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  1. #1
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    Nel paese dei bugiardi paga il conto la vanità di Oscar | Linkiesta.it

    Nel paese dei bugiardi paga il conto la vanità di Oscar

    Jacopo Tondelli
    Buona notizia: la credibilità diventa requisito. Brutta notizia: vale solo per Oscar Giannino.



    E così, per quel vanitoso rompiscatole di Oscar Giannino, l’Italia scoprì di essere rigorosa quanto un paese anglosassone. Quasi di più. Nel paese in cui si è potuto votare, in parlamento, che Ruby Rubacuori era davvero ritenuta nipote di Mubarak. Nel paese in cui una classe politica informe seleziona se stessa e non si capisce per fare cosa. Nel paese in cui i manager e gestori di aziende di ogni scala possono distruggere valore, predicare il mercato e poi rimanere al proprio posto. Nel posto in cui il concetto stesso di regola sembra suonare fastidioso. Insomma, in questo paese, che si chiama Italia, l’unico che salta per aver detto una palla si chiama Oscar Giannino.

    Oscar Giannino lo si conosce, e da queste parti siamo in diversi ad essere legati a lui come a una grande personalità e professionalità incontrata in un punto iniziale, e comunque importantissimo, di una carriera. Persona di grande intelligenza, di cultura enciclopedica e insieme rapida all’uso, ed evidentemente segnata da un difetto che non detiene certo da solo: una grande vanità. Sì, la vanità di Oscar – chi lo conosce lo sa – è tanto grande da poter diventare un vezzo, la sfacciataggine di un look unico, e quel tanto di voglia di non accontentarsi del semplice riconoscimento, della voglia di vincere di fronte ad astanti che lo ascoltano come fosse un oracolo quando parla (perché Giannino è veramente ma veramente bravo). Naturalmente, un conto è vantarsi a parole di relazioni vere o verosimili (il name dropping, come dicono i maestri anglosassoni); altro è vantarsi per iscritto (o peggio, essersi dimenticato di quelle vecchie millanterie lasciate in giro in rete, chissà perché, poi) di titoli di studi internazionali e italiani mai conseguiti. Sì, Oscar Giannino ha fatto proverbialmente “la cazzata”. La cazzata non perdonabile – ovviamente – dentro al perimetro di regole e loro rispetto degne di un paese serio, che della lealtà insita nella parola data fanno un valore non negoziabile. La frittata è doppia, se si pensa alle parole d’ordine di un “posto politico” nuovo, come Fermare il Declino, che tra snobismo e volontarismo voleva portare un’aria nuova, di diversa civiltà, di nuovi lessici e lucidatura di vecchi principi, dentro a quella palude ribollente che è la scena politica italiana. E insomma, l’errore di Oscar, diremmo il suo peccato, non è perdonabile nel contesto di testimonianza in cui esso avviene. Per questo ne viene travolto, con Luigi Zingales che alza il ditino e tanto basta a fare il patatrac. Lascio volentieri il campo a tutti quelli che sanno come inteprpetare la tempistica del prof di Chicago, i motivi non detti, le alleanze inconfessabili e le prime pagine di ciarpame del Giornale di Feltri&Sallusti. Sia come sia, nel merito della vicenda, è difficile dare torto a Zingales, tanto più che l’Università americana in cui Giannino (non) ha conseguito il master è quella di cui è uno dei principali nomi accademici. E in America la reputazione è una cosa seria, ma davvero.

    Quel che però sconvolge, in tutta questa vicenda, non è la leggerezza di una bugia un po’ scema e davvero inutile. No. È la sproporzione del marchio d’infamia apposto sul corpo del frontman di un piccolo partito, ignorato dai partitoni, maltrattato o snobbato dai giornali e dai media, che avrebbe combattuto a fatica per un pugno di seggi in parlamento e che non avrebbe mai davvero determinato nessuna dinamica di potere. Come tutti i movimenti piccoli e dotati di tratti carismatici e vagamente messianici, anche Fare – Fermare il declino ha i suoi adepti scamlmanati: li conosco e so che, in buona fede, mi grideranno che è anche colpa nostra, perfino mia, se da quella storia non sarebbe uscito comunque nulla di decisivo. Oscar, io e tanti altri sappiamo che non è così e che il destino naturale di un libertarismo e liberalismo di matrice anglosassone, in Italia, è purtroppo quello della piccola avanguardia. E tuttavia, su questa piccola avanguardia di testimonianza, è arrivata la bomba atomica dello scandalo reputazionale. Dell’abominio della bugia. Manco abitassimo, ma per davvero, un paese in cui la credibilità di chi si candida - per davvero, con possibilità concrete, per vincere – sia messa regolarmente al vaglio, in profondità e su tutti i requisiti di credibilità politica e personale. Manco fossimo alla fine di una campagna elettorale in cui – per stare fermi alla cronaca – parole come Finmeccanica, Mps, debito pubblico, interessi privati, patrimoni personali, eventuale utilizzo di scudi fiscali, fossero state usate come grandi occasioni per frugare davvero a fondo nella credibilità di una classe dirigente che – stando ai numeri dei risultati ottenuti – dovrebbe nella migliore delle ipotesi essere pensionata da un pezzo.

    E invece – viva il Belpaese – il contapalle è Giannino. Ora, quelli che lo hanno sempre trattato come un buffone, esulteranno: i facistelli di ogni colore in pubblico, i tanti vigliacchi di quest’era triste in privato. Non consolerà il protagonista vanitoso di questa storia, nè varrà come occasione per non riconoscere il proprio errore: ma vogliamo che sappia che vuol dire che bisognava provarci e che bastava proprio poco per mettere paura a lor signori.
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  2. #2
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    Non so perchè, ma mi sembra che gli impresentabili della politica italiana (la quasi totalità) si senta mondata da un fatto del genere.
    Ipocrisia a go go condita con il nulla programmatico, è triste constatare che non riusciremo mai a smarcarci dalle più disparate, merdose e immerdate persone che credono e ti vogliono far credere di essere profumate solo perchè un altra persona ha pestato una merda e si è sporcata le calzature.
    Le dimensioni della fava sono come i soldi : Non contano solo quando ci sono

  3. #3
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    Predefinito Re: Nel paese dei bugiardi paga il conto la vanità di Oscar Leggi il resto: http://w

    Citazione Originariamente Scritto da Antonio Banderas Visualizza Messaggio
    Non so perchè, ma mi sembra che gli impresentabili della politica italiana (la quasi totalità) si senta mondata da un fatto del genere.
    Ipocrisia a go go condita con il nulla programmatico, è triste constatare che non riusciremo mai a smarcarci dalle più disparate, merdose e immerdate persone che credono e ti vogliono far credere di essere profumate solo perchè un altra persona ha pestato una merda e si è sporcata le calzature.
    Non mi va di citare un socialista, ma "A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura."
    "Bad karma"

  4. #4
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    Predefinito Re: Nel paese dei bugiardi paga il conto la vanità di Oscar Leggi il resto: http://w

    Citazione Originariamente Scritto da Rexal Visualizza Messaggio
    Non mi va di citare un socialista, ma "A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura."
    Sì, ma qua non è uno più puro che ti epura, ma un immerdato che olezza di sterco di gallina da capo a piedi e ha la pretesa di darti lezioni di profumeria !
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  5. #5
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    Giannino, l'eroe tragico - Formiche

    Grande, originale e irripetibile Giannino, fattosi da solo intellettuale liberale ed ora anche leader politico. Così non è stato però. E c'è una dimensione drammatica nella solo apparente miseria della vicenda. I piedi di argilla del gigante politico in fieri sono crollati per un antico errore, una vecchia debolezza. Una colpa antica mai espiata che riappare e perseguita l'eroe tragico nel momento in cui egli è più vulnerabile. L'analisi dell'economista Ernesto Somma “Well, everybody’s got a secret Sonny
    Something that they just can’t face
    Some folks spend their whole lives trying to keep it
    They carry it with them every step that they take”Questi versi di Darkness on the Edge of Town, celebre e struggente canzone di Bruce Springsteen, mi sono ritornati in mente pensando alla vicenda triste di Oscar Giannino e dei titoli accademici fasulli.Il segreto di Giannino era evidentemente quello di un irrisolto, e molto nascosto, complesso di inferiorità associato alla mancanza di un titolo accademico.Per una gran parte della sua vita Giannino ha portato dentro questo complesso e alcune, fino ad un certo momento, innocue bugie che gli servivano a convivere con esso.Le bugie hanno però smesso di essere innocue quando Giannino ha deciso di cambiare mestiere e di diventare nientemeno che candidato presidente del Consiglio.Io stimo Giannino per le cose che ha detto e scritto e per quell’aria da cappellaio matto con cui rendeva finanche divertenti e certamente fruibili concetti e posizioni difficili e poco popolari nel nostro Paese tendenzialmente allergico al liberalismo.Avessi saputo anche che non era laureato ma che si era costruito da solo una solida base economica tanto teorica quanto applicata ancor maggiore sarebbe stata la mia ammirazione. Cosa c’è, infatti di più romantico e libertario di un self made man che da solo sceglie le sue letture, le introietta e ne fa sintesi politica da offrire quale base per un impegno civile ad un gruppo di PhDs e accademici vari dapprima e a un intero Paese poi?Grande, originale e irripetibile Giannino fattosi da solo intellettuale liberale ed ora anche leader politico.Così non è stato però. E c’è una dimensione drammatica nella solo apparente miseria della vicenda. I piedi di argilla del gigante politico in fieri sono crollati per un antico errore, una vecchia debolezza. Una colpa antica mai espiata che riappare e perseguita l’eroe tragico nel momento in cui egli è più vulnerabile: a pochi giorni dalla sua elezione, quando è troppo tardi, quando nessuna reazione può più parare il colpo.Giannino non si è liberato in tempo di quel segreto e, almeno per un po’, dovrà vivere nell’oscurità ai margini della città.“Until some day they just cut it loose
    Cut it loose or let it drag ‘em down
    Where no one asks any questions
    Or looks too long in your face
    In the darkness on the edge of town
    In the darkness on the edge of town”
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  6. #6
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    Predefinito Re: Nel paese dei bugiardi paga il conto la vanità di Oscar Leggi il resto: http://w

    Carrère e Giannino, il sentiero tortuoso della bugia - Europa Quotidiano

    Prima di scrivere il caso letterario del 2012, Limonov (Adelphi), Emmanuel Carrère ha raccontato uno dei più vertiginosi viaggi nel cuore della bugia. Vizio, narcisistica debolezza, scivolosa tentazione, dopo il caso di Oscar Giannino la menzogna è ora diventata tema elettorale. «Avrebbe preferito davvero essere malato di cancro piuttosto che di menzogna – perché anche la menzogna aveva una sua eziologia, i suoi rischi di metastasi, la sua prognosi riservata –, ma il destino aveva voluto che si ammalasse di menzogna. Che colpa ne aveva lui?». Nel libro L’avversario (Einaudi, 2000) Carrère indagò la storia, reale, di Jean-Claude Romand. Un uomo che disse una semplice bugia e finì con uccidere tutta la famiglia per evadere da un groviglio di finzione che non poteva più sbrogliare. Il bivio tra verità e inganno gli si presentò proprio per un risultato universitario: disse di aver dato un esame per accedere al terzo anno di Medicina, non era vero. «Da una parte c’era la strada normale, quella che seguivano i suoi amici, gli studi per cui, come tutti confermano, aveva attitudini leggermente superiori alla media (…). Dall’altra, c’era il sentiero tortuoso della menzogna». Da lì le bugie montarono, per anni. Accompagnava i figli a scuola e andava in giro per i boschi. Non era un dottore come tutti credevano. Per coprire una bugia ne serviva sempre una un’altra, più grave, all’infinto.
    Imparagonabile rispetto vicenda del leader di “Fare per fermare il declino”, Carrère mette tuttavia le mani sulle viscide pareti della menzogna, sul meccanismo diabolico della falsità. C’è un tempo in cui la “balla” può ancora essere recuperata: «Tutto era ancora in sospeso. Poteva ancora confessare di aver mentito. Naturalmente non sarebbe stato facile, doveva costare moltissimo a un ragazzo serio come lui riconoscere di aver commesso una simile bambinata». Il bugiardo, secondo Carrère, sogna segretamente di essere scoperto: «Essere smascherati quanto prima e scacciati dall’università coprendosi d’infamia e di ridicolo, le due cose al mondo che più lo spaventavano. Eppure esisteva un’ipotesi ancora peggiore: proprio quella di non essere scoperto». Oscar Giannino ha chiuso, o almeno sospeso per un po’, la sua vita politica. Carrère mostra la bugia come gorgo, valanga, veleno sempre più esigente: «Come poteva immaginare che quella bugia puerile lo avrebbe portato diciott’anni più tardi a massacrare i suoi genitori, Florence e i figli che ancora non aveva?». Tra il desiderio di confessare la verità e l’incubo di scadere agli occhi di chi gli è vicino, secondo Carrère chi ha mentito vive nella tormentata attesa che qualcosa lo liberi. Grazie ad uno scoop elettorale, adesso Giannino è salvo. Per lui, la domanda che ossessionava Jean-Claude Romand, non si pone più: «Immaginava come si sarebbe conclusa quella storia, in quale modo sarebbe esplosa la verità e che cosa sarebbe accaduto in seguito?».
    "Bad karma"

 

 

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