LAVORO
Sindacati: governo, ora!
Crisi economica, disoccupazione record, crescita azzerata. E sulla testa dei lavoratori pesa l'ingovernabilità. Ma non c'è più tempo da perdere.
A essere stati travolti dallo tsunami Grillo non sono solo i partiti ma anche i sindacati, che il leader del M5s aveva proposto di eliminare proprio perché «vecchi come i partiti». E con loro, oggi, accomunati nella sconfitta.
Se l'endorsement a Bersani del leader Cgil Susanna Camusso era chiaro, così come quello del numero uno Fiom Maurizio Landini per Vendola, il segretario della Cisl Raffaele Bonanni ha quasi equamente distribuito le sue preferenze tra Pd e Scelta civica di Monti. A cui si aggiunge il dispiacere per lo scarso risultato dell'Udc, «Bonanni l'aveva detto di non fare liste separate», commenta qualcuno vicino al segretario.
Ma ora a fare i conti con il risultato elettorale, ovvero con Grillo, non sono solo quelli che devono condividere con lui gli scranni del parlamento o quelli che avevano creduto nella rivoluzione civile di Ingroia e sono invece rimasti fuori. Le organizzazioni sindacali devono infatti capire come e con chi dovranno interagire.
GRILLO, A CHI PIACE E A CHI SE LO FA PIACERE. Alla Fiom l'alleanza tra centrosinistra e Grillo è stata vista di buon occhio, «sempre meglio che con Berlusconi», commenta un funzionario sindacale. Anche se a molti è sembrata eccessiva la dichiarazione di Landini: «Grillo non è solo antipolitica», quasi a voler sdoganare chi proprio in questi mesi aveva urlato in piazza: «Non c'è più bisogno dei sindacati».
Alla Cisl invece non si lasciano scalfire: «Bonanni ha sempre detto che bisognava favorire le nuove offerte politiche, e tra questa c'era anche quella di Grillo», dicono. I cislini, che definiscono il loro sindacato «un soggetto trasversale», vantano inoltre l'esperienza siciliana: «Nell'isola contiamo il maggior numero di iscritti, quasi un milione, e Grillo aveva già vinto alle regionali, grazie anche ai nostri voti.». Insomma «non è un nemico, bisogna cercare un dialogo».
IN CASA CAMUSSO SI ELABORA IL LUTTO PD. In casa Cgil, invece, dal 25 febbraio nessuno ha commentato la quasi sconfitta del Pd, «in questi giorni abbiamo elaborato il lutto», ammettono, «la vittoria di Grillo parla anche a noi, non ci sentiamo esenti dal quel voto critico». Perché a manifestare la voglia di cambiamento non sono stati solo i cittadini ma gli stessi iscritti alla Cgil. Che proprio in questi giorni ha avviato la campagna di tesseramento per il 2013, con non poche preoccupazioni.
Così per parlare del futuro il 28 febbraio tutti i segretari generali, quelli di categoria e dei vari territori, si sono riuniti in corso d'Italia, tema centrale: l'esito delle elezioni.
Parlamento ingovernabile a spese dei lavoratori
Ma al di là delle considerazioni che i confederali fanno a seconda delle preferenze politiche una preoccupazione accomuna tutti: «Si riuscirà a trovare un governo che risolva i veri problemi del Paese?». A partire dalla disoccupazione che a gennaio 2013, come rileva l'Istat, è salita all'11,7%, per non parlare di quella giovanile arrivata al 38,7%, superando il 50% nel Mezzogiorno.
Dati che il 1 marzo il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha etichettato come «agghiaccianti», definendo la situazione «assolutamente drammatica a cui dobbiamo reagire». Per ora a farlo è il Sud: i lavoratori campani si fermeranno venerdì 8 marzo in occasione dello sciopero generale proclamato dalla Cgil Campania con lo slogan 'il lavoro prima di tutto'.
LA CRISI NON PUÓ ASPETTARE. Ma non è nelle piazze che si trova il lavoro. Serve un esecutivo «e serve subito», ripetono i sindacati, «questa non è una competizione sportiva e tutti devono assumersi le proprie responsabilità, a partire dai grillini». La crisi che sta mettendo in ginocchio le aziende e i lavoratori non può aspettare che i partiti finiscano la loro partita a scacchi. Non c'è tempo per provare tutte le mosse, ne serve una decisiva, altrimenti lo scacco matto lo farà la crisi ai lavoratori.
MEZZO MILIONE DI PERSONE SENZA OCCUPAZIONE. «Il Pd apre a Grillo mettendo sul piatto il tema della moralità e del taglio ai costi della politica», commentano alcuni cigiellini, «ma ancora non hanno letto in quel voto il disagio dei cittadini, la questione sociale legata alla mancanza di lavoro».
Sembra che in questi giorni i dati sul mercato del lavoro non abbiano allarmato i futuri governanti: 3 milioni di senza-lavoro, 2,8 milioni di precari. In un anno oltre mezzo milione di persone è rimasta senza un'occupazione. Senza contare i cassintegrati, circa 500 mila cittadini appesi a un filo, a cui vanno aggiunti quasi 2 milioni di dipendenti part-time. E non per scelta.
Insomma 8 milioni di italiani che da tempo manifestano un disagio sociale al limite della sopportazione e a cui il governo deve dare risposte.
Governo assente con 140 aziende in crisi
E così a suonare la campana di inizio dei lavori sono proprio i sindacati. «Per come stanno andando le cose ad aprile i finanziamenti per gli ammortizzatori in deroga saranno finiti», spiega a Lettera43.it Claudio Treves della direzione politiche sul lavoro Cgil. «L'80% dei 650 milioni di euro stanziati dalla legge di stabilità sono infatti stati distribuiti in queste ore e in alcune regione come Puglia non garantiranno la copertura neanche fino ad aprile». Insomma «l'emergenza è assoluta»
Sul tavolo del ministero dello Sviluppo giacciono impolverate le vertenze aziendali che a gennaio lo stesso dicastero aveva contato: 140 aziende in crisi per un totale di 74 mila posti di lavoro a rischio. Non c'è un settore che non sia interessato, ma naturalmente è quello edile e metalmeccanico a stare sempre in cima alla lista.
DALL'ILVA ALLA TELECOM, LA CRISI AVANZA. Aziende che nel 2013, dovranno sapere qual è il loro destino. Quello dell'acciaieria Ilva, per esempio, sembra incancrenirsi ogni giorno di più. «Il fatto che un'azienda grande come l'Ilva abbia chiesto gli ammortizzatori in deroga per 1.393 operai oltre alla cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione ,dovrebbe far capire che i soldi stanziati non possono bastare», continua Treves.
La stessa preoccupazione vale per Fiat: «Forse il nuovo governo qualche domandina su Pomigliano se la dovrebbe fare», suggerisce ancora Treves, «giusto per capire se quest'anno la crisi non implicherà anche per loro la richiesta della cassa in deroga».
La Fiat, a partire dallo stabilimento siciliano di Termini Imerese, ha infatti centinaia di lavoratori in cassa integrazione. E alcuni temono di non poter più rientrare al lavoro, come gli operai della Irisbus Iveco di Valle Ufita in provincia di Avellino.
Ma non è solo il Lingotto a dover essere monitorato dal nuovo governo. C'è anche la Richard Ginori che è di nuovo sul mercato in cerca di un acquirente, la De Tomaso, il gruppo ex-Lucchini, Nokia/Siemens, Videocon, Sixty, Italtel, Almaviva e Alcoa.
GRANDI E PICCOLE IMPRESE AGLI SGOCCIOLI. E ancora, le acciaierie Beltrame di San Didero in provincia di Torino, che rischiano di chiudere e lasciare a casa 380 addetti; la Telecom che per il biennio 2013-1024 ha stimato 5.500 esuberi; l'Electrolux che ha annunciato 1.129 esuberi in quattro stabilimenti; l'Adelchi, grande industria calzaturiera salentina di Tricase che, non solo ha messo in mobilità 306 lavoratori, ma ha anche azzerato le ore lavorative per 146 addetti. E centinaia di piccole medie imprese che tra contratti di solidarietà, cassa integrazione e mobilità volontaria cercano di sopravvivere a una crisi senza precedenti.
Per la risolvere la quale non basta intervenire con la riforma istituzionale per snellire gli apparati amministrativi o quella fiscale per tagliare le tasse, temi che sembrano condivisi da Pd, Pdl e M5s. Vanno bene le misure anticasta e anticorruzione, ma al lavoro chi ci pensa? «Bisogna rendere concreti gli investimenti produttivi, modificare le relazioni industriali che sono obsolete», dicono i sindacati. E almeno su questo il modello tedesco proposto da Grillo mette tutti d'accordo. A parole.
Giovedì, 28 Febbraio 2013
Sindacati: governo, ora! - ECONOMIA