Originariamente Scritto da
Giò
Stupidaggini privi di senso ed antistoriche.
Singoli casi di corruzione non sono mai stati estranei alla vita degli Stati e del resto è del tutto utopistico pensare di eliminarli in quanto la natura umana è tutt'altro che esente da imperfezioni.
Ciò nonostante, non corrisponde al vero considerare lo Stato "un guazzabuglio di paraculati e corrotti", come se oggi non girassero mazzette et similia.
Marcello Staglieno scrive in "Arnaldo e Benito. Due fratelli": "Scriverà autorevolmente nel 1952 Pasquale Saraceno - con tesi poi accettate da Rosario Romeo - che l'IRI, con il sistema degli investimenti e dei salvataggi bancari, ha avuto 'un suo lato positivo di grande rilievo...a) di ricostruire i depositi dei piccoli risparmiatori perduti nel lancio delle nuove industrie e, b) di mantenere le linee maestre di un sistema bancario il cui crollo avrebbe avuto riflessi molto gravi sulla vita economica del paese...Il che ci permette di rilevare che l'IRI, ente il cui solo nome richiama una forma di massiccio intervento statale nell'economia, ha rappresentato, per effetto della sua sola costituzione, un istrumento di sviluppo e di tutela della media e piccola iniziativa privata a disposizione della quale lo Stato - con i risanamenti - ha di nuovo posto le grandi banche di interesse nazionale, le cui risorse erano state prima di allora monopolizzate da un gruppo limitato di aziende di grandi dimensioni'. Sarà anche, l'IRI, uno dei fattori della ripresa economica postbellica al pari del settore bancario - con la quasi totalità delle azioni costituita dai capitali sociali della Banca commerciale, della Banca di Roma e del Credito italiano, istituti posti sotto controllo pubblico nel 1936 come banche di interesse nazionale / BIN -, sino alle privatizzazioni degli anni Novanta".
De Felice scrisse altrettanto autorevolmente: "Un giudizio in genere molto critico e duro e che si può così sintetizzare [è]: la burocrazia sarebbe stata negli anni del fascismo scarsamente efficiente, passivamente prona di fronte al potere politico, non di rado corrotta. Un giudizio così drastico è, a nostro avviso, da respingere in quanto in gran parte frutto, per un verso, della superficiale polemica antiburocratica che ha caratterizzato quasi un secolo della cultura italiana e tutt’ora la caratterizza largamente, per un altro verso, di mera faziosità politica e, per un altro verso ancora, di incomprensione delle peculiarità che contraddistinguono la storia degli apparati amministrativi rispetto a quella politica, in particolare per ciò che concerne i tempi dei mutamenti riguardanti tali apparati, più lunghi o, almeno, visibili solo su tempi più lunghi di quelli della storia politica. Negli anni del fascismo la burocrazia statale subì certamente un processo di degradazione qualitativa (tecnica e morale) e funzionale […] Questo processo fu però nel complesso lento – tant’è che i suoi effetti maggiori si fecero sentire soprattutto dopo la fine del fascismo – sia perché, salvo casi eccezionali, non riguardò tanto i vertici e gli stessi quadri intermedi di origine e formazione giolittiana, quanto i nuovi elementi entrati in carriera sotto il fascismo, sia perché la presenza di questi elementi divenne […] quantitativamente importante e qualitativamente più indiscriminata negli anni della seconda guerra mondiale, quando, per di più, la crisi del regime e le difficoltà materiali del momento costituirono altrettanti stimoli a sottrarsi ad una certa tradizione e ad un certo habitus burocratico tutt’altro che negativi che, sino allora, avevano ancora continuato a caratterizzare il comportamento della burocrazia italiana. Sicché si può affermare che sotto questo profilo Mussolini non sbagliava a fare affidamento nella burocrazia".
In pratica, la burocrazia italiana in epoca fascista aggravò la propria situazione quando…il regime entrò in crisi!
...e si potrebbe citare tanto altro.