Regia di C. Petzold. Con H. Hoss, R. Zehrfeld, R. Bock.



I giovani, categoria sociale o ceto inventato o meglio trovatosi immerso nella società con il passaggio dall’era contadina all’era industriale. Ogni luogo ha avuto i suoi giovani, ogni generazione di giovani ha avuto i propri mostri da far vedere alle proprie opinioni pubbliche. I propri folk devils, i mostri, i paria per i quali bisognava denunciare l’eterna decadenza benpensante e piccoloborghese dei costumi. Bene direte voi e allora cosa fare? Proporre un ritorno all’era contadina? Essere nostalgici di ere davvero lontane storicamente? Assolutamente no!
Ogni luogo ha avuto i propri disadattati e i propri giovani con tanta voglia di andare altrove. In fondo a ben pensare un noto artista nordamericano descriveva la duplice migrazione dal suo paese verso il Messico e viceversa. Anime in cerca di distruzione verso sud, verso il Messico. Anime e volti in cerca di “Futuro” verso il nordamerica. Questo fenomeno è storicamente continuato senza che nessuno denunci la decadenza di entrambi i paesi.
Quando accade come nel caso dell’emergenza droghe sintetiche in questi luoghi sono solo campagne moralisticheggianti. Campagne svolte per far in modo che non si attenti ai cari onesti cittadini, o al limite alle spese di quel poco di welfare che rimane. Insomma cercate un altro divertimento e un’altra forma di alienazione e soprattutto non disturbate i medi cittadini. Nonostante questi fenomeni la cinematografia insiste a dipingere certe realtà socialiste come realtà deprimenti e oppressive. Si possono anche capire queste posizioni, il film: “Goodbye Lenin” aveva mostrato la DDR come uno stato non così oppressivo dove comunque si potesse vivere. Bisognava correre ai ripari soprattutto in quest’epoca di disordine globale in un mondo unipolare.
Questo film nasce in questo contesto culturale, dopo l’annessione della DDR, dopo la sistematica distruzione dell’economia creatasi in questo contesto bisognava continuare l’opera. L’economia sappiamo era florida grazie alla politica economica voluta da Honecker, politica che permise la creazione di un’industria leggera. Industria leggera che permise di garantire prodotti di largo consumo ma prodotti nella DDR, insomma il tentativo di creare un futuro di prosperità anche negli aspetti quotidiani. Ebbene dopo quest’opera economica occidentale si è creato spontaneamente il fenomeno chiamato Ostalgie. Nostalgia dell’est, nostalgia che non si esprimeva solo nella riproposizione di oggetti di consumo del passato recente. Fenomeno che voleva in qualche termine riabilitare la vita quotidiana di quel contesto, vita quotidiana basata sul lavoro. Vita quotidiana composta comunque anche da innumerevoli momenti di svago e da occasioni culturali. Insomma cultura e impegno nella società socialsta.
Adesso cosa si pretende dai cittadini postmoderni? Stordimento e una nuova alienazione, parlare di valori come quelli espressi nella DDR diventa davvero troppo pericoloso. Allora ecco il primo film: “Le vite degli altri”. L’apparato di sicurezza statale opprime gli intellettuali, intellettuali che denunciano in una piece teatrale futura l’alto tasso di suicidi nella DDR. Ebbene visto con gli occhi odierni viene da pensare, ogni realtà statuale non può occuparsi dei propri di suicidi? Visto adesso viene altresì da pensare, non siamo forse controllati anche adesso ma in modo forse più sottile? Ogni stato controlla i propri cittadini, cambiano forse i metodi ma la sicurezza dei valori su cui gli stati si formano porta a sviluppare una tolleranza verso alcune realtà di opposizione e verso una totale o parziale intolleranza verso altri. Quindi o si spinge per l’estinzione degli stati in un’ottica anarchica oppure dobbiamo convivere con la realtà che siamo controllati e sempre lo saremo.
Per la cinematografia è molto più comodo tacere sugli stati postmoderni e i loro controlli odierni e parlare solo degli enti di controllo socialisti. E’ tutto più facile e più comodo, si continua a demonizzare il passato per tacere sulle oppressioni odierne e sulle prospettive scarse che il capitalismo postmoderno può garantire. Per quanto riguarda la Germania, tutto si deve compiere in nome dell’imperativo di far dimenticare la memoria storica e anche in altri aspetti della Repubblica Democratica Tedesca. Non si arrabbino se si parla talvolta del fatto che la pseudounificazione null’altro fu che non un’annessione.
Tutto deve essere dimenticato anche dal punto di vista architettonico, poco tempo fa fu abbattuto il Palazzo Della Repubblica a Berlino. Palazzo che oltre ad essere sede del consiglio dei Ministri era anche, in svariate delle sue molteplici sale, luogo di ritrovo e di svago per i cittadini tedesco-orientali. Questo film poco si discosta da quest’opera, se non fosse che rimane comunque un film molto intimista.
La protagonista è Barbara, medico di Berlino. Barbara viene trasferita in un ospedale di provincia in seguito alla sua richiesta di espatrio verso ovest. Vorrebbe andarsene, nei suoi pensieri si intravede il desiderio di fuga dalla realtà circostante. Nel nuovo contesto rimane isolata, è poco socievole verso gli altri colleghi, convinta anche che presto se ne andrà. Il suo collega Andre cerca però di renderla parte del nuovo contesto con tanti piccoli gesti di apertura, di fronte a questo allontanamento Barbara vive i controlli da parte della Polizia politica. Una giovane paziente disadattata la porterà di fronte ad un bivio, un bivio che le comporterà la necessità di dover scegliere.
Film da vedere, in quanto ha un ritmo che appare ai meno cinefili come lento, in realtà appare un ritmo naturale perfettamente integrabile con i ritmi di vita naturali. Davvero pregevoli le ricostruzioni storiche, insomma anche chi non ama le critiche alle società socialiste potrà comunque rivedere quegli scorci che tanto si sognavano anche qui in Italia. Immagino già le critiche di fronte al mio pensiero, già penserete qualcosa riguardo il fatto che nella DDR non si potesse muoversi liberamente. Ebbene, ci sono relatà occidentali che fanno dell’immigrazione un fattore fondamentale per il proprio sviluppo. Questa politica però permette il continuo sfruttamento dei salariati periodicamente sostituiti da nuovi provenienti da altri contesti e poco inclini per ragini dovute all’integrazione alle rivendicazioni sindacali. Insomma una forma nuova della politica schiavistica, nella DDR questo non era permesso, il cittadino poteva viaggiare ma in altri paesi socialisti. Era proibito andare in occidente per non perdere cittadini utili alla costruzione del socialismo, politica che permetteva altresì di evitare che si ingrossasse la fila di lavoratori sottoccupati o mal pagati in occidente.
Insomma era una politica di tutela dei propri cittadini, politica che non fu compresa da molti, attirati dalle false luci dell’occidente fintamente opulento. La storia non si scrive con i se e con i ma, forse viene da pensare che la Germania rinata dalle rovine della Seconda Guerra Mondiale e dell’hitlerismo avrebbe dovuto essere unita e socialista. Adesso avremmo avuto un faro in Europa, un faro socialista, l’efficienza di una Grande Germania unita e socialista in un’Eurasia libera.

Dario Daniele Raffo

La Scelta di Barbara - Stato & Potenza