I costi che salgono preoccupano banche e soci di Autovie Venete. Non la politica, che si prepara piuttosto a piazzare uomini di fiducia ai vertici della concessionaria, ormai privata dei poteri e trasformata in macchina per fare quattrini. Le code di camion e turisti sono i clienti, i caselli con tariffe in aumento le slot machine. Nel giro d'aria è finito l'amministratore delegato Pietro Del Fabbro, in sella dai tempi di Riccardo Illy. Al suo posto è atteso un ex, Dario Melò, manager De Longhi e fedelissimo di Tondo. Dovrà gestire proprio questo: i prestiti delle banche, a fronte delle garanzie di pedaggio. Compito che spetterebbe alla finanziaria Friulia Holding, capofila delle partecipate friulane, ma sulla quale Autovie non molla. Negando da tempo l'esclusiva al manager Federico Marescotti, ai tempi di Illy padre-padrone delle Spa pubbliche, nell'era dei berlusconiani non più. Un secondo terremoto scuote la presidenza dell'A4, affidata all'ex ministro Dc, Giorgio Santuz. Gli avevano detto: «Onore', tranquillo, serve una figura di garanzia». E così finora è stato. Peccato che ora la Lega punti i piedi per sistemare uno dei sindaci anti-burqua, Enzo Bortolotti di Azzano Decimo, escluso dall'Europarlamento e dal relativo stipendio. Tondo deciderà a settembre, ma è probabile che finisca in pareggio. Santuz presidente, Bortolotti vice: «Quello che interessa a me è appaltare l'opera», taglia corto il governatore: «Dopo il Passante di Mestre era urgente e noi l'abbiamo sbloccata. In cinque anni avremo la terza corsia, un sogno». Un sogno rischia di restare anche l'alta velocità a Nord-est, dove la Tav per ora è ferma su un binario morto.

Nessun passaggio a Nord-Est | L'espresso