stata commissionata?
    A quale titolo e da chi é stata presentata alla Commissione Parlamentare?
    Rerum cognoscere causas

  10. #30
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    Predefinito Re: Il Fatto sbatte Grifo in prima pagina

    Citazione Originariamente Scritto da Abdullah Visualizza Messaggio
    Ecco, questa é la domanda che mi ha incuriosito fin dall'inizio.
    La perizia di LDS da chi é stata commissionata?
    A quale titolo e da chi é stata presentata alla Commissione Parlamentare?
    Domanda da un milione di dollari.

 

 
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