Percorro frequentemente, per ragioni personali, il tragitto che da Monselice conduce a Montebelluna, tracciando ogni volta un immaginario solco da sud a nord nel cuore del Veneto. Sarà forse per la leggerezza con cui il mio animo completa ogni volta quei chilometri, ma provo un grande piacere in questi spostamenti. Nelle giornate di sole, come quelle precedenti le ultime abbondanti nevicate, mi piace la sensazione di sentirmi a casa, il senso di agio e di intima unione con i luoghi che attraverso. Certo, a volte è una bellezza un po’ sfiorita quella che mi circonda e i segni del declino serpeggiano attorno. Li vedo nei mattoni che lentamente si sgretolano, delle nostre mura. Li vedo nelle armi che tanti imprenditori rivolgono a se stessi e nelle corde che cianotiche tolgono loro il respiro. Li vedo nei cartelli “vendesi” e nel senso quotidiano di un Veneto sfiancato, forse sopito, di sicuro sfruttato. Per questo è di primaria importanza che ci riprendiamo al più presto quello che ci è stato tolto, che ognuno faccia la sua parte come può. E’ importante, ora, provarci fino in fondo, per poter finalmente guardare l’orizzonte e spalancando le braccia dire con orgoglio: “Tutto questo è nostro”. Poi dovremo ripartire, rimettere insieme i cocci. E ricostruire.
Questo è il motivo per cui sarò a Venezia il 16 febbraio. Per porre le basi del nostro ricostruire. Per esprimere forte la mia volontà d’indipendenza, insieme a molti altri concittadini e patrioti veneti.
E poiché in ogni tappa della propria vita è importante ricordare da dove veniamo, per vedere più chiaramente dove vogliamo arrivare e mettere a fuoco il traguardo al quale miriamo, in molti, ne sono certo, il 16 febbraio ricorderemo di avere avuto una lunga storia passata, non dimenticheremo di essere stati umili contadini ed emigranti e sapremo anche di essere stati italiani.
Avremo le vecchie bandiere, ora nuove, e scriveremo un’altra pagina delle nostre vicende.
Simone Polese
socio area Saccisica e Conselvano
indipendenza veneta