Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 119/08 del 31 dicembre 2008, San Silvestro
Antimodernismo: omaggio a don Paolo De Toth
Il 25 dicembre 1965 moriva nei pressi di Fiesole don Paolo de Toth, una delle figure più importanti della battaglia voluta da san Pio X contro la setta modernista.
Come tanti esponenti del movimento cattolico antimassonico e antimodernista (dal pontificato di Pio IX a quello di san Pio X), don Paolo De Toth è stato – volutamente - dimenticato. Persino tra molti dei cosiddetti “cattolici tradizionalisti” don De Toth è un illustre sconosciuto. La rivista da lui diretta, Fede e Ragione, pubblicò per la prima volta in Italia i Protocolli dei Savi di Sion.
Lo ricordiamo con due articoli apparsi nei giorni seguenti alla sua morte (dall’archivio dell’Istituto Mater Boni Consilii di Verrua Savoia).
Per approfondire la figura di don De Toth rimandiamo alla scheda pubblicata sulla rivista Sodalitium, n. 61, pagg. 30-31, nel numero speciale dedicato alle figure più importanti del movimento cattolico in Italia: http://www.sodalitium.it/
E’ MORTO A FIESOLE DON PAOLO DE TOHD IL POLEMISTA DELL’UNITA’ CATTOLICA, di Lorenzo Bedeschi
Scompare con lui uno degli ultimi rappresentanti del movimento cattolico fra il ’900 e il ’930. Adoperò la penna come una spada tagliente per combattere ogni compromesso morale. Ha lasciato un interessante materiale storiografico.
FIESOLE, 27 — Abbiamo accompagnato, questo pomeriggio, la salma del sacerdote Paolo De Tohd al cimitero fiesolano. Aveva 84 anni, essendo nato a Udine nel 1881 ma poi s’era stabilito nella diocesi di Fiesole dove reggeva da oltre un quarantennio la parrocchia di S. Martino a Maiano. Don De Tohd era l’ultimo superstite del vecchio intransigentismo demestriano protestatario. Lo avevamo incontrato alcuni mesi fa, prima dell’acuirsi della malattia che lo doveva poi portare alla morte, nella sua canonica, in mezzo ai libri e ai documenti dei suoi ideali giovanili.
La figura ancora massiccia e vigorosa rivelava fisicamente la natura petrigna del Friuli dove i suoi avi s’erano trasferiti fuggendo dall’Ungheria al principio dell’Ottocento; la sua parola ancora penetrante e gladiatoria mostrava la densità dei suoi convincimenti cui non intendeva recare il più leggero aggiornamento malgrado le mutate situazioni storiche; l’impeto polemico con cui ci aggredì affettuosamente quasi interlocutori della corrente cattolica (a suo avviso) inquinata lasciava intravedere le impennate degli attacchi a suo tempo sferrati dalle pagine dell’Unità Cattolica e delle sue riviste integraliste.
Don De Tohd ha appunto rappresentato questo nel movimento cattolico fra il 1900 e il 1930. Era della schiera dei Boccardo, dei Cavallanti, dei Sacchetti, dei Mattiussi che crearono la «razza dei cattolici integrali» in quanto alla politica intransigente aggiunsero lo smalto dottrinale dogmatico. Per loro il «delitto sabaudo» restò la rivoluzione simbolo di quel vaso di Pandora che doveva poi scatenare i fermenti modernistici a tutti i livelli: dal politico al sociale, dal filosofico al religioso. Fermenti a cui essi si opposero unguibus et rostribus, con la penna e con la parola, con la coerenza di vita e la sincera buona fede.
Particolarmente don De Tohd, il «demofilo» di Unità Cattolica, rappresentò quei, cattolici integrali e papali, combattendo ogni compromesso morale, anche se davanti alla sua coscienza passava per tale la fatale evoluzione degli spiriti nei cangiamenti perenni della storia in divenire.
Egli fu un integralista coerente, e un alfiere dell’antimodernismo durante il pontificato di Pio X. Uomo radicato nell’insegnamento del Sillabo e della Quanta cura di papa Mastai-Ferretti, non ammetteva deroghe da quei postulati politici e dottrinali. ~Adoperò la penna come una spada che taglia e manda! Stile irruente che esprimeva il gorgoglio passionale della sua fede.
Lettore informatìssìmo che coglieva in ogni risvolto della pubblicistica cattolica novatrice il benché minimi deviativi a avviso eterodossi. Storicamente incarnò un tipo sui generis di cattolicesimo ottocentesco vocato a imporre alla vicenda umana le sue forme statiche, senza possibilità di variegature ma modellate su una sola interpretazione del Vangelo e quindi sull’unica Chiesa legittima. Un cattolicesimo costituito sul piano concreto ‘a piramide, autoritario, assolutista tale da alimentare una sola formula di vita nella società secondo giustizia, ordine e verità!
Personaggio, dunque, tutto di un pezzo, adamantino, pronto a morire per la sua fede, devoto al Papa. Naturale che un siffatto uomo abbia sofferto drammatiche amarezze aumentategli dagli ultimi avvenimenti conciliari a cui la lunga età gli ha permesso d’assistere quasi impotente. Eppure dietro all’intransigenza c’era un calore patetico e una freschezza di pensiero commoventi. Come commovente era la sua provata povertà ch’egli usava quale documento della sua battaglia disinteressata!
L’aveva incominciata giovanissimo quella battaglia. Nel 1905 aveva fondato Le Armonie della Fede, un periodico storico-religioso-morale, sostenuto e finanziato da Pio X e cessato col di lui pontificato nel 1914. Quando nell’estate del 1907 stava annunciandosi la Pascendi, don De Tohd scrisse: «E dell’enciclica ci sentiamo felici di particolarissima maniera noi poveri gregari di queste Armonie della Fede. Siamo gente da avamposti e ci troviamo in prima fila al combattimento Quale meraviglia che ci toccassero anche le prime offese dei nemici? Ma ne avemmo anche dagli amici che ci volevano forse precedere restando a custodire i bagagli». Ecco lo stile ma anche la trasparenza della dedizione alla causa ritenuta giusta.
Contemporaneamente don De Tohd fu redattore del quotidiano fiorentino L’Unità Cattolica a fianco di Sacchetti e di Cavallanti. E con loro, da quelle pagine martellò ferocemente e appassionatamente qualsiasi espressione «modernizzante» o presunta tale. Gli interessava soprattutto la purezza della fede e nel perseguirla forse prese non pochi abbagli, ma ciò non intacca la sua generosità.
La remora del modernismo gli turbò i sonni sempre. Anche sotto il pontificato di Benedetto XV che aveva messo molt’acqua sul fuoco, non smise di tenerlo d’occhio. Avendo L’Unità Cattolica assunto un atteggiamento moderato in materia, egli allora fondò con l’aiuto generoso del conte bolognese Filippo Sassoli de’ Bianchi il periodico Fede e ragione (dicembre 1919-1929) col « proposito di opporsi alla corrente che, sempre in grazia alla guerra, rialza la testa», così egli scriveva.
Durante la nostra visita apprendemmo ch’egli possedeva l’archivio personale di Medolago-Albani ed altre carte del movimento cattolico. Ce le promise addirittura, col patto che si stampassero. Purtroppo la morte non ha permesso di concludere la donazione. E’ da augurarsi che quel materiale storiografico rimanga compatto e non vada disperso. Don De Tohd stava scrivendo una storia del movimento cattolico. Ci lesse alcuni brani del manoscritto voluminoso. Sempre lo stesso di tanti anni prima nello stile e nella veemenza passionale! Però onesto nell’uso del documento come risulta dal pregevole saggio storico su Filippo Sassoli de’ Bianchi (Firenze, Industria Tipografica Fiorentina, 1958) l’unico scritto suo veramente informatissimo.
Non lascia altro d’organico e di edito. Il giornalismo d’opinione e di polemica ve lo ha impedito. Toccherà a chi è amante di queste ricerche storiche e ne ha la preparazione raccogliere in Antologia i suoi principali articoli.
(Da L’Avvenire d’Italia di Bologna del 28 dicembre 1965; abbiamo mantenuto il cognome storpiato presente nel testo originale, De Tohd invece di De Toht)
E’ MORTO DON PAOLO DE TOTH. LA VITA E LE OPERE DELL’INSIGNE POLEMISTA E PUBBLICISTA (di A.B.)
Per Natale, all’età di 84 anni, è morto don Paolo De Töth, che per 35 anni è stato parroco a Maiano.
La vecchiaia e le malattie avevan fiaccato, negli ultimi tempi, il corpo robustissimo, ma non avevan potuto intaccare il suo spirito sempre fresco e battagliero come quando si trovava, da giovane, nel furor delle battaglie del movimento cattolico italiano. Avventurosissima è stata la vita di questo prete geniale e bizzarro fiero e indomito, duro e polemico e, al tempo stesso, semplice e affettuoso come un bambino. Discendeva da una nobile famiglia ungherese, che era stata espulsa dalla patria nella rivoluzione del 1840. Nato a Udine, nel marzo del 1881, perse, in tenerissima età, i genitori. Giovanetto, lo ritroviamo fra i Carmelitani Scalzi, presso i quali compì i suoi studi e raggiunse il sacerdozio; però non vi rimase. Poco dopo aver cantato Messa, usci dall’Ordine e si trasferì a Firenze, e precisamente nella nostra Diocesi, in qualità di giornalista cattolico. Sembra che l’abbia raccomandato a Mons. Fossà, che era allora vescovo di Fiesole, lo stesso Papa Pio X. Il motivo dell’abbandono dell’Ordine, a quanto pare, sarebbe dovuto, più che a ragioni dottrinali, alla sua impulsività.
IL GIORNALISTA
Qui Don Paolo insegno per alcuni anni, non senza suscitare gravi contrasti e grattacapi ai superiori, Teologia Morale in Seminario: e da Fiesole diresse, per 10 anni, il giornale fiorentino «L’UNITA’ CATTOLICA», che si potrebbe dire fosse a quell’epoca l’organo personale del Papa Pio X. e dal quale sferrò ferocissimi attacchi contro i modernisti e contro chiunque non condividesse il suo integralismo. Erano allora frequentissime le visite di Don De Töth al Santo Padre, in Vaticano, donde quasi quotidianamente riceveva l’imbeccata. Spesso — cosa davvero insolita a quei tempi! — rimaneva anche a pranzo col Pontefice. Quando cessò la direzione de «L’UNITA’ CATTOLICA», il nostro polemista fondò, insieme al canonico Biagioli, «FEDE E RAGIONE», ovverosia si creò un’altra piazzola, donde sparare a zero un po’ contro tutto e contro tutti, ma specialmente contro Ernesto Calligari, noto con lo pseudonimo di «Mikros», il quale, nel 1917, era stato chiamato da Benedetto XV alla direzione del giornale fiorentino. La polemica con l’«UNITA’ CATTOLICA» diventò spesso atroce, e non tardò ad accendersi presto anche contro il fascismo, nonostante che Don Paolo fosse amico personale di Arnaldo Mussolini ed avesse collaborato alla “Carta del lavoro”. Essa gli attirò ovviamente le antipatie di tutti i progressisti, i quali avevano ribattezzato il settimanale fiesolano così: «Poca fede e meno ragione» ; ma soprattutto gli meritò innumerevoli sequestri del foglio ed infine la sua soppressione. Con questa misura repressiva fascista, terminò l’attività giornalistica di Don Paolo. Però non si estinse la sua attività di polemista, né quella di studioso. Quando si trattava di difendere la verità, o quella che secondo lui doveva essere la verità, l’istinto era più forte di lui e lo faveva saltar su come un leone. Così da tomista più di S. Tommaso, scrisse numerosi opuscoli contro la dottrina di Duns Scoto. Particolarmente celebre è rimasta la sua diatriba contro Padre Scaramuzzi.
LE OPERE
Ciò che resterà del nostro vulcanico Don Paolo è la sua opera di studioso. Già da giovane, egli aveva collaborato con Padre Mattiussi e Mons. Biagioli alla compilazione della «XXIV Tesi della Filosofia di S. Tommaso». Interessante è un suo accurato studio su «I certosini martiri della Certosa di Londra al tempo di Enrico VIII»; veramente pregevole è la vita, in due volumi del «Beato Niccolò Albergati»; come sono degni di rilievo la traduzione e il commento delle opere di S. Giovanni della Croce. Anche se non porta il suo nome è inoltre sua per metà la vita, a cura di Padre Dal Gal, di S. Pio X nella cui canonizzazione Don Paolo ha avuto senza dubbio una gran parte. Prima di ritirarsi nella quiete di Maiano, Il prof. De Töth, con la sua attività di giornalista e di pubblicista, aveva avuto modo di seguire il movimento dei cattolici italiani fino dal suo sorgere con l’«Opera dei Congressi» ed era stato in rapporti, anche se non sempre amichevoli, un po’ con tutti gli esponenti: con Don Sturzo, Romolo Murri, Don Davide Albertario, il conte Stanislao Medolago Albani; nonché con i fondatori dell’Azione Cattolica: Fani, Acquaderni, Sassoli, Salviati, Bottini, ecc. Quale frutto di tanti ricordi e di tanti documenti preziosi in suo possesso, il nostro Don Paolo stava preparando in questi ultimi tempi, due libri che dovrebbero essere quanto mai interessanti: uno su la vera storia, almeno secondo quel che aveva visto e annotato lui, dell’Azione Cattolica italiana; e uno su la vera storia del Risorgimento italiano. Sappiamo che le due opere, quasi complete; vedranno ugualmente la luce per interessamento di affezionatissimi amici, ai quali va fino da ora tutta la più viva riconoscenza.
L’UOMO E IL SACERDOTE
Ciò che per me era soprattutto ammirevole e simpatico in Don Paolo, era l’uomo ed il sacerdote. Un uomo dal temperamento irruente, estremamente sincero, ma altrettanto buono. Ho ancora impresse due scene dei pochi incontri avuti con lui. Una volta, da seminaristi, venivamo su con lui per la via nuova. Una macchina, in senso contrario, ci sfrecciò velocemente. Don Paolo, girandosi fulmineo, la rampognò con parole tirate su dai bassifondi del vocabolario, della quali la migliore fu «vigliacco!», e, quasi ciò non bastasse, senza rendersi conto che ormai quel signore aveva già oltrepassato la girata, gli scaraventò dietro a tutta forza la “giardinetta”. Dopo un minuto, però, era ritornato di nuovo sereno come prima e più di prima. Un’altra volta, a Maiano, in sagrestia, mi provai a dirgli qualcosa, in favore di Scoto. Non l’avessi mai fatto! Come un leone infuriato si mise a rincorrermi intorno al banco e, anche allora, non so che cosa finì per tirarmi dietro. Ma, anche allora, dopo pochi istanti, già era tornato amabile è buono con me come con un vecchio amico. Se in quanto studioso era più tomista di San Tommaso, come prete, era più papalino del Papa. Isolato e un po’ abbandonato, forse ‘non aveva saputo camminare con i tempi. Era rimasto, così, attaccato un’ po’ troppo alla lettera del SILLABO e certe impostazioni iniziali del Concilio Vaticano II lo avevano amareggiato non poco. Ammirabile, comunque, era in lui lo spirito di obbedienza alla Santa Sede. Bastava che il Magistero ecclesiastico si pronunciasse perché senz’altro lasciasse cadere ogni dubbio, ogni apprensione o pessimismo e il suo animo tornasse a calmarsi. In fondo, tutti i suoi eccessi non erano che frutto del suo amore appassionato alla verità, del suo attaccamento incondizionato alla Tradizione. Per questo ci è stato sempre simpatico. Per questo, se anche la polemica gli ha creato dei nemici, Don Paolo ha avuto innumerevoli amici che oggi sono afflitti con noi per la dipartita di un uomo eccezionale, di un prete integrale.
I SOLENNI FUNERALI
Lunedì sera alle ore 15 hanno avuto luogo i solenni funerali di Don Paolo De Töth. Sua Eccellenza Mons. Vescovo, assistito dal Vicario generale e da molti Canonici, ha celebrato la S. Messa pronunciando toccanti parole al Vangelo e benedicendo poi la salma. Gli studenti delle Missioni Africane di Villa. Pisa hanno eseguito i canti funebri. Numerosa, la folla intervenuta. Abbiamo notato fra i presenti Padre Colosio, Provinciale dei Domenicani, Padre Carlesi con il padre, dott. Carlesi e tutta la famiglia così’ intimamente legata al Caro Estinto, una qualificata rappresentanza dei Gesuiti, gli scrittori Bargellini e Tito Casini, i Conti Luigi e Antonio Medolago Albani, il Conte Paolo Sassoli Bianchi e famiglia, la signora Oletti, l’avv. Aldo Fortuna, il dott. Antona, la signora Ferragamo, e numerose altre personalità del Clero e del Laicato. La salma è stata tumulata nel cimitero di Fiesole.
(Da L’Osservatore Toscano, edizione fiesolana, del 2 gennaio 1966)
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