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    Predefinito Anche la Banca d'Italia boccia il trio di pescivendoli (Monti, Bersani, Berlusconi)

    Banca d’Italia: i tagli portano la recessione

    La Banca d’Italia vede un 2013 di recessione e corregge l’ottimismo passato, teme la disoccupazione e ammette che l’austerità peggiora la finanza pubblica. Tre notizie importanti per la campagna elettorale

    Meno uno percento. La notizia è che per Banca d’Italia l’economia del paese sarà in recessione anche nel 2013, in un’eurozona senza ripresa, col prodotto in calo anche negli ultimi tre mesi. In Italia la disoccupazione – ora all’11,1% – salirà al 12%. Il rapporto debito/Pil – ora al 126% – continuerà a peggiorare nel 2013 e potrà ridursi solo dal 2014. Ma le vere notizie, dietro questi dati sono altre.

    La prima è che Banca d’Italia impara a correggere le previsioni sbagliate (prima, per il 2013 prevedeva un calo di appeno lo 0,2%). La Banca centrale europea ha sbagliato finora tre previsioni su quattro e c’è voluto il risveglio keynesiano di Olivier Blanchard, capo-economista del Fondo monetario, per ricordare ai banchieri che l’austerità provoca recessione. Ma questa non è solo una caduta del reddito. In Italia il Pil è sceso nel 2012 (-2,1% per Banca d’Italia, -2,4% per il governo), era stagnante nel 2010-2011, era caduto del 5,1% nel 2009 e dell’1,2% nel 2008. Questa è una depressione. Secondo Confindustria la produzione industriale nel dicembre 2012 è del 25% inferiore al livello pre-crisi dell’aprile 2008: in questi cinque anni un quarto della capacità produttiva del paese è andata perduta.

    La seconda notizia è il collasso del lavoro. Oggi i disoccupati sono 2,8 milioni, a cui si deve aggiungere l’equivalente di 520 mila persone in cassa integrazione a zero ore nel 2012, e un milione e mezzo di persone in cerca di lavoro ma “scoraggiate”, che scivolano fuori dalla definizione di disoccupati. In tutto arriviamo al 18%, più di un italiano su sei. E sappiamo che il 37% dei giovani non lavorano e che, tra coloro che un lavoro ce l’hanno, ci sono quattro milioni di lavoratori precari, quasi un dipendente su quattro. Banca d’Italia ci dice che tutto questo è destinato a peggiorare ancora.

    La terza notizia è che Banca d’Italia ammette che le politiche realizzate per ridurre deficit e debito pubblico non possono funzionare. L’anno scorso il deficit netto è stato del 3% del Pil, contro il 3,9% del 2011. Ma nel 2011-2012 sono state effettuate dai governi Berlusconi e Monti cinque manovre fiscali, per un totale di 120 miliardi di euro. Tutto questo è riuscito a migliorare solo di poche briciole il saldo, ma ha aggravato la caduta del Pil: con il Pil che cade, la finanza pubblica non può migliorare.

    Banca d’Italia spera che nella seconda metà del 2013 la caduta del prodotto possa fermarsi grazie a una ripresa di investimenti e export. Ma quali imprese investono quando perdono un quarto della produzione? E nel 2013 (e dopo) peserà l’effetto delle manovre del governo Monti che tagliano la spesa pubblica per molte decine di miliardi. La domanda continuerà a cadere e, senza domanda, – lo sanno tutti ormai - il prodotto non cresce. Solo un drastico cambio di rotta può farci uscire dalla crisi, cambiando la traiettoria di uno sviluppo ingiusto e insostenibile.

    Sembrano notizie di rilievo. Chissà perché la campagna elettorale non se ne occupa.

    Banca d?Italia: i tagli portano la recessione - ControLaCrisi.org

    E BUONANOTTE AI SUONATORI.

  2. #2
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    Predefinito Re: Anche la Banca d'Italia boccia il trio di pescivendoli (Monti, Bersani, Berluscon

    Citazione Originariamente Scritto da seven77 Visualizza Messaggio
    Banca d’Italia: i tagli portano la recessione

    La Banca d’Italia vede un 2013 di recessione e corregge l’ottimismo passato, teme la disoccupazione e ammette che l’austerità peggiora la finanza pubblica. Tre notizie importanti per la campagna elettorale

    Meno uno percento. La notizia è che per Banca d’Italia l’economia del paese sarà in recessione anche nel 2013, in un’eurozona senza ripresa, col prodotto in calo anche negli ultimi tre mesi. In Italia la disoccupazione – ora all’11,1% – salirà al 12%. Il rapporto debito/Pil – ora al 126% – continuerà a peggiorare nel 2013 e potrà ridursi solo dal 2014. Ma le vere notizie, dietro questi dati sono altre.

    La prima è che Banca d’Italia impara a correggere le previsioni sbagliate (prima, per il 2013 prevedeva un calo di appeno lo 0,2%). La Banca centrale europea ha sbagliato finora tre previsioni su quattro e c’è voluto il risveglio keynesiano di Olivier Blanchard, capo-economista del Fondo monetario, per ricordare ai banchieri che l’austerità provoca recessione. Ma questa non è solo una caduta del reddito. In Italia il Pil è sceso nel 2012 (-2,1% per Banca d’Italia, -2,4% per il governo), era stagnante nel 2010-2011, era caduto del 5,1% nel 2009 e dell’1,2% nel 2008. Questa è una depressione. Secondo Confindustria la produzione industriale nel dicembre 2012 è del 25% inferiore al livello pre-crisi dell’aprile 2008: in questi cinque anni un quarto della capacità produttiva del paese è andata perduta.

    La seconda notizia è il collasso del lavoro. Oggi i disoccupati sono 2,8 milioni, a cui si deve aggiungere l’equivalente di 520 mila persone in cassa integrazione a zero ore nel 2012, e un milione e mezzo di persone in cerca di lavoro ma “scoraggiate”, che scivolano fuori dalla definizione di disoccupati. In tutto arriviamo al 18%, più di un italiano su sei. E sappiamo che il 37% dei giovani non lavorano e che, tra coloro che un lavoro ce l’hanno, ci sono quattro milioni di lavoratori precari, quasi un dipendente su quattro. Banca d’Italia ci dice che tutto questo è destinato a peggiorare ancora.

    La terza notizia è che Banca d’Italia ammette che le politiche realizzate per ridurre deficit e debito pubblico non possono funzionare. L’anno scorso il deficit netto è stato del 3% del Pil, contro il 3,9% del 2011. Ma nel 2011-2012 sono state effettuate dai governi Berlusconi e Monti cinque manovre fiscali, per un totale di 120 miliardi di euro. Tutto questo è riuscito a migliorare solo di poche briciole il saldo, ma ha aggravato la caduta del Pil: con il Pil che cade, la finanza pubblica non può migliorare.

    Banca d’Italia spera che nella seconda metà del 2013 la caduta del prodotto possa fermarsi grazie a una ripresa di investimenti e export. Ma quali imprese investono quando perdono un quarto della produzione? E nel 2013 (e dopo) peserà l’effetto delle manovre del governo Monti che tagliano la spesa pubblica per molte decine di miliardi. La domanda continuerà a cadere e, senza domanda, – lo sanno tutti ormai - il prodotto non cresce. Solo un drastico cambio di rotta può farci uscire dalla crisi, cambiando la traiettoria di uno sviluppo ingiusto e insostenibile.

    Sembrano notizie di rilievo. Chissà perché la campagna elettorale non se ne occupa.

    Banca d?Italia: i tagli portano la recessione - ControLaCrisi.org

    E BUONANOTTE AI SUONATORI.
    Il titolo che hai dato al thread è ingiusto e fuorviante.
    Quello corretto, sarebbe stato: "L'Europa è nella merda".
    E lo si evince chiaramente dalle prime righe dello scritto:
    La notizia è che per Banca d’Italia l’economia del paese sarà in recessione anche nel 2013, in un’eurozona senza ripresa, col prodotto in calo anche negli ultimi tre mesi. In Italia la disoccupazione – ora all’11,1% – salirà al 12%.
    Quello che è evidente è che questa cosa è comune oramai a tutta la UE, Germania compresa.
    Unica eccezione di rilievo è forse l'Irlanda che ha secondo le previsioni, buone probabilità di vedere per quest'anno un buon segno + davanti ai suoi risultati.
    Ma comunque l'Irlanda lascia il tempo che trova...
    Il problema è europeo, siamo in una situazione difficile, le nostre economie, chi più chi meno, sono state concepite ed organizzate in maniera da prevedere come uno dei principali attori in campo, il soggetto pubblico.
    Adesso che il soggetto pubblico non può spendere perchè oberrato di debiti e già con una imposizione fiscale oltre misura, nascono i problemi e si pianta la baracca.
    Ai bei tempi si sarebbe svalutato, stampato un po' di contanti e il problema veniva rimbalzato in avanti di x anni, a data da destinarsi.
    Adesso tutto ciò non si può più fare.
    In realtà, son già di più di 10 anni che non si può fare.
    Anni nei quali alle svalutazioni si è sostituita la pratica del "famo finta de niente, è tranquillo, funzia così..."
    I primi 7-8 anni del terzo millennio scivolarono via tranquilli sino al bel giorno in cui qualcuno si pose la fatidica domanda: ma veramente è tranquillo? E se non è tranquillo? Sai che c'è? io mi ripiglio i miei soldi. Mal che vada, poi li reinvesto.
    E lì inizia la tragedia, adesso si vuole andare a vedere cosa c'era dietro quegli sguardi ammiccanti, quelle pacche sulle spalle, quei bei sermoni sui valori e sui principi.
    Salta fuori di tutto di più, un livello di ladrocinio operato su tutti i fronti, con tutti i mezzi e a tutti i livelli.
    Il ladrocinio elevato a mission aziendale e di Stato.
    A quel punto viene meno l'elemento fondante, il collante che tiene insieme l'intera baracca coi suoi tanti burattini: la fiducia.
    E questo è il prologo necessario per la comparsa sulla scena di un famoso attore: lo spread.
    Come trasformare un indicatore in un'arma di distruzione.

    Tutto sto sermone per dire cosa?
    Se non si ristabilisce un clima di fiducia, non si va da nessuna parte.
    E la fiducia la si crea con i propri comportamenti, con la propria credibilità.
    Su questo piano, chi andrà a governare il paese, ha di che lavorare per un bel pezzo, c'è da auspicare che chiunque sarà, abbia in ogni caso spalle robuste ed una squadra di ministri sottosegretari e tecnici all'altezza del compito che si dovrà svolgere.
    Figliolo, lei è un asino...
    (D.Pastorelli, cit.)


 

 

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