IL SABATO 20 febbraio 1999, gli uomini politici della Lega Nord costruirono, in alcune città della Lombardia, dei bellissimi gazebo bianchi. Lì i loro elettori avrebbero partecipato al referendum che voleva abrogare la "sciagurata" legge Turco - Napolitano sull' immigrazione, «la quale apriva le porte ai clandestini». Fin dal primo pomeriggio - racconta La Padania, giornale della Lega - il gazebo di piazza Duomo a Crema era meta «di un continuo andirivieni di gente». Alcuni - i leghisti più intelligenti, veloci e appassionati - si dirigevano con straordinaria speditezza verso il banchetto che raccoglieva le firme: altri, più lenti e torpidi, chiedevano informazionie leggevano volantini;e poi tutti insieme, i veloci e i lenti, toglievano dal portafogli un documento - chi la carta d' identità, chi la patente - « per garantirsi», diceva La Padania, «una speranza di libertà». Alle quindici, le firme erano già 150. Ma i gazebo non bastavano, disse Stefano Stefani, presidente federale della Lega. «Gazebo, gazebo», gridava la folla. Poco dopo le 16.30, forse alle 16.37, Umberto Bossi arrivò a Crema. Non era felice: in quegli anni di passaggio la Lega viveva quasi in un angolo; ma lì, da quell' angolo, lui era deciso a dare, dice sempre La Padania, «un sonoro schiaffo al sistema mondialista» e ai progetti degli americani. Subito la gente gli si fece attorno: chi gli stringeva la mano, chi lo salutava, chi lo ringraziava per cosa faceva a favore della gente lombarda, chi sventolava fazzoletti verdi, chi avanzava domande. Bossi non si fece pregare: si sedette al banchetto delle firme, invitò la gente a firmare con impeto, e cominciò a parlare. Parlava a braccio, con spigliatezza e audacia, a voce alta, «senza filtri nè giri di parole», guardando profondamente ciascuno negli occhi, uno per uno, con la sua naturale franchezza. Purtroppo non ero presente al Discorso di Crema, che appartiene ai massimi eventi della storia italiana, persino al disopra del 28 ottobre 1922. Ne ho letto una sintesi nella Padania del 21-22 febbraio 1999, in un lungo scritto di Mauro Bottarelli, e là ciascuno potrà ritrovarlo. Qua e là i lettori avvertono gli echi di un libro, Mein Kampf di Adolf Hitler, che Bossi dovette leggere, o di cui sentì parlare, quando era giovane. L' articolo è scritto in Bossesco o, per meglio dire, nel linguaggio dei giornalisti della Padania. Come potevo, ho cercato di tradurlo in una specie di italiano. «Lo scontro in atto è ormai chiaro», cominciò Bossi con voce impetuosa. «C' è il capitalismo individualista e mondialista americano, guidato da venti potentissimi banchieri ebrei di Wall Street. Dopo la nascita dell' Europa, questo capitalismo teme di perdere il proprio predominio sulla Francia, la Germania, l' Italia; e perciò ha deciso di indebolire e scardinare dalle fondamenta tutte le nazioni europee. Non può permettersi di perdere. Non ha scrupoli nè incertezze, e usa tutti i mezzi possibili. In primo luogo, l' immigrazione clandestina: Wall Street vuole esportare in Europa venti milioni di extracomunitari per corrompere il nostro sangue e la nostra economia. In secondo luogo, la droga, che viene dagli Stati Uniti. Basta vedere la guerra del Kossovo: gli americani si sbracciano contro Belgrado perché il Kossovo è la principale fabbrica di eroina nel mondo e gli americani non vogliono concorrenti. Noi, gente padana, stiamo con i serbi e Milosevic». " Il capitalismo ebraico di Wall Street ha i suoi complici anche in Italia. Per esempio, i massoni, come Prodi, che fa parte dell' Aspen Institut. E io - qui Bossi montò in piedi sul banchetto, sventolando il pugno - io, intendo pubblicare tutti i nomi dei massoni, che difendono gli interessi ebraico-americani in Italia". In quel momento, la gente si alzò in piedi come una sola persona, impaurita dalla minaccia ebraico-americana, ma coraggiosamente decisa a resistere. " I complici-continuò Bossi - li vedete da tutte le parti. Eccoli, quelli del Polo, Berlusconi, Fini e tutti gli altri, questi complici degli Americani. Ma", disse Bossi, alzando di nuovo la voce e il pugno, "gli Americani non passeranno. Non ci riempiranno di clandestini e di droga. Noi discendiamo dai celti, e non lo consentiremo. Siamo qui, soli, con le nostre camicie verdi, il ricordo della Lega Lombarda e di Alberto da Giussano, soli contro quelli di Roma e Berlusconi. Vinceremo". Bossi si sedette. Si asciugò la fronte, ma non era stanco. Scoppiò un boato di entusiasmo e di gioia. Finalmente i leghisti avevano capito. "Senatùr, Senatùr", gridavano. Tutta Crema fremeva. Non mancarono lacrime. Una donna svenne per la passione. La sera nei gazebo bianchissimi di Lombardia Bossi aveva raccolto 100.000 firme. - PIETRO CITATI
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