Originariamente Scritto da
Betelgeuse
Oh, sia chiaro. non ce l'ho con la Boldrini e nemmeno con Grasso, che a conti fatti non saranno poi peggio di tanti altri che hanno occupato le stesse poltrone (si sa, al peggio non c'è mai fine). è solo per ribadire che certe frettolose beatificazioni, a guardarle meglio e senza le lenti dell'entusiasmo, si rivelano perlomeno un po' premature.
La Boldrini e Grasso rinunciano al 30% dello stipendio? No, solo a mille euro su 18mila mensili
“Nell’incontro a Palazzo Madama di oggi pomeriggio i due Presidenti di Camera e Senato hanno concordato sull’esigenza di avviare da subito un piano di tagli e razionalizzazione delle spese del Parlamento, per raggiungere risparmi significativi. A tal fine sono state illustrate alle Conferenze dei Capigruppo di Camera e Senato, che si sono svolte pressoche’ in contemporanea nel tardo pomeriggio, le linee di indirizzo condivise dai Presidenti, che saranno portate in dettaglio nelle prime riunioni dei rispettivi Uffici di Presidenza. Innanzitutto i Presidenti hanno convenuto sulla necessita’ di adottare da subito
una significativa riduzione delle attribuzioni ad essi spettanti, per un importo complessivo del trenta per cento”. Inizia così la nota congiunta diramata ieri, a serata inoltrata, da Laura Boldrini e Pietro Grasso.
Un atto di generosità inimmaginabile, secondo il pensiero di alcuni, un grande gesto che dà inizio al cambiamento, ritengono altri. Grandi pensatori, fini analisti politici, accaniti sostenitori di una difficile rivoluzione culturale. O più semplicemente ingenui creduloni, inesperti sognatori, incuranti della mossa da politicanti esperti fatta dai due presidenti delle Camere, della boutade demagoga e populista tipica di quella sinistra capace di gabbare al meglio le istanze di un popolo sempre più arrabbiato e stanco.
Perché in realtà Boldrini e Grasso rinunceranno effettivamente al 30%, ma di 4mila euro. Ossia “le attribuzioni ad essi spettanti”. Una cifra misera, in confronto ai quasi 20 mila euro netti che percepiranno ogni mese, pari a 1200 euro.
Ma facciamo un passo indietro, spiegando qualche dettaglio che possa aiutare a comprendere meglio questa “simpatica burla” dei due novelli presidenti. Un semplice deputato italiano, infatti, a fine mese nella sua busta paga trova le seguenti voci: a) 5 mila euro di indennità parlamentare (l’unica cifra su cui paga le tasse, tra l’altro); b) 3503,11 euro di diaria di soggiorno; c) 3690 euro di rimborso spese forfettario eletto-elettore; d) un rimborso spese accessorie di viaggio che va da 1107,9 euro; e) 258,24 euro di rimborso per le spese telefoniche. Totale: 13559,25 euro. Una cifra che non si distacca molto da quella percepita dai colleghi senatori (leggermente superiore, ndr).
Tuttavia, però, c’è da fare un distinguo: quello tra i parlamentari normali e i cosiddetti furbetti. I primi sono coloro che fanno attività politica per davvero, con passione, impiegando tutte le risorse a propria disposizione, guadagnando, come dovrebbe normalmente essere, solo i 5 mila euro di indennità previste. E poi ci sono loro, i furbetti. Quelli che non hanno una segreteria, che non organizzano incontri o convegni, che non si vedono mai sul territorio, che oltre la normale indennità a fine mese si intascano anche i benefit (per i quali purtroppo non è prevista nessuna rendicontazione).
Infine ci sono i presidenti. Parlamentari speciali, perché a loro disposizione hanno una serie di ”benefit extra” di non poco conto. Prendiamo quello della Camera per puro scopo illustrativo. Oltre i sopracitati 13 mila euro mensili, infatti, ha la fortuna di godere delle seguenti aggiunte: a) 4223,83 euro di indennità d’ufficio (se l’italiano non è un’opinione, dovrebbe essere la famosa “attribuzione” citata nel comunicato, il cui 30% equivale a 1267,15 euro, ndr); b) un ulteriore rimborso spese telefonico di 154,94 euro; c) un plafond illimitato relativamente al “Fondo spese di rappresentanza”; d) autovettura di servizio; e) franchigia postale; f) dotazione di apparati telefonici mobili a piacere.
Tutto qui? Per nulla. Il punto dolente è rappresentato dal fatto che con tutti questi benefit il presidente della Camera di spese in proprio ne ha davvero poche e quei 17938,02 euro (totale tra indennità di parlamentare, di ufficio e benefit) li incassa al netto, nel vero senso della parola. Perché oltre tutte le agevolazioni elencate, il presidente della Camera può avvalersi di uno staff di tredici persone. Nell’aprile 2012 il quotidiano Italia Oggi fece le pulci a Gianfranco Fini, scoprendo che lui, ad esempio, aveva a disposizione “un consigliere della Camera con funzioni di Capo della segreteria, un portavoce, due addetti di V o IV livello che il presidente può scegliere anche fra estranei all’amministrazione”. E Se sono dipendenti della Camera “guadagnano rispettivamente 4406,8 euro netti al mese e 3030,9 euro netti (la retribuizione è corrisposta per 15 mensilità e le tre mensilità aggiuntive sono di importo inferiore in quanto non comprendono l’indennità di segreteria). Vi sono, infine, sei addetti di IV, III o di II livello scelti tra i dipendenti e tre addetti scelti tra estranei alla Camera la cui retribuzione è parametrata al II livello dei dipendenti Camera (2394,84 euro netti al mese per 15 mensilità)”.
Insomma, nonostante, questo grande sforzo Laura Boldrini, neo presidente della Camera, porterà a casa un misero stipendio di 16670,88 euro al mese (17938,02 euro meno i 1267,15 del taglio del 30%). Puliti, perché, da come avrete capito, lo staff glielo pagherà la Camera dei Deputati. Ecco, ora che avete ben compreso come funziona, prendete Pietro Grasso e pensate a numeri simili, praticamente uguali. Provateci. Giusto per capire davvero che in realtà “il grande gesto” per dare un forte segnale di discontinuità, non è altro che la solita presa in giro di una sinistra che non cambierà mai.
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