ieri quando al telegiornale ho visto la presentazione del suo libro non credevo ai miei occhi e ai miei oracchi:
il sinistrissimo presentatore Antonio Caprarica, ex sessanttino, comunista, sinistrorso sfegatato evoca la Thatcher come cura per il nostro disastrato paese

ieri ha anche amesso che per oltre 10 anni l'ha combattuta strenuamente ma oggi deve riconoscere che se oggi la Gran Bretagna è messa molto meglio dell'Italia, se i giovani, contrariamente ai giovani italiani hanno delle sepranze per il futuro, se l'economia è decisamente tonica e in forma, questo è dovuto alle medicine amarissime durante gli 11 anni di governo Thatcher



Al centro di questo libro c'è un Paese considerato il "grande malato d'Europa": la sua industria è in declino, il costo della vita minacciosamente cresciuto, il debito pubblico incontenibile, tanto che il governo è sul punto di chiedere l'aiuto del fondo monetario internazionale. Sembra una fotografia dell'Italia di oggi, e invece è il ritratto della Gran Bretagna alla fine degli anni Settanta, poco prima che a Downing Street arrivasse la più intransigente esponente dei conservatori britannici, Margaret Thatcher. Con una fede incrollabile nel liberismo, la Lady di Ferro somministrò al Regno una medicina amarissima, fatta di tagli alla spesa, privatizzazione delle aziende statali e deregulation. Una cura che sembrò, sulle prime, ammazzare il paziente, ma che al contrario lo guarì in breve tempo. Perché ricordare oggi la dura lezione dell'inflessibile Maggie? Innanzitutto per paragonarla con la sorte toccata alle misure proposte dal governo dei tecnici, con le liberalizzazioni "al ragù" e i provvedimenti sulla spesa pubblica tutti pesantemente ridimensionati dalle resistenze di corporazioni e caste in rivolta. E poi per scoprire come si vive in una nazione dove l'economia è governata dalle regole del mercato e della concorrenza e le istituzioni operano in modo trasparente. Un confronto, a tratti provocatorio, che Antonio Caprarica tratteggia in agili capitoli cercando di rispondere a una questione annosa: perché è così difficile fare dell'Italia uno Stato europeo moderno?