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  1. #11
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    Predefinito Re: Ugo La Malfa (Palermo, 1903 - Roma, 1979)

    Grazie a te......l'articolo lo conosco molto bene...l'ho letto diverse volte..esso si trova ancora sulla mia scrivania......grazie ancora...
    Il mio stile è vecchio...come la casa di Tiziano a Pieve di Cadore...

    …bisogna uscire dall’egoismo individuale e creare una società per tutti gli italiani, e non per gli italiani più furbi, più forti o più spregiudicati. Ugo La Malfa

  2. #12
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    Predefinito Re: Ugo La Malfa (Palermo, 1903 - Roma, 1979)


  3. #13
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    Predefinito Re: Ugo La Malfa (Palermo, 1903 - Roma, 1979)

    Il primo articolo di Ugo La Malfa - Roma, 18 giugno 1925




    Il primo congresso dell’Unione*



    * Il primo articolo di Ugo La Malfa, datato Roma 18 giugno 1925, pubblicato su “Il Risveglio”, rassegna della vita abruzzese, nel numero del 27 giugno 1925. E’ un commento ai lavori del primo congresso dell’Unione democratica nazionale, fondata da Giovanni Amendola, che si era svolto a Roma tra il 14 e il 16 giugno del 1925. La Malfa aveva partecipato ai lavori congressuali ed era intervenuto a nome dei gruppi giovanili. L’articolo è stato ripubblicato a cura di Amedeo Piraino su “Archivio Trimestrale”, rassegna storica di studi sul movimento repubblicano, anno XI n. 1, gennaio-marzo 1985









    Il primo congresso dell’Unione nazionale si impone all’attenzione degli italiani per la grande importanza a cui sono assurti quelli che io chiamerei i due momenti fondamentali nello svolgimento dei lavori. Il primo di essi fu dedicato ad un esame critico della situazione politica italiana, non soltanto quale essa si presenta attualmente, ma, soprattutto, quale essa si è presentata dai giorni dell’unificazione ad oggi; esame critico diretto a rilevare le manchevolezze del sistema di istituti giuridici e politici posti a base dello Stato italiano.

    La critica impostata nelle linee fondamentali dal Ferrero è stata integrata dalle analisi profonde del Salvatorelli e del Trentin, i quali hanno apportato in tal modo contributo efficace all’opera di disamina dei fatti della nostra vita sociale.

    Ma io vorrei qui far rilevare come quest’indagine critica si affermi non solo per la genialità e la verità delle condizioni e perché mostra la profonda opera d’intelletto dei costruttori del nuovo pensiero democratico, ma anche per il modo stesso con cui essa è posta o, meglio, è stata posta da colui che ha sintetizzato le diverse analisi in un pensiero unico e possente, da Giovanni Amendola.

    In un periodo infatti così aspro di contese politiche quale è il nostro, periodo nel quale gli avversari del fascismo si vedono minacciati nei loro diritti non solo, ma nei loro stessi interessi vitali, occorre un’altissima concezione morale della vita politica e dei doveri ch’essa impone per riuscire ad astrarsi dalla influenze nefaste d’un ambiente difficilissimo, dalle condizioni misere della lotta dell’oggi, per preoccuparsi soltanto d’impostare una tesi critica che, pervenendo a scoprire le ragioni latenti dei mali che hanno afflitto la nostra vita politica da un sessantennio in qua, non s’indugi nell’analisi dei guai attuali che di quelli rappresentano l’acerbazione più violenta ed esasperante.

    Questa serenità di giudizio, risultato di un lungo travaglio spirituale, si giustifica da due punti di vista: perché non si può ammettere che il popolo italiano, che pur non è preoccupato di analizzare e di comprendere il sistema degli istituti che lo governavano e di scoprirne le deficienza, rimanga ugualmente insensibile quando, alla deficienza degli istituti giuridici e politici posti a garantire la continuità della vita sociale, subentri l’inesistenza assoluta d’essi, onde poco necessaria sarebbe una larga indagine sul presente, indagine che ciascuno ha già fatto per suo conto (questa ragione potrebbe valere contro i sostenitori della discesa, nei riguardi della questione dell’Aventino); perché, secondariamente, uomini di mente elevatissima si sono preoccupati di porre un problema di contrasti storici, prescindendo da una polemica personale e stizzosa che avrebbe diminuito l’efficacia di una visione totale.

    Quest’ultimo punto di vista i fascisti non han compreso e non comprenderanno mai. E’ una delle tante loro debolezze. Abituati a discutere a base di scaramucce parolaie, privi di una concezione politica sostenibile, essi non sanno che cosa rispondere a uomini che vogliono dimenticare se stessi e gli avversari, per disputare su un patrimonio d’idee e di osservazioni sociali. Rimangono quindi insensibili, anzi, non fanno nemmeno lo sforzo di capire, adagiandosi comodamente sulle dolcezze d’una polemica…futuristica.

    Pure basta leggere il discorso di Amendola per notare come il desiderio d’un superamento delle questioni contingenti sia stato magnificamente realizzato: prova questa d’una nobiltà di pensiero ch’è in stridente contrasto col contenuto di certa prosa ufficiale od ufficiosa. In quel discorso non una parola che riveli un tentativo di polemica personale o di critica di carattere particolaristico, ma una magnifica sintesi critica con sui su afferma soprattutto una concezione profondamente seria e profondamente morale che sboccherà infine in una mirabile visione ricostruttrice.

    Ed eccoci al secondo momento fondamentale dei lavori del congresso. Anche qui un’opera profonda, non ancora perfetta, ma sufficientemente elaborata, perché essa possa imporsi all’attenzione di tutti coloro che, nel loro immenso amore per questa terra nostra, guardano con trepidazione all’avvenire. Anche qui una ricostruzione che dimentica i nuovi principi della cosiddetta rivoluzione (sic), come cose che non lasceranno nessuna traccia, e si preoccupa di riunire quel passato che altamente ci onora, nonostante gli errori, ad un avvenire in cui un vero sentito spirito democratico informerà la vita costituzionale del nostro paese.

    Nessuna discontinuità dunque nei lavori del congresso: due momenti s’integrano l’uno con l’altro, stanno come la premessa ad una conseguenza. La nuova concezione democratica apre così dei nuovi orizzonti al nostro paese e proprio nel momento in cui esso sembra piombare nell’oscurità di una stolta reazione.



    Da Ugo La Malfa, Scritti 1925-1953, Mondadori, 1988
    Ultima modifica di Frescobaldi; 18-03-13 alle 22:42
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  4. #14
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    Predefinito Re: Ugo La Malfa (Palermo, 1903 - Roma, 1979)

    Democrazia *



    * Tratto da alcuni testi inediti manoscritti conservati nelle “Carte La Malfa (ACS), destinati alla propaganda antifascista nel corso della lotta clandestina. (1943)



    Democrazia è l’aspirazione ideale dell’ “Italia Libera”. Una democrazia nuova, ardita, fatta matura dalle esperienze e dagli errori del passato, senza pregiudizi di classe e di casta, senza timidezze e tentennamenti, con una visione chiara, precisa, inflessibile dei doveri collettivi, con una preoccupazione costante di realizzare un alto livello di umanità e di civiltà.
    Non falsa democrazia di privilegiati, e bassa democrazia di retori e di mediocri. Ma una democrazia che apra la cultura e la dignità di vita a tutti, che affronti audacemente e risolva i problemi sociali, che rompa le incrostazioni e le abitudini parassitarie, che promuova lo spirito di emulazione e faccia circolare aria, vita e progresso ovunque. Una democrazia che conosca i problemi dello Stato moderno, che abbia competenza e sicurezza d’azione, che domini e sfrutti a scopi di benessere collettivo la macchina economica, che dia valore all’iniziativa privata, ma sappia quali importanti compiti la più recente teoria economica e sociale assegni all’iniziativa pubblica. Una democrazia che faccia dei problemi della massa il suo principale problema, ma non ignorando che i problemi di massa sono sorti dagli errori di ordinamento e di indirizzo della società moderna, che la massa quando abbia conseguito dignità e sicurezza di vita materiale e spirituale non è più massa, non è entità indistinta e confusa, ma è mondo di individualità, mondo morale distinto e articolato.
    Democrazia non come piatta uniformità, come rifacimento di tutto, come appiattimento di tutto. Ma come arricchimento storico, come franco rispetto del passato, in quanto rappresenti ancora un valore di civiltà, e come superamento del passato, in quanto pigra sopravvivenza di cose morte. Democrazia in quanto creazione, anche giuridica, costituzionale ed economica, oltre che spirituale, di una solidarietà di popoli e gara di elevazione.
    Democrazia come il Risorgimento la intravide e come i migliori italiani, nel corso di questa terribile ed oscura esperienza fascista, l’hanno meditata.
    Ultima modifica di Frescobaldi; 21-03-13 alle 21:09
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  5. #15
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    Predefinito Re: Ugo La Malfa (Palermo, 1903 - Roma, 1979)

    Tradizione repubblicana e Mezzogiorno *



    di Ugo La Malfa




    * “La Voce Repubblicana” del 18 febbraio 1951



    Molti partiti hanno incorporato nel loro programma e nelle loro dottrine il problema del Mezzogiorno: ricordiamo i liberali con Sonnino, De Viti, De Marco, Nitti e Giustino Fortunato; i socialisti con Salvemini o i comunisti con Gramsci o gli uomini della “Rivoluzione liberale” con Guido Dorso. Tutti hanno dato un’interpretazione del problema del Mezzogiorno ed un contributo notevole di pensiero e di programmi.
    Ma in nessun partito il problema del Mezzogiorno è connaturato al patrimonio ideale del partito, alle sue idee, alla sua dottrina, alla sua concezione di vita, come nel Partito repubblicano. Se democrazia è autonomia di iniziativa e libertà di sviluppo economico e spirituale, se democrazia è vita e civiltà dei piccoli centri, del villaggio, della campagna, del casolare, dei comuni sperduti in cui, lentamente e con sforzo continuo, si organizzano le possibilità della vita collettiva, e se la democrazia così intesa è in primo luogo repubblicanesimo, il problema del Mezzogiorno entra tutto intero nel programma del Partito repubblicano. Se l’Italia delle regioni, delle province, dei comuni, è l’Italia di questa vecchia e nobile popolazione sparsa per mille e mille Comuni, che spesso non conosce e non conoscerà mai la grande industria e le grandi città; allora questa Italia si identifica quasi completamente con il Mezzogiorno, e il risolvere il problema del Mezzogiorno significa risolvere il problema d’Italia.
    In definitiva, solo dalla maniera con cui un partito intende il problema del Mezzogiorno, si può arguire se le sua convinzioni ed il suo metodo d’azione politica sono intimamente democratici: se la sua scuola, se la sua dottrina sono scuola e dottrina di democrazia. Il Partito repubblicano ha nel suo sangue – se così può dirsi – il problema del Mezzogiorno: appunto perché l’Italia sarà una grande e vera democrazia, quando la scuola, l’ospedale, l’acquedotto, la fognatura, la casa comunale linda ed ordinata, la cooperativa di produzione e di consumo, i campi bonificati e ben coltivati, saranno le manifestazioni della vita nazionale nel più remoto e più piccolo comune d’Italia, e il Lucania, anzitutto, e nelle zone più abbandonate delle Puglie e della Calabria e in Sicilia e in Sardegna.
    Chi conosce il nostro paese in tutti i suoi aspetti, si meraviglia che il problema del Mezzogiorno si sia trascinato tra libri, letteratura e buon volere, per gli ottanta o novanta anni di vita unitaria italiana. I problemi dell’Italia composta ad unità dovevano essere molti e gravi in un paese con tanta storia e con tanti mali storici, non permeato dalle grandi correnti di civiltà economica e sociale di cui ha beneficiato il resto dell’occidente: non dovevano certo presentarsi facilità di vita e di soluzioni. Ma come la vita del Mezzogiorno, ed in particolare di certe plaghe del Mezzogiorno, ha potuto permanere immutata per tanti decenni? Come nel comprensorio della Sila, ad esempio, tutto è rimasto immutato, come se un incantamento ne avesse arrestato la vita?
    Senza un grande programma economico, senza una visione integrale che tenga conto di tutti gli aspetti molteplici della situazione politica, economica e sociale del Mezzogiorno e del paese nel suo insieme, senza una direttiva di politica generale che miri alla sostanziale modificazione della struttura economica nazionale, non vi è nessuna prospettiva di risolvere una volta per sempre il problema del Mezzogiorno. La legge sulla Cassa per il Mezzogiorno e le leggi di riforma agraria si sono inquadrate in questo orientamento ed è perciò che esse rappresentano le grandi leve del rinnovamento della vita meridionale.
    La congiuntura economica internazionale, se si sapranno predisporre strumenti validi e non ingombranti di direzione e di controllo, non potrà non far sentire, attraverso una inevitabile espansione produttiva, i suoi effetti benefici per lo sviluppo ed il risanamento delle attività meridionali, e per il rinnovamento e la normalizzazione dei rapporti tra meridione agricolo e settentrione industriale.
    Sia dunque l’orgoglio dei repubblicani il sapere che la repubblica ha affrontato, con visione ampia e coerente, il problema che essi hanno saputo porre nei suoi giusti termini. La legge sulla Cassa per il Mezzogiorno, la legge stralcio sulla riforma agraria, la legge sulla Sila, non sono perfette, non sono complete, contengono errori, incongruenze, soluzioni parziali o sbagliate. Poco importa! Esse muovono uomini e cose, rompono la fissità di un destino che sembrava immutabile, cambiano i rapporti anacronistici di proprietà, creano opere e lavoro, fanno entrare soffi di vita e di progresso là dove la povera gente languiva e disperava. I miliardi impiegati in quest’opera vasta e di lunga lena sono pochi e dovranno essere aumentati. Poco è stato fatto, molto, moltissimo dovrà farsi. Troveremo nuovi miliardi, altre generazioni compiranno l’opera.
    Ma l’essenziale è che la repubblica, una repubblica uscita dalla guerra e dalle distruzioni, abbia avuto la saggezza e l’ardire di iniziare, come ha iniziato, la grande opera. Se null’altro di nuovo vi fosse nella vita della nazione, questo solo sarebbe un grande titolo ed una grande speranza. E i repubblicani non hanno cessato di vivere con fede.



    Da Ugo La Malfa, Scritti 1925-1953, Mondatori, 1988
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  6. #16
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    Predefinito Re: Ugo La Malfa (Palermo, 1903 - Roma, 1979)

    Nell' anniversario dell amorte di Ugo La Malfa alcuni brani dal manifesto di democrazia repubblicana , vorrei sottolinerne uno "Ma nel riconoscere che finora lo schieramento politico è stato inadeguato noi dobbiamo riconoscere che innumerevoli italiani , rimasti assenti dalla vita politica , nulla fanno per il loro paese , per la causa della democrazia , per i loro diritti . La vita democratica non può essere fondata su una critica esterna , sull' ironia sulla scetticismo , è fondata su grandi correnti di opinioni organizzate e sull' equilibrio che risulta dalla loro azione politica . In tale equilibrio , che è garanzia di di libertà , è dovere inserirsi"
    IL MANIFESTO DI DEMOCRAZIA REPUBBLICANA NELL' ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI UGO LA MALFA (26 3 1979) | novefebbraio.it

  7. #17
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    Predefinito Re: Ugo La Malfa (Palermo, 1903 - Roma, 1979)

    CAMERA DEI DEPUTATI

    SUL CENTENARIO DELLA REPUBBLICA ROMANA








    Seduta del 9 febbraio 1949


    Riferendosi alle intemperanze del deputato monarchico Marchesano e allo scontro verbale in precedenza verificatosi fra il Ministro della difesa, Randolfo Pacciardi, e Alcide Malagugini, manifesta il rammarico dei deputati repubblicani per il comportamento di quanti avevano introdotto nella celebrazione del centenario della mazziniana repubblica romana motivi di polemica e di divisione fra le forze politiche.


    La Malfa. E’ con grande rincrescimento che noi repubblicani abbiamo assistito allo svilupparsi di una polemica su un grande fatto che è all’origine stessa della nostra formazione nazionale.
    Ma io credo che questo stato d’animo polemico sia del tutto superficiale, e al fondo vi sia la coscienza che la Repubblica romana del 1849 appartiene a noi tutti.
    Io non so che cosa ci riserva l’avvenire; io so che cosa è stato il nostro passato nel creare la Repubblica italiana. Ed alzandomi in piedi e pregando i colleghi di alzarsi in piedi, io grido alla grandezza della Repubblica romana! (Il Presidente, i membri del Governo e i deputati si levano in piedi – Vivi applausi).




    Da La Malfa. Discorsi parlamentari. Vol.I - 1946-1957, Camera dei Deputati, Roma, 1986, p.148
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  8. #18
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    Predefinito Re: Ugo La Malfa (Palermo, 1903 - Roma, 1979)

    La politica di austerità *




    * Sintesi della replica al consiglio nazionale del PRI pubblicata con questo titolo sulla “Voce Repubblicana” dell’8 febbraio 1951



    Sono addolorato che il consiglio, invece di occuparsi a fondo degli aspetti democratici della nuova politica economica che il governo vuol seguire, si sia fermato sugli aspetti formali, che hanno la loro grande importanza, e nessuno e tanto meno i repubblicani li devono sottovalutare, ma non esauriscono il problema. Molte volte, i repubblicani ripetono che il partito non accentua i programmi sociali, che non sente lo stato di bisogno dei lavoratori nel nostro paese. Ma che cosa ha fatto il partito finora se non battersi per soluzioni concrete dei problemi sociali? Sono d’accordo con Belloni quando afferma che i principi della democrazia e del mazzinianesimo non debbono essere dimenticati: la grande ispirazione dei maestri deve guidare l’azione dei repubblicani verso un’azione di giustizia e di redenzione sociale. Ma se i principi devono essere la nostra guida, le realizzazioni concrete sono la prova della capacità della repubblica democratica di muoversi sulla via della civiltà e del progresso. Che cosa si è fatto quando col controllo del credito si è salvata la moneta, se non preservare il potere d’acquisto dei salari e del risparmio e cioè tutelare i ceti dei lavoratori? E perché i repubblicani non portano vanto per la Cassa del Mezzogiorno e per la legge di riforma agraria? Si tratta di grandi e importanti provvidenze sociali, che cambieranno l’aspetto di molte zone. Per decenni e decenni nulla si è fatto in questo campo, e quando la repubblica, uscita dalla catastrofe bellica, affronta questo problema, nessuno se ne accorge.
    I repubblicani si buttano alle spalle la cassa del Mezzogiorno e la riforma agraria come se fossero provvedimenti qualunque. Ma si tratta di un enorme sforzo di redenzione sociale, che avrebbe determinato osanna e trionfi in regime di monarchia o di dittatura. Il disfattismo comincia da noi e si sparge per il paese: il buono che la repubblica ha fatto si mette alle spalle come un atto qualunque, e il meno buono si mette costantemente in luce. Dopo la cassa del Mezzogiorno e la riforma agraria, il governo intende iniziare una politica di maggiore “austerità”. Noi l’abbiamo sempre voluta questa politica: dobbiamo oggi sostenerla e si tratta non d’una semplice politica economica, ma d’una politica sociale nel più vasto senso della parola. Temi di questo genere devono essere affrontati in un congresso, ma è lecito qui anticipare che una politica di priorità può significare una politica di spostamento di redditi e di risparmio, la loro riduzione per consumi voluttuari o di lusso e il loro impiego in scopi sociali. Belloni dice che si tratta pur sempre di provvedimenti, e che la questione sociale si risolve espropriando i capitalisti, ma bisogna stare attenti a non dare alla democrazia, quale noi la intendiamo, il linguaggio e le formule del marxismo più crudo.
    Nelle democrazie odierne, l’uguaglianza di condizioni sociali e lo spostamento di redditi e di investimenti si ottiene con mezzi diversi da quelli presupposti dalla critica marxista. Ho provato molto dolore nel sentire lavoratori rifiutare questa impostazione democratica, per abitudine a un linguaggio marxista. La convinzione dei repubblicani che hanno responsabilità di governo è di battersi sempre in favore dei ceti diseredati, dei meno abbienti, dei disoccupati, ma con spirito di responsabilità, senza demagogia, affrontando problemi concreti. Occorre che – nello spirito della scuola democratica repubblicana – con le idee che la tecnica economica odierna suggerisce – il partito faccia questa discussione di fondo e tranquillizzi se stesso e i lavoratori che militano nelle sue file.
    Non la Russia sovietica solo risolve i problemi dei lavoratori, ma con altri mezzi e nello spirito della libertà anche la democrazia occidentale, consapevole dei suoi doveri e delle sue responsabilità.
    Si tratti di politica internazionale, di politica di difesa, di impedire che industrie parassitarie succhino i miliardi dei contribuenti, il partito con i suoi uomini, con la sua stampa, in nessun campo sceglie la posizione più facile o più popolare. Ma questa è la sua forza e il segno che esso è il partito delle origini risorgimentali.
    Talvolta si sbaglia nel valutare la politica degli Stati Uniti e il compito di questo grande paese nel momento attuale. Per comprendere il vero carattere delle cose, i repubblicani dichiarino se la democrazia in Italia sarebbe possibile senza la presenza degli Stati Uniti nel mondo. Di recente l’on. Gronchi ha parlato di “europeismo” in seno alla politica atlantica: ma la concezione di un Patto atlantico in funzione europea fu la tesi sostenuta dai repubblicani in occasione della discussione del Patto. Il Patto atlantico coprirà l’Europa, per il periodo in cui dovrà compiere il suo sforzo di rinascita economica, politica e sociale. Dipende dalla fermezza, dalla serietà, dal senso di responsabilità degli europei di scorciare questo periodo e di non chiedere al popolo americano il prolungamento di una situazione, che crea gravi compiti e gravi preoccupazioni al popolo americano stesso.


    Da Ugo La Malfa. Scritti 1925-1953, Mondatori, 1988
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  9. #19
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    Predefinito Re: Ugo La Malfa (Palermo, 1903 - Roma, 1979)

    ASSEMBLEA COSTITUENTE

    SULL’ARTICOLO 1 DELLA COSTITUZIONE





    Seduta del 22 marzo 1947



    In occasione della discussione sull’articolo 1 del Progetto di Costituzione elaborato dalla Commissione dei Settantacinque, Ugo La Malfa, nella seduta del 22 marzo, illustra in Assemblea l’emendamento presentato dai deputati del gruppo repubblicano e da Ignazio Silone, inteso a sostituire il primo e il secondo comma con un comma unico del seguente tenore: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sui diritti del lavoro e sui diritti della libertà” (A.C., III, 2381).
    Il leader repubblicano sottolinea che la formulazione proposta dal suo gruppo è carica di significati ben più precisi di quelli contenuti dall’emendamento proposto da Amintore Fanfani, pur essendo priva di quei significati classisti che erano contenuti dalla formulazione proposta dai deputati Lelio Basso e Giorgio Amendola (“L’Italia è una repubblica democratica di lavoratori” (A.C., III, 2376). Pertanto non preclude alcun futuro svolgimento di rapporti all’interno della società italiana conferendo in tal modo un senso di continuità e di stabilità alla nuova Costituzione.
    L’Assemblea avrebbe poi approvato l’emendamento presentato da Fanfani, sul quale si realizza una convergenza di voti democristiani e comunisti.



    La Malfa. Onorevoli colleghi, io e gli altri firmatari dell’emendamento ci troviamo di fronte a due manifestazioni circa il primo comma dell’articolo 1, le quali, a nostro giudizio, hanno un diverso, se non contrastante, significato.
    Vi è un emendamento a firma degli onorevoli Basso ed altri che suggerisce l’aggiunta delle parole “di lavoratori” a “Repubblica democratica”. Credo che il Gruppo repubblicano non avrà nessuna difficoltà ad accettare questo emendamento se venisse in votazione, il gruppo interpretando l’aggiunta “di lavoratori” in un senso, direi, democratico e aclassista. Tuttavia l’inconveniente che presenta questo emendamento è che potrebbe dare un carattere un po’ troppo soggettivo alla Repubblica, e potrebbe in certo senso richiamare esperienze storiche di grandissimo valore, ma che non sono esattamente la nostra esperienza politica democratica attuale.
    D’altra parte, qualche minuto fa il collega Fanfani illustrava un suo importante emendamento che suona così: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Anche questo emendamento a noi pare non pertinente “Fondata sul lavoro” è una frase di assai scarso contenuto. Da un punto di vista costituzionale vuol dire assai poco: introduce questo concetto del lavoro, ma l’introduce con una genericità che si presta a molti equivoci. Il giorno in cui votassimo questa dizione, e potremmo votarla tutti quanti, non avremmo detto molto. Ciascuno, votandola potrebbe riempirla del contenuto ideologico e politico che gli è più proprio.
    Ecco in brevi parole la ragione del nostro emendamento. Si è detto: l’Italia è una Repubblica democratica. Ora questa dizione ha dato luogo a molte discussioni in seno all’Assemblea. Come osservava un collega, l’espressione Repubblica democratica, se dovesse rimanere tale e quale, non sarebbe qualificata da nessun punto di vista. Si può pensare che si dice “democratica” per ragioni di carattere generale.
    Il nostro sforzo è consistito nel dare a questa espressione “L’Italia è una Repubblica democratica” due fondamenti istituzionali ben certi e sicuri. Abbiamo detto: l’Italia è una Repubblica democratica fondata sui diritti di libertà – e credo che nessuno in questa Assemblea voglia negare questo fondamento – e sui diritti del lavoro. Questa è la parte viva, nuova, fresca, socialmente avanzata, della Costituzione.
    Noi abbiamo oggettivato il significato del lavoro nella vita politica, economica e sociale dell’Italia democratica. Parlando di diritti del lavoro diamo a questo concetto un valore istituzionale, che non è dato per esempio quando parlassimo di una “Repubblica democratica fondata sui lavoratori”.
    All’articolo 1, cioè con questa specificazione noi, in un certo senso, anticipiamo e riassumiamo tutti i diritti fondamentali che si trovano sparsi in altri titoli del progetto.
    Abbiamo rapporti civili, etico-sociali, economici, ecc., ma quando noi parliamo di diritti di libertà e del lavoro, fissiamo la Costituzione su due termini estremamente precisi. Definendo come noi vogliamo definire la Repubblica democratica, riassumiamo nella definizione i tratti più caratteristici della Costituzione. Del resto, una definizione è dire in brevissime parole quella che è la sostanza di una trattazione, in questo caso quella che è la struttura stessa della Costituzione.
    Noi diciamo diritti di libertà e del lavoro ed anticipiamo istituti e diritti che sono specificati in molti articoli e parti della Costituzione. Definiamo la Repubblica, fissando istituzionalmente e costituzionalmente i due concetti fondamentali che ne sono a base.
    Ritornando su un concetto che ho enunciato nella discussione sulle elezioni in Sicilia, osservo che la Costituzione è una costruzione architettonica che deve prescindere, in certo senso, dall’equilibrio contingente delle forze politiche e proiettarsi nel futuro. Ora, il fatto che diciamo che la Repubblica democratica italiana è fondata sui diritti di libertà e di lavoro ha lo scopo di fissare questa costruzione non solo rispetto all’equilibrio politico attuale, ma rispetto allo svolgimento futuro e ciò allo scopo di dare un senso di stabilità e di continuità, di sicurezza e di obiettività alla nostra Costituzione. Sono questi i motivi che ci hanno indotto alla presentazione dell’emendamento e che ci suggeriscono di richiamare su esso l’attenzione dei colleghi (Approvazioni).


    Ugo La Malfa. Discorsi parlamentari. Vol.I (1946-1957), Camera dei Deputati, Roma, 1986, pp. 45-47.
    Il mio stile è vecchio...come la casa di Tiziano a Pieve di Cadore...

    …bisogna uscire dall’egoismo individuale e creare una società per tutti gli italiani, e non per gli italiani più furbi, più forti o più spregiudicati. Ugo La Malfa

  10. #20
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    Predefinito Re: Ugo La Malfa (Palermo, 1903 - Roma, 1979)

    Attualissimo...

    …nessuno fa il proprio dovere. Nessuno. Perché tutti sono contraddittori, incoerenti. Perché non vedono la realtà del paese. Perché mischiano la demagogia, l’ideologismo astratto, le convinzioni non maturate coi giudizi approssimativi. Perché i centri decisionali non funzionano. Perché s’è dilagato un cancro: il cancro dell’uso del potere. Il gioco cinico del potere. Il confondere le responsabilità col potere. Perché si fa il ministro, l’amministratore, il sindaco, senza sapere come si fa il ministro, l’amministratore, il sindaco. Perché si pensa solo al proprio interesse personale o politico dimenticando che la politica non può prescindere dalla moralità. Ma le pare giusto che, quando arriva un nuovo ministro, questi si porti dietro duecento persone?!? Io, quando sono andato al Tesoro, mi sono portato solo la segretaria e il capo di gabinetto e il capo dell’ufficio stampa. Loro, invece, duecento! E il clientelismo. E i favori. E le raccomandazioni. Ma un ministro non deve guardare in faccia nessuno! Nessuno! Non deve conoscere nomi e cognomi! Deve rivolgersi al cittadino e basta! E’ incominciato con la DC questo cancro. Ne ha abusato soprattutto la DC, fin dall’inizio. Ma poi ha contagiato anche i socialisti, sì: anche loro. E quando mi si dice: non sarà che gli italiani non vogliano esser governati?, mi arrabbio. Rispondo: gli italiani vogliono essere governati, la colpa non è loro, è di chi li governa col cinismo, col menefreghismo, con la mancanza di patriottismo civile. Perché sa che le dico? S’è dimenticata perfino la lezione risorgimentale e a volte sembra che esistano i partiti, esistano le correnti, ma non esiste l’Italia come comunità.


    Roma, aprile 1974

    Da O.Fallaci, Intervista con il potere, Rizzoli, 2009
    Il mio stile è vecchio...come la casa di Tiziano a Pieve di Cadore...

    …bisogna uscire dall’egoismo individuale e creare una società per tutti gli italiani, e non per gli italiani più furbi, più forti o più spregiudicati. Ugo La Malfa

 

 
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