Luigi Zingales
Tutte le ragioni delle mie dimissioni da Fare

Molti mi chiedono perché adesso che Giannino si è dimesso, adesso che le fazioni interne hanno raggiunto un armistizio, non rientro anche io in Fare per rilanciarlo. Questa domanda si basa su un fraintendimento sul perché mi sono dimesso da Fare.
Le mie dimissioni non avevano nulla a che vedere con il fatto che Giannino non avesse un Master e tutto a che vedere con il modo con cui la bugia di Giannino sul Master è stata gestita. Di fronte alle mie richieste di chiarezza, Oscar prima si è rifiutato di rispondere, poi ha risposto con mezze verità rifiutando di ammettere la propria bugia e rifiutando di rivelare quante altre bugie aveva detto (e – come ora sappiamo -- ne aveva dette tante). Ma questo è un problema di Giannino, non di Fare.
Il problema che riguarda non solo il passato, ma anche il futuro di Fare è che i vertici hanno dimostrato una totale accondiscendenza verso il potere di Oscar, anche quando era chiaro che aveva mentito. Di fronte alla mia denuncia interna del problema, il 17 di Febbraio un fondatore ha scritto “Credo che la risposta di Oscar <che non aveva mai detto di avere il master> fornisca ogni chiarimento necessario. Penso di poter considerare chiuso l'incidente, se incidente c'è stato. Aggiungo che, qualunque errore Oscar possa aver commesso, è nulla di fronte all'impegno, i sacrifici anche personali e umani e la dedizione che ha investito nel movimento.” Nove membri della direzione hanno sottoscritto questa mozione, mentre nessuno dei fondatori o dei membri della direzione l’ ha rigettata. Solo Alberto Bisin, che non aveva cariche direttive si è ribellato a questo atteggiamento fideistico. Non a caso Alberto si è anche lui dimesso da Fare poco dopo di me.
Critichiamo (giustamente) Grillo e Berlusconi per aver creato dei partiti personalistici, in cui il leader è un padre padrone, non “accountable” ad alcuno. Purtroppo Fare si è dimostrato uguale. Se non mi fossi dimesso pubblicamente oggi Oscar sarebbe ancora leader di Fare. Per malinteso senso di lealtà il partito avrebbe coperto ogni sua bugia. I vertici di Fare hanno dimostrato che per loro il desiderio di potere è più importante dell’onestà. Manca una cultura della trasparenza. Manca una cultura della accountability, in cui il leader è il primo a rispondere dei propri errori. Rimuovendo il leader, non si risolve il problema, lo si sposta sul nuovo leader. Senza questa cultura finiremo come l’IDV di Di Pietro o, peggio, il PdL di Berlusconi. Il “qualunque errore Oscar possa aver commesso, è nulla di fronte all'impegno” non vi ricorda le difese fideistiche di Berlusconi da parte delle sue amazzoni?
Purtroppo i comportamenti seguiti alle mie dimissioni hanno solo rafforzato il mio giudizio critico sui principi etici di chi ha gestito e gestisce Fare. Su due cose non ho alcuna intenzione di transigere: -- ha scritto in un email ai volontari web un fondatore dopo le mie dimissioni -- attacchi a Oscar e inviti a LZ perché rientri.” “L’unica notizia da far uscire è che Zingales è l'emissario di Berlusconi e Sallusti“ ha scritto un membro della direzione ai volontari web di Fare. Ringrazio personalmente Fabio Lazzari, uno di questi volontari, per essersi rifiutato apertamente di veicolare questa falsità. Quando Venerdì 23 Febbraio ho twittato che Fare ha una base meravigliosa di aderenti mi riferivo anche a lui. Come ai tantissimi altri aderenti, volontari, candidati senza alcuna speranza di essere eletti che ho avuto la fortuna di incontrare in giro per l'Italia.
E’ proprio in nome di questi fantastici aderenti che, nonostante l’accoglienza dimostrata nei miei confronti, dopo le elezioni ho fatto una proposta al segretario nazionale: se ci fosse stata una dichiarazione sulla giustezza del principio di trasparenza (secondo cui le bugie di Oscar dovevano essere rivelate prima delle elezioni) io sarei rientrato. La mia proposta è stata derisa in Direzione. Le fazioni interne sembrano più interessate a combattere per le posizioni di potere che per i principi che dovrebbero rappresentare. Per questo, con l’aiuto di alcuni ragazzi (altri fantastici aderenti), ho lanciato una piccola survey sulla Web tra iscritti e simpatizzanti Fattivi per vedere se era la mia posizione ad essere in contrasto con quella degli aderenti, o quella dei vertici. La domanda posta era “Secondo i tuoi principi, FID doveva rivelare le bugie di Giannino in maniera chiara prima delle elezioni?”. Il 71.5% ha risposto di sì contro un 28.5% dei no. Il problema quindi non è la base, ma i vertici.
Le idee di Fare rimangono le mie idee. Ma tra il dire e il fare ci sono di mezzo i principi. Sia i fondatori che la direzione, per omissione o commissione, hanno dimostrato di non condividere i miei principi. Per questo non posso rientrare.


Risposta di Giannino
Ho letto la nuova esternazione di un fondatore di Fare sulle note vicende intervenute, le mie bugie, e la natura stessa del movimento che abbiamo messo in piedi. Questa volta, non sto zitto. Non ho alcuna intenzione di esprimere opinioni offensive, ma di invitare tutti a usare toni commisurati alla realtà. Preferisco esprimermi per brevi punti, senza annoiare:

- quanto ai fatti, ripeto che personalmente ho dichiarato all'Ansa per primo di non avere titoli accademici, mentre le esternazioni pubbliche di fondatori sono venute dopo. Idem dicasi per la mia decisione di dimissioni.
porsi il problema di come gestire la cosa a cinque giorni dal voto per tentare di contenere il gravissimo danno era un elementare dovere politico, mio per primo e collettivo di Fare poi
- far discendere da questo che Fare sia stato e sia un movimento politico come e peggio di quelli di Berlusconi e Grillo, cioè basati su potere e fideismo personale nel primo caso, e su leaderismo indiscusso nel secondo caso, è assolutamente privo di fondamento. In Fare non c'è potere da gestire, in mesi di campagna elettorale ho detto in pubblico che i fondatori erano migliori di me. Ancora su Panorama due settimane fa, l'unica volta che sono pubblicamente tornato sull'argomento, ho ripetuto che Zingales è una persona di assoluto valore. Allo stesso modo, io ho compiuto errori gravi, ma non rispondo in Tribunale di malversazioni pubbliche o private né di omicidio, come i Berlusconi e Grillo citati
- cosa ulteriormente diversa è affermare sulla base del numero di “I like” su Internet che questa o quella posizione personale sarebbero la vera espressione della base del movimento, perché con questo criterio viene meno ogni fondamento democratico della rappresentanza: vale in un movimento politico, a cominciare dal proprio, come nelle istituzioni
- il punto è che che cosa fare vorrà fare ora, e per il futuro. C'è la base per tenere congressi al più presto. Mi auguro che superino il limite della fase iniziale, nella quale per forza di cose si doveva applicare il principio della nomina dall'alto. Come l'equivoco di fondatori che, senza impegnarsi direttamente in Italia, hanno ritenuto comunque di essere depositari non degli indirizzi programmatici, ma di un giudizio di ultima istanza su ogni passaggio politico
- attenti tutti a un doppio mix fatto di moralismo apolitico e di mitizzazione della rete: il giacobinismo nasce nella storia su questo terreno, il personalismo – non uso deliberatamente la parole “liberalismo”, poiché veniamo da culture diverse – si fonda sul presupposto che c'è differenza eccome tra violazioni personali che non violano leggi e regolamenti, mentre la pura democrazia diretta – oggi attraverso la rete – diventa facilmente strumento nelle mani di leader, se non la si contempera con la democrazia rappresentativa
infine, resta la mia profonda curiosità di capire come la pensino gli aderenti di Fare sulla politica da condurre: abbiamo impedito al Pdl il premio di maggioranza alla Camera, e su questo non ho visto una parola; Renzi è un speranza per il futuro, ma starei molto attento a puntare su una mera prospettiva di scelta interna del Pd che in campagna elettorale si è rivelato come prima e peggio di prima; Monti è in via di defilamento istituzionale, in Italia o in Europa, e c'è il problema del rapporto con la sua area elettorale; ma innanzitutto c'è un problema di fondo, perché senza una diversa legge elettorale il limite della testimonianza isolata è fortissimo, mentre l'indicazione di un diverso modello elettoral-istituzionale può dare a Fare prospettive diverse; i molti punti di contatto con le tesi M5S in materia di costi della politica e democrazia partecipata non possono evitare l'impossibilità di condividere i fondamenti della loro politica economica, europea e di finanza pubblica.

Tutto questo mentre il Paese è in ginocchio, gli aggravi fiscali automatici che entreranno in vigore quest'anno preserveranno l'avanzo primario ma incrudiranno la recessione, sytrage d'impresa e disoccupazione.

Buon dibattito congressuale a tutti, dal vostro ultimo modesto aderente