Quello che non capisce Pino Aprile
Brano tratto da: Editoriale IL GIGLIO
Al recente Convegno di Gaeta (15-17 febbraio) il giornalista ed autore di saggi sul Sud Pino Aprile ha pronunciato un lungo intervento, non senza suscitare perplessità e dissensi tra i presenti. Una ventina di persone hanno abbandonato la sala mentre parlava. Confermando una visione della “questione meridionale” priva di retroterra storico e pesantemente condizionata dall’ideologia, Aprile ha commentato a senso unico la cronaca politico-giudiziaria degli ultimi mesi. Il giornalista ha espresso la sua indignazione per l’inchiesta che coinvolge l’amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi, vicino alla Lega, ha criticato la proposta del segretario della Lega, Roberto Maroni, di destinare per il 75% alla Lombardia le imposte pagate dai residenti (in realtà, la proposta riguarda tutte le Regioni, in linea con il federalismo fiscale), ha ironizzato sull’ex ministro della Pubblica Istruzione del governo Berlusconi, Maria Stella Gelmini ricostruendo (con diversi errori di fatto), una sua proposta “anti-meridionale” sui libri di testo peraltro non attuata. Aprile ha bollato con parole di fuoco Berlusconi e le sue frequentazioni private ed ha attaccato l’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti. Dalla sua ricostruzione ha tenuto accuratamente fuori qualunque episodio che coinvolgesse la sinistra del Pd e di Nichi Vendola, così come quella del pm Ingroia e dell’ex pm De Magistris. In cambio ha elogiato l’assessore alle attività produttive del Comune di Napoli Marco Esposito (presente a Gaeta non si capisce a quale titolo), eletto nelle liste dell’Idv di Antonio Di Pietro, e legato al sindaco di Napoli Luigi De Magistris. Dell’assessore Esposito, LN si è recentemente occupata per l’iniziativa-bidone sulle assicurazioni (cfr. “Sud: l’estorsione delle assicurazioni e il vuoto di rappresentanza politica”, LN 60/13).
Neanche una parola Aprile ha dedicato allo scandalo del Monte dei Paschi di Siena, banca controllata da decenni da Pci-Pds-Ds-Pd, partiti ai quali hanno sempre fatto riferimento l’80% dei componenti della Fondazione Mps, che ha fruito, con il governo Monti, di contributi pubblici per quasi quattro miliardi di euro per l’emissione di bond destinati a salvare la banca dal fallimento dopo spericolate operazioni finanziarie. E neanche una parola ha speso sull’inchiesta per presunte tangenti che vede indagati i manager legati a D’Alema e Bersani. Il giornalista ha ricordato di passaggio che il Sud manca di banche, ma si è guardato bene dal ricordare la (s)vendita del Banco di Napoli, avvenuta nel silenzio di D’Alema, Vendola, Bassolino (che nei suoi libri non nomina mai), Loiero e Lombardo, e di riconoscere che l’unico tentativo di creare una Banca del Mezzogiorno per il finanziamento delle piccole imprese lo ha fatto l’ex ministro Tremonti. Silenzio anche sulle vicende giudiziarie di Nichi Vendola e sulla sua gestione della sanità in Puglia, sulle ruberie del tesoriere del Pd Luigi Lusi, al quale viene addebitata la sottrazione di almeno 5 milioni di euro dalle casse della Margherita, sugli affari di Filippo Penati, componente delle segreteria di Bersani, sul disastro amministrativo di De Magistris, che aveva promesso ai napoletani di portare la raccolta differenziata al 70% ed invece costringe i contribuenti a pagare la Tarsu più alta d’Italia per coprire il costo dei 40 milioni di euro all’anno necessari a spedire all’estero i rifiuti che non vuole bruciare in un termovalorizzatore.
Ma, al di là della sua visione politica straordinariamente faziosa, è il retroterra storico che manca nel meridionalismo di Aprile. Gli sfugge totalmente che, all’origine del sottosviluppo del Sud, non c’è la Lega Nord, che è nata negli anni ’90 del secolo scorso, ma l’unificazione dell’Italia, realizzata attraverso un’operazione ideologica chiamata Risorgimento. Questa operazione ideologica ha avuto tra le proprie guide politiche il Partito d’Azione, fondato da Mazzini e sostenitore di Garibaldi. Gli eredi ideologici diretti di tale partito sono stati il Partito Repubblicano ed alcune potenti lobbies finanziarie e mediatiche che continuano a condizionare pesantemente la politica e l’economia italiana. Centri studi come la Fondazione Olivetti, economisti e finanzieri come Bruno Visentini, Carlo De Benedetti e la sua lobby mediatico-finanziaria che fa leva sul gruppo editoriale l’Espresso, Carlo Azeglio Ciampi ed il milieu di Bankitalia, giornalisti come Giorgio Bocca ed Eugenio Scalfari, l’ideologo della costruzione dell’Ue, Altiero Spinelli, indicato come proprio maestro dall’attuale presidente della repubblica Giorgio Napolitano, il banchiere ed uomo di fiducia della tecnocrazia europea Mario Monti. Sono questi personaggi e queste lobbies, dalle quali Aprile non ha mai preso le distanze, gli eredi ed i continuatori del Risorgimento, da loro celebrato trionfalisticamente solo due anni fa. Non la Lega Nord, che è piuttosto una delle espressioni del disagio creato dal Risorgimento e della pessima unificazione del Paese. Alla Lega, inoltre, va riconosciuto almeno di aver messo in discussione la retorica patriottarda del tricolore e di Garibaldi e di aver votato contro l’insegnamento obbligatorio nelle scuole dell’Inno di Mameli (cfr. LN Notizie 9/12). Quanto alla storia più recente, il sottosviluppo economico meridionale va ricondotto alla sua classe dirigente politica. Nei decenni del cosiddetto Intervento straordinario nel Mezzogiorno (1950-1993), il ceto politico meridionale ha scambiato la gestione dei flussi di finanziamento pubblici con i partiti nazionali (Dc, Pci, Psi, ecc.) e le grandi imprese del Nord. Questo scambio (risorse pubbliche usate per consolidare il proprio potere contro acquiescenza al potere dei partiti nazionali, della finanza e delle imprese del Nord) è continuato fino ad oggi. La Campania e Napoli – va detto a Pino Aprile – ultime negli indicatori economici di un Sud disastrato, sono state governate per 17 anni da Bassolino, la Calabria da Loiero, la Puglia (che Aprile presenta nei suoi libri come un modello) da Vendola; la Sicilia da Lombardo. Politici del Sud che hanno consentito lo smantellamento di quello che restava di apparato produttivo e di sistema di credito e che sono rimasti impassibili di fronte alla ripresa dell’emigrazione intellettuale. Con tutto questo la Lega Nord non c’entra, come non c’entrano Berlusconi, Tremonti, la Gelmini e gli altri bersagli preferiti di Aprile. A Gaeta, al termine del suo lungo intervento, Aprile ha illustrato il progetto di un giornale quotidiano che, a suo parere, sarebbe decisivo per la battaglia meridionalista. Ma al Sud servono anzitutto dei politici e dei quadri dirigenti professionali fortemente radicati nella cultura e nella tradizione meridionale, di cui il Regno delle Due Sicilie (che Aprile non nomina quasi mai) ha costituito il punto più alto. Un quotidiano potrebbe essere utile, ma a patto che a dirigerlo siano giornalisti senza pregiudizi ideologici, liberi da commistioni e complicità politiche e capaci di chiamare per nome corrotti e collusi. Tutti. Senza sconti per amici e compagni.
(LN 61/13)
Editoriale Il Giglio