Ma Chrystia Freeland va oltre. Come giornalista del Financial Times, ha seguito i plutocrati per vent’anni nei luoghi dove i Creso del XXI secolo sono soliti incontrarsi (Davos, Dubai, le sale delle Ted Conferences, gli Hamptons, persino gli spalti di Wimbledon), ha visto crescere a dismisura le loro ricchezze e ha imparato a conoscerne attitudini e tic culturali. Nel suo nuovo libro disegna con precisione la nuova fase storica che stiamo vivendo e sottolinea i rischi che la crescente ineguaglianza sociale comporta.
Partiamo da alcuni numeri che focalizzano bene il problema. Secondo Credit Suisse, nel mondo ci sono 28 mila persone che hanno una ricchezza superiore a cento milioni di dollari: quasi la metà vive negli Stati Uniti, un quarto in Europa e un altro quarto nel resto del mondo. Nel 1970, negli Stati Uniti, l’uno per cento al top della ricchezza controllava il 10 % del pil, oggi il 33 per cento. Per capire la velocità con cui la ricchezza creata dalla società si trasferisca ai vertici della piramide basti osservare che tra il 2009 e il 2010 il pil americano è cresciuto del 2,3%, ma il reddito del 99% degli americani è cresciuto solo dello 0,2%, mentre quello dell’1% è andato su del 11,6%: sessanta volte di più. Trent’anni fa un amministratore delegato medio guadagnava circa 42 volte il lavoratore medio, oggi il rapporto è 380.
Ma il libro della Freeland non si concentra sull’1% dei più ricchi, bensì sullo 0,1%, la punta estrema della piramide, persone così ricche da esercitare un’influenza notevole non solo sulla politica, ma anche sul dibattito delle idee, e quindi sulla cultura collettiva. Quando parliamo dello 0,1%, negli Stati Uniti ci troviamo di fronte a un elenco di 16 mila famiglie. Nel 1980 lo 0,1% possedeva l’1% del pil nazionale; oggi ha conquistato il 5%. Da soli. Bill Gates e Warren Buffett (che insieme “valgono” circa 100 miliardi di dollari) hanno accumulato la ricchezza del 40% della popolazione meno abbiente, 120 milioni di americani.
Ci sarebbero altre mille statistiche da citare, e tutte direbbero una sola cosa: che negli ultimi vent’anni l’ineguaglianza economica è cresciuta a dismisura, la classe media si è progressivamente impoverita e la ricchezza si è spostata in modo incredibile verso il vertice della piramide. Le cause di questo cataclisma socio-economico sono essenzialmente due:
la globalizzazione e l’innovazione tecnologica. Negli ultimi vent’anni alla globalizzazione del commercio e dei capitali si è aggiunta quella delle persone di talento. Fino a ieri la chiamavano negativamente “brain drain”, oggi si preferisce la più attraente “global brain circulation”, circolazione globale dei cervelli.