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    Predefinito Europa e sovranità nazionale

    MZ Il giornale del ribelle - Movimento Zero - Europa e sovranità nazionale

    Europa e sovranità nazionale

    26 Gennaio 2013



    “Una volontà unica, formidabile, capace di perseguire uno scopo per migliaia di anni”; con questa frase Nietzsche definiva il destino ineluttabile dell’unificazione europea. Che Nietzsche detestasse il nazionalismo e ritenesse di dover andar oltre il concetto di nazione, per ricollegarsi all’idea di Impero, nel senso di un recupero del modello classico greco-romano e pagano, è cosa risaputa. Nel pensiero decadente di Thomas Mann c’e la stessa consapevolezza nicciana del nichilismo imperante e perciò anche la percezione della crisi europea, ma in Mann tale percezione si ammanta di una patina opaca di pessimismo conservatore; dove in Nietzsche il pessimismo dionisiaco è produttivo perché tradotto in azione “tragica”, in Mann, viceversa, volge verso un senso crepuscolare di sconfitta.

    La storia ha purtroppo dato ragione a Mann, perché la Volontà di potenza nicciana – seppur arbitrariamente interpretata – si è tradotta nella furia nazista, dove il sogno di un’Europa unificata è degenerato nel delirio del III Reich hitleriano. La sconfitta storica del nazismo non ha però cancellato il sogno dell’unificazione europea; infatti, dal dopoguerra comunismo e capitalismo – che Massimo Fini definisce due facce della stessa medaglia – hanno perseguito lo stesso obbiettivo e “le destre”, malgrado appaiano antieuropee o euroscettiche, sembrano in realtà avere in mente “un’Europa diversa”. Tranne rari casi, anche a destra non si chiede di tornare alla “sovranità monetaria”, bensì la trasformazione della Banca centrale europea in prestatore di ultima istanza per proteggere l'euro dagli attacchi speculativi, mantenendo la sua indipendenza funzionale e coordinandosi con le altre istituzioni rappresentative. Non viene però specificato come ciò potrebbe risolvere gli attuali problemi: se s’immagina una Banca centrale europea indipendente dagli stati nazionali, di fatto, immaginiamo o una Banca centrale europea, privata, che domina sopra gli stati nazionali o viceversa una Banca centrale europea, pubblica, che in quanto tale implica la creazione di uno Stato Europeo e quindi il superamento del concetto di Stato nazionale.

    Quelle forze politiche che si definiscono “nazionali” o “nazionaliste”, in realtà vogliono superare l’attuale Europa solo “economica e monetaria”, per giungere alla creazione dell’unificazione politica dell’Europa. Questa posizione tradisce reminiscenze nicciane ed evoliane e il sogno di un’Europa intesa come nuovo “Impero Romano d’Occidente”. Comunque sia, qualsiasi progetto di Europa significa la perdita di sovranità nazionale e quindi il rischio di disperdere la propria identità culturale. Anche nel pensiero di Alain de Benoist e di Massimo Fini, si prevede l’inesorabilità del superamento del concetto di stato-nazione. Benoist, pur essendo piuttosto critico nei confronti dell’attuale Unione Europea, è tornato recentemente a criticare il “sovranismo”, affermando che “un’altra Europa è possibile”. Il pensiero di Benoist volge verso un’idea di Europa unita e federale, dove il concetto di nazione è superato, in virtù di una visione d’identità regionali unite da un comune senso di appartenenza continentale. Il debito nei confronti di Nietzsche e di Carl Schmitt è palese. Fini ha scritto un articolo, riportato anche da questo blog, nel quale affermava che l’Europa è nata male, perché sarebbe dovuta nascere prima l’Europa politica e solo successivamente quella economica e monetaria, e rilevava come l’unificazione europea sui versanti politico, economico e militare, sia sempre stata temuta e quindi ostacolata dagli Usa. La conclusione è che nessuno stato nazionale europeo può da solo competere con gli Usa e ancor meno con potenze emergenti come Cina, India e Brasile.

    Personalmente mi devo dire scettico; quando ci domandiamo cosa unisca veramente l’Italia, viene a mente la lezione di Pasolini che indicava nella lingua l’elemento unificante, una lingua di derivazione latina che con Dante, Petrarca e Boccaccio, era diventata lingua nazionale; ma a unire l’Europa, non c’è neppure una lingua e se ci fosse sarebbe sicuramente l’inglese. Le differenze, non solo linguistiche, ma anche etniche, culturali, e in parte religiose, sono tali da non ritenere auspicabile – dal mio punto di vista – un processo unificante. L’unificazione politica dell’Europa, comporterebbe un’unificazione culturale e quindi un processo di omologazione tipico di una visione mondialista e incoerente con un pensiero antimodernista. Il pensiero di chi vuole un’Europa delle piccole patrie rivendica il suo tradizionalismo, in virtù del fatto che già l’era cristiana rappresenta una “decadenza moderna” che deve essere superata per ricostituire un’era pagana pre-cristiana. Con questo escamotage, si pretende di dare una parvenza di coerenza tradizionalista e antimodernista a un pensiero che invece condivide con il mondialismo l’idea fondante: l’unificazione e la semplificazione. Alla fine, tutto si esaurisce in un semplice scontro tra due diverse visioni d’Europa: quella illuminista di matrice comunista/capitalista e quella medievale di matrice tradizional-antimodernista. Supponiamo anche che questo sia giusto e sufficiente per preservare le varie identità, pur in un ritrovato spirito continentale unitario: com’è possibile non temere che sbriciolare le nazioni europee in tante “piccole patrie” non sia altamente pericoloso in tempi di globalizzazione? Non potrebbe essere che i fautori del mondialismo non solo non lo temano, ma anzi incoraggino i moti secessionistici e separatistici, perché potrebbero facilitare il processo unificante euromondialista del Nuovo Ordine Mondiale? E se poi vogliamo parlare della necessità di unire i popoli nelle “piccole patrie”, allora invece dell’unificazione europea, sarebbe opportuna l’unificazione dei tre principali ceppi etnici: i nordici, gli slavi e i latini; tre ceppi che dovrebbero rimanere separati e distinti tra loro, non per motivi razziali bensì per ragioni identitarie. L’Italia ha molto più in comune con le popolazioni arabe, con l’Africa settentrionale e il Medio Oriente; più che all’Impero Romano d’Occidente, bisognerebbe aspirare a un nuovo Impero bizantino, ma ciò non implica necessariamente un’unità né monetaria, né politica. Seppur consapevole che questa mia opinione non sia condivisa né da Benoist, né da Fini, affermo di ritenere che l’unico argine possibile alla globalizzazione mondialista sia il ritorno senza indugi alle sovranità monetaria e nazionale.

    Gianluca Donati
    Ultima modifica di Avanguardia; 02-02-13 alle 13:24

  2. #2
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    Predefinito Re: Europa e sovranità nazionale

    CONDIVISIBILE.

  3. #3
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    Predefinito Re: Europa e sovranità nazionale

    MZ Il giornale del ribelle - Movimento Zero - Controllo totale
    10 Febbraio 2013



    Chissà quanti cittadini in Italia e in Europa sanno che nel 2007 è stato firmato il trattato di Velsen, ratificato al Senato il 28 aprile 2010 con la legge 84 del 14 maggio 2010 che, di fatto, sancisce l’esistenza della Eurogendfor, gendarmeria europea sovranazionale. Chissà quanti sono a conoscenza del fatto che questa forza poliziesca europea, non è soggetta alle leggi dei tribunali nazionali e che Inghilterra e Germania sono escluse, in quanto la stessa gendarmeria non può agire in queste due nazioni. In pratica stanno creando – con la complicità dei parlamenti nazionali – una nuova “Gestapo”. Proprio in questi ultimi giorni, si è lavorato per il mandato di arresto europeo. Che cos’è? Semplice, se un rumeno, per esempio, in Italia compie un’azione che in Romania è reato, ma in Italia no, finisce in carcere. Ciò non è altro che il frutto maturo (anzi marcio) dell’universalità del diritto, di derivazione illuministica, solo che anziché estendere i diritti, rischia di cancellarli. Supponiamo di giungere a un mandato di arresto mondiale – cosa tutt’altro che impossibile – e che un cubano gay venga in Italia a fare sesso con un altro uomo. Che succede? Teoricamente dovrebbe essere spedito a Cuba per scontare il carcere, in quanto a Cuba l’omosessualità è reato. Ho fatto solo uno delle migliaia di esempi che potrei fare. Si procede a tutta velocità verso il Governo Mondiale, un governo che rischia di essere un insieme del peggio del comunismo e del nazismo.

    Quando parlo di queste cose, generalmente mi si ride in faccia, negando che ci sia un reale rischio di un Quarto Reich, invece è proprio questo il rischio. In particolar modo la Germania sta tentando di realizzare con l’economia e la finanza, quello che non riuscì a realizzare Hitler con la Wehrmacht. La crisi economica dell’Europa è usata per mandare gli Stati nazionali in bancarotta, allo scopo di farli traghettare nello Stato europeo. Quando questo processo politico unitario sarà completato, l’Europa non sarà unita solo economicamente, ma lo sarà anche politicamente, con uno Stato e un governo europeo. Questo Stato- continente, sarà, di fatto, un impero tecno-finanziario antidemocratico, e l’Eurogendfor avrà il compito di reprimere con la forza qualsiasi tentativo di protesta sociale. Quanto accade in Europa, però, non è che parte di qualcosa di più ampio che si sta muovendo a livello globale. Andiamo a vedere quanto accade in Usa; qualcuno si è chiesto come mai improvvisamente le istituzioni americane si stanno accorgendo delle “stragi della follia” provocate dalla vendita di armi da fuoco, comprese quelle d’assalto? In Usa si è sempre dibattuto su questa questione, non si è mai giunti a una conclusione, ma adesso sembra che qualcosa stia cambiando. Come mai? Sono forse aumentate le stragi? A prescindere dalla propaganda, direi che statisticamente siamo nella solita media. La verità è che si sta cavalcando le notizie delle stragi, allo scopo di trovare una motivazione che consenta al governo americano di disarmare il suo popolo. Per quale motivo? Semplice, considerando la gravità della crisi economica in Usa e nel mondo, si prevede che possa compiersi un’insurrezione popolare in America e forse nel mondo. A dire il vero è molto probabile che queste rivolte siano volute dall’elite globale, allo scopo di creare un caos globale, in grado di sgretolare le unità nazionali e farle convogliare nel Nuovo Ordine Mondiale, ovverosi, un Governo dittatoriale globale. Basta vedere un film come “Il cavaliere oscuro: il ritorno” di Christopher Nolan, per averne una conferma. Nessuno nega l’indiscusso talento visionario del regista, né il fatto che il film in questione sia ben girato. Non si nega neppure a Nolan il diritto di credere nelle sue idee e nei suoi valori e anzi, possiamo affermare con certezza che questo genere di film – in forte aumento in Usa – rappresentano una boccata di ossigeno, all’interno della soffocante egemonia culturale “Liberal” che domina da troppo tempo ormai. Però è inutile che Nolan neghi che il film contenga un significato ideologico: il personaggio di Bane rappresenta l’anarchia e il male, ma è un male “necessario”, perché da questo caos sorgerà il Nuovo Ordine Mondiale, imposto dal “reazionario” Batman, che è il bene. Il film sembra influenzato da idee “relativistiche”, dove bene e male sono parte della stessa realtà. Punto di vista interessante e in parte anche vero, però che si dica esplicitamente: è tecno-nazismo, bellezza! Hollywood sembra volerci abituare all’ineluttabilità dell’evento imminente, in realtà creato ad arte dalle élite mondiali.

    Ma quale sarebbe questo “bene supremo” necessario che giustificherebbe le guerre, le violenze, le crisi economiche, che stanno distruggendo stati, nazioni, popolazioni, in virtù di questo Nuovo Ordine Mondiale? Un’idea di come potrebbe essere questo paradiso terrestre ci è suggerito da una delle ultime orripilanti notizie che è circolata: la riforma Obama – già approvata – sancirebbe l’introduzione del chip RFID, un microchip che sarebbe installato dentro il corpo umano e che conterrebbe al suo interno non solo i nostri dati sanitari, ma anche il nostro conto bancario. Si delinea un futuro alla Orwell, dove l’individuo è annullato e risucchiato all’interno di un processo di omologazione, un collettivismo assoluto nel quale nulla di privato e d’intimo è più consentito. Non c’è bisogno di molte spiegazioni per dimostrare che una simile prospettiva è mostruosa, ma chiediamoci se c’è il rischio che ciò possa avvenire anche in Italia. Se consideriamo l’idea di Monti, Bersani e Vendola, concordi nel portare il limite massimo di utilizzo del contante a cinquanta Euro, e se consideriamo che circolano voci secondo le quali il loro obbiettivo finale sarebbe quello di arrivare ad abolirlo completamente, possiamo legittimamente temere che dall’obbligo di pagamento esclusivamente con carta di credito all’installazione del chip RFID, il passo non sia poi così lungo. Mi chiedo se la lotta all’evasione fiscale possa giustificare l’abolizione del contante o addirittura l’inviolabilità del proprio corpo. Chi scrive quest’articolo non ha mai posseduto una carta di credito, né un conto in banca. È evidente che se il contante fosse abolito, sarei costretto a cambiare abitudini. Posso essere libero di non voler possedere carte di credito o conti in banca? È democratica una società che obbliga ad aprire un conto in banca – facendo, di fatto, un favore alle banche – e pagare con carta di credito? E ancora: se voglio fare l’elemosina a un mendicante, come faccio? E mi sia consentito: se una persona vuole andare con una prostituta, come fa? È evidente che in tal caso la carta di credito sarebbe bloccata, non limitandosi a trasformare un’azione immorale in un reato penale, ma, di fatto, rendendola impossibile da compiere. La carta di credito – e peggio ancora – il chip, non sono solo mezzi per spiarci, per sapere in ogni istante, quanti soldi abbiamo, come li abbiamo avuti e come li spendiamo. Se per esempio compro un libro di tizio, anziché di Caio, se finanzio un partito, se pago una prostituta, se ho il vizietto di bere o fumare, se sono un filantropo, ecc, tutte cose che dovrebbero rimanere leggibilmente questioni personali. Ma ancor peggio, l’obbligo della carta di credito o il chip, consentirebbero alle oligarchie tecno-finanziarie, di avere il controllo assoluto sul nostro potere d’acquisto: sono loro che controllano la nostra carta o il nostro chip e se non ubbidiamo a lorsigori, disattivano, e noi non possiamo più accedere al nostro conto. Sarebbe la più orrenda e la più materialistica delle dittature della storia. Di fronte ad una prospettiva simile, non ci possano essere “vie di mezzo”, il “passaggio al bosco” jungeriano deve essere assoluto. Alla dittatura totale, si risponde con la ribellione totale!

    Gianluca Donati
    Ultima modifica di Avanguardia; 10-02-13 alle 13:59

 

 

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