La FIOM: occuperemo le fabbriche. Come si vincono le battaglie dell’autunno?




La crisi finanziaria è ormai passata, ma la crisi dell’economia reale raggiungerà il suo apice nei prossimi mesi e, in particolar modo, nell’autunno.

Per questo, con un Governo immobile che cerca solo di salvaguardare il sistema malato che ha portato ai disastri degli ultimi mesi e di distruggere le conquiste sociali delle lotte studentesche e operaie, padroni e padroncini stanno mettendo le mani avanti, cercando di salvare i propri interessi scaricando gli effetti della crisi sui lavoratori, magari approfittando del periodo estivo, in cui l’allerta dei soggetti politici di lotta è tendenzialmente più bassa.

Fin qui niente di nuovo.

La novità arriva, invece, da Bruno Papignani, segretario della FIOM di Bologna, il cui intervento è riportato da Infoaut.org. Il sindacalista ha denunciato “l’intenzione di molti di approfittare dell’estate e dell’assenza delle Rsu per far partire nuove procedure di mobilità” e ha inoltre avvertito che “sappiamo che a settembre non sarà più possibile agire come abbiamo fatto fino adesso e avremo un conflitto più’ radicale”.

Addirittura si paventa l’occupazione delle fabbriche in crisi, una pratica che in Europa e nel mondo si sta sempre più diffondendo come risposta dei lavoratori alla crisi. "Anche accordi per la mobilita’ volontaria non saranno più possibili", aggiungono i metalmeccanici. Dalla FIOM la risposta sono i contratti di solidarietà, perché uno degli obiettivi è chiaramente il rinnovo del contratto di categoria, ma per i lavoratori la posta in gioco potrebbe essere più alta.

Un segnale molto forte che viene da un settore particolarmente rilevante del primo sindacato confederale italiano e che va ad aggiungersi alle tante dichiarazioni che fanno pensare ad un autunno particolarmente caldo sul fronte non solo del lavoro ma anche della scuola, dei migranti, del movimento contro la guerra o di sostegno alle esperienze sudamericane, da Cuba all’Honduras.

Un autunno caldo che dimostra l’inevitabile necessità di un conflitto sempre più radicale e radicato per contrastare questo Governo.

Proprio per questo è assolutamente indispensabile, da parte di tutti i partiti, i movimenti, i sindacati che si oppongono alle politiche delle destre e che hanno come punto di riferimento “un’altra Italia”, un salto di qualità politico e organizzativo.

Una discussione che punti a trovare le forme necessarie a costruire una fase di lotta capace di ribaltare le politiche della destra non può che partire dall’analisi del movimento protagonista dello scorso autunno: l’Onda degli studenti.

Per quanto la protesta abbia ottenuto dei piccoli ma significativi risultati, due sono stati gli elementi che hanno causato la progressiva rarefazione della lotta e conseguente rafforzamento dei teoremi della Gelmini che, di fatto, smontano il diritto allo studio: la mancanza di organizzazione e di coordinazione e l’assenza di una sponda politica capace di portare le istanze del movimento all’interno delle istituzioni.

Due problemi che possono essere risolti ma che dipendono, entrambi, da un terzo elemento fondamentale: l’unità.

Le lotte del prossimo autunno non dovranno, in nessun caso, essere vissute come singole esperienze distaccate dal resto del mondo ma, al contrario, dovrà nascere la consapevolezza che le varie battaglie dei lavoratori, degli studenti, dei cittadini che subiscono la crisi, dei migranti…potranno essere vincenti solamente se ognuna di essa si riconoscerà come un tassello indispensabile ma non sufficiente di un progetto alternativo di società.

Una lotta vincente dovrà essere capace di costruire la consapevolezza che la solidarietà fra studenti e lavoratori, fra operai e migranti, fra cittadini che difendono il territorio e cittadini che difendono il diritto alla casa, fra giovani precari e pensionati…è un elemento indispensabile per raggiungere la vittoria.



Unità, quindi, ma anche organizzazione.

Se il movimento studentesco dell’Onda ha perso combattività con il passare del tempo è anche per la mancata consapevolezza della portata del movimento stesso. La maggior parte degli studenti e delle studentesse vivevano la propria realtà di lotta cittadina senza sentirsi all’interno di quella che era una battagli che stava coinvolgendo migliaia di scuole in tutta Italia.

E, soprattutto, in molti non hanno percepito la presenza di obiettivi (la difesa del diritto allo studio e la partecipazione) che andassero oltre il "no" alla 133, causando una disaffezione alle iniziative di piazza quando il decreto si è tramutato in legge.

Infine la sponda politica. Dal Parlamento non ci si può aspettare niente di buone considerando la maggioranza che lo governa e la non-opposizione presente.

Ma la vera battaglia istituzionale, una battaglia vincente, si può giocare nelle amministrazioni locali.

Nonostante la recente avanzata del centrodestra, giunte presumibilmente di sinistra governano una gran moltitudine di comuni e la maggioranza delle regioni.

E sono questi gli interlocutori con cui il movimento deve discutere e a cui deve chiedere di impegnarsi seriamente e senza indugi.

La strada l’ha segna la regione Toscana sul tema dei migranti; la giunta Martini ha approvato, nonostante la violenta e rabbiosa opposizione del centrodestra sia su scala regionale che nazionale, un provvedimento che neutralizza, su tutto il territorio regionale, gli effetti del pacchetto sicurezza che obbligherebbero medici e presidi a denunciare i migranti senza permesso di soggiorno.

La "disobbedienza istituzionale" delle regioni e dei comuni può essere una grande arma di lotta contro le decisioni del Governo e, al tempo stesso, potrà servire a far nascere veri e propri laboratori politici in cui ci siano giunte che facciano scelte nette, puntando sulla partecipazione della cittadinanza, investendo sul dialogo paritario e costruttivo con lavoratori e studenti, stanziando fondi per i disoccupati e i cassa integrati e prendendo provvedimenti contro le fabbriche che chiudono e licenziano, dicendo no alla cementificazione e costruendo alloggi popolari, puntando sull’integrazione e non sui centri di reclusione per i migranti, conducendo operazioni di pulizia nei confronti dei padroni che hanno la yatch in porto e dichiarano meno di un operaio, evitando opere faraoniche inutili e investendo sulla riqualifica del trasporto pubblico…di questo il Paese ha bisogno, questo il movimento, tutto insieme, può e deve cercare di ottenere da tutti i governi locali di sinistra.

La minaccia della FIOM di occupare le fabbriche che licenzieranno preannuncia un autunno rovente, come non se ne vedevano da anni. Le politiche fasciste, classiste, repressive, razziste, confindustriali e clericali del Governo Berlusconi potranno essere sovvertite solo se nascerà un grande fronte di lotta che metta le sue radici su pochi ma fondamentali concetti: partecipazione, uguaglianza, conoscenza, libertà.

E’ un appello, che forse rimarrà inascoltato ma che vale la pena di lanciare a tutti: partiti, sindacati, movimenti, comitati di lotta, lavoratori, studenti, giovani, pensionati, cittadini e cittadine.


Mattia Nesti.

Viva la Comune