Chi controlla Est Ghouta? il meglio del jihadismo salafita siriano:
- Tahrir al-Sham (Al-Nusra, ovvero Al-Qaeda in Siria)
- Jaysh al-Islam (Salafiti, vogliono rifondare il califfato Umayyade ed eliminare tutti gli infedeli di Damasco)
- Ahrar al-Sham (Organizzazione terroristica secondo sentenze di tribunali tedeschi, vogliono creare uno stato islamico)
- Al-Rahman Legion (altro gruppo salafita)
Di questi, solo l'ultimo non è ufficialmente riconosciuto da comunità internazionali come gruppo terroristico.
Ricordo anche che i ribelli bombardano costantemente con mortai e artiglieria Damasco, ieri l'altro hanno colpito una scuola dove ci sono stati morti e feriti.
Quindi si, Est Ghouta è zeppa di terroristi e anche (ahimè) di civili.
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Se il terrorismo è minacciato gli Usa sono lì per sostituirlo e accusare l'Iran di fomentare il terrorismo, anche se nei fatti accade l'esatto contrario. Ma fin quando l'informazione prende ordini e denaro dagli Usa la propaganda del duo Botteri Goracci e simili servrà per distorcere ogni realtà e costruirne una inesistente. Però è la Russia la fonte delle fake news.
Gli Usa rimarranno in Siria e senza alcuna autorizzazione
L’amministrazione Trump ha deciso che non è necessaria alcuna nuova autorizzazione legale per mantenere indefinitamente le forze militari americane schierate in Siria e in Iraq, anche in quei territori liberata dallo Stato Islamico. Come riporta il New York Times, esiste un dibattito intenro alla politica Us asul ruolo americano in Siria e in Iraq. In particolare, un senatore, Tim Kaine, ha inviato una lettera a Tillerson e Mattis chiedendo esplicitamente quale fosse il motivo della permanenza delle truppe americane in quei territori chiedendo un chiarimento davanti al Congresso. I funzionari della Difesa hanno risposto a queste richieste, con diverse motivazioni, che vale la prena approfondire.
Il motivo principale è molto semplice, anche se ovviamente foriero di alcune conseguenze e contraddizioni già visibili. Gli Usa vogliono rimanere in Siria per evitare che l’Iran consolidi la sua influenza fino al Mediterraneo e che lo Stato siriano riottenga tutti i territori, anche quelli occupati delle forze ribelli sostenute dalla coalizione internazionale. E le due cose, ovviamente, sono combinate in maniera quasi indissolubile.
In questo momento, secondo il quotidiano newyorchese, esistono due idee nella Difesa sul mantenimento delle forze in Siria. Una ritiene che sia necessario che le forze Usa restino in Siria come garanzia per il contrasto all’influenza iraniana (una tesi sostenuta anche dagli alleati regionali che seguono la linea di Washington, e cioè Israele e Arabia Saudita). Un’altra parte del Pentagono, invece, giustifica la permanenza delle forze americane anche nella logica del contrasto al terrorismo islamico. E questo per evitare una ripetizione delle conseguenze del ritiro dall’Iraq. “Proprio come quando ritirammo le forze statunitensi prematuramente, il gruppo [lo Stato islamico] cercherà di sfruttare ogni tipo di pressione per rigenerarsi e ristabilire il controllo locale del territorio”, ha scritto il vice sottosegretario David Trachtenberg.
Nella lettera con cui Trachtenberg ha risposto al senatore dem della Virginia, Kaine, e in quella allegata del Dipartimento di Stato viene sostenuto qualcosa di molto interessante. E cioè che sarebbe lo stesso diritto internazionale ad autorizzare le forze americane a rimanere in Siria, nonostante la mancanza di alcuna formale autorizzazione da parte del governo siriano. In pratica, l’idea che circola a Washington è che non serva un’autorizzazione di uno Stato quando il governo siriano e le forze iraniane hanno minacciato gli americani e i gruppi ribelli sostenuti dagli Usa impegnate a contrastare il terrorismo internazionale. “Gli Stati Uniti non cercano di combattere il governo della Siria o dell’Iran o di gruppi sostenuti dall’Iran in Iraq o in Siria”, ha scritto Mary K. Waters, l’assistente al segretario di Stato per gli affari legislativi. “Tuttavia, gli Stati Uniti non esiteranno a usare la forza necessaria e proporzionata per difendere loro stessi, la coalizione o le forze partner impegnate nelle operazioni per sconfiggere Isis e Al-Qaeda”. Una giustificazione che, in tutta franchezza, apparirebbe debole a chiunque, anche a una persona non esperta di diritto internazionale. E infatti le critiche sono arrivate anche da illustri giuristi americani, non certo persone legate all’Iran o alla Russia.
E le cose non vanno meglio neanche sotto il profilo di diritto interno. Kaine, nelle sue richieste, ha anche invitato l’amministrazione Trump a chiedere una nuova autorizzazione del Congresso per qualsiasi missione a lungo termine in Siria e in Iraq. E questo perché, se la missioni diventa “per colpire le forze pro-Assad in aree prive dell’Isis per proteggere i nostri partner siriani che cercano il rovesciamento di Assad”, è evidente che i parametri legali e politici della campagna in Siria cambiano notevolmente rispetto a quelli usati per intraprendere la guerra allo Stato islamico.
La teoria legale principale su cui si basa l’esecutivo è la stessa utilizzata dall’amministrazione Obama nel 2014, quando gli Stati Uniti hanno iniziato a bombardare le forze dello Stato islamico. Sotto Obama e Trump l’idea è che la guerra contro lo Stato islamico sia coperta da una legge del 2001 che autorizza l’uso della forza militare contro gli autori degli attacchi dell’11 settembre e una legge del 2002 che autorizzava l’invasione dell’Iraq. Siccome lo Stato islamico nasce da una costola di al-Qaeda, allora, di conseguenza, combattere l’Isis equivarrebbe a continuare la guerra a quei gruppi terroristi che hanno colpito il territorio americano durante l’11 settembre del 2001 Una teoria contestata da più parti all’interno del Congresso, dal momento che non solo l’Isis si è separato da al-Qaeda e sono nemici sul campo, ma anche perché il ritiro di Obama dall’Iraq avrebbe di fatto reso inefficace l’autorizzazione alla sua invasione.
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