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  1. #1
    Ghibellino
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    Predefinito Lotta di classe e questione nazionale

    Ho sviluppato in questi ultimi mesi leggendo Marx una nuova concezione, o forse è nuova per me, della lotta di classe e della questione nazionale.
    Prendendo atto della situazione economica, politica e sociale che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, non possiamo che notare che le classi medio basse e basse sono rimaste sostanzialmente NAZIONALI, mentre le classi medio alte e alte sono diventaate cosmopolite. L'idea nazionale, intesa come attaccamento alla propria terra e alle tradizioni è propria, oggi, delle classi medio basse e basse. Prendendo atto di questo, ho finito per sviluppare la mia idea sul fatto che il conflitto di classe, che non è mai finito ma che è uno (non l'unico) dei motori della Storia, si è innestato sulla questione nazionale, che è altrettanto eterna, quindi, banalizzando, lotta di classe per ritornare alla sovranità nazionale. Questo è il futuro. La Nazione sarà e dovrà essere guidata dalle classi che sole sono rimaste nazionali e cioè quello che una volta Marx chiamava proletariato e che si è frantumato e riaggregato in nuove classi che per semplificare ho definito basse e medio basse.
    Lotta di classe innestata quindi sul ritorno alla sovranità nazionale politica ed economica, questo per me significa Rivoluzione Nazionale
    Ultima modifica di Gianky; 01-04-13 alle 10:09
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

  2. #2
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    Predefinito Re: Lotta di classe e questione nazionale

    Ciò che distingue quelle che vengono definite come classi è il denaro, per questo bisogna scindere il denaro dalla persona per riportarlo alla sua funzione originaria, cioè di mezzo per aiutare la vita dell'uomo e, quindi, non di fine ultimo per l'uomo.

    Il nostro Socialismo va agli ultimi, agli oppressi, ai deboli, al popolo vilipeso ed offeso, mai ai ricchi che si ingozzano sulle miserie della gente sottraendone le risorse.
    Noi siamo per il superamento delle classi, per far si che gli uomini abbiano tutti pari opportunità e siano uguali di fronte allo Stato, che il denaro sia relegato alla sua vera funzione per gli scambi (emesso dallo stato sovrano) e non crei più disuguaglianze tra gli uomini.
    Dovendo ripartire, è ovvio che si debba farlo dai lavoratori e dagli umili, che sono la spina dorsale di questo paese.
    ████████

    ████████

    Gli umori corrodono il marmo

  3. #3
    Ghibellino
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    Predefinito Re: Lotta di classe e questione nazionale

    L'interclassimo suona come una dolce musica, il problema è che il conflitto tra le classi è un fatto reale e che l'abolizione del conflitto può avvenire solamente attraverso l'abolizione delle classi stesse, altrimenti rimane pura utopia. Superamento significa abolizione? Allora si tratterebbe di una pura questione semantica, se invece per superamente si intendesse, come è stato ampiamente per il passato "dell'Area" come il disconoscimento dell'esistenza delle classi, si tratterebbe, a mio modesto avviso, come la ripetizione di errori passati.
    Ultima modifica di Gianky; 01-04-13 alle 11:59
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  4. #4
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    Predefinito Re: Lotta di classe e questione nazionale

    Non solo classi, ma c'è un problema di popoli , alcuni devono sparire nel disegno dei poteri forti, non credo che lo vogliano per puro capriccio ma ci deve essere altro .
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

  5. #5
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    Predefinito Re: Lotta di classe e questione nazionale

    Sono d' accordo con ULTIMA LEGIONE sulla inevitabilità della lotta di classe, quella dei subalterni contro le caste dominanti (oligarchi e politici).
    Aggiungo che le classi alte sono sempre state cosmopolite e anti-nazionali da sempre tranne alcuni momenti in cui faceva comodo appoggiarsi al nazionalismo per guadagnare dalla guerra e beneficiare di politiche protezionistiche.
    FASCISMO MESSIANICO E DISTRUTTORE. PER UN MONDIALISMO FASCISTA.

    "NELLA MIA TOMBA NON OCCORRE SCRIVERE ALCUN NOME! SE DOVRO' MORIRE, LO FARO' NEL DESERTO, IN MEZZO ALLE BATTAGLIE." Ken il Guerriero, cap. 27. fumetto.

  6. #6
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    Predefinito Re: Lotta di classe e questione nazionale

    Sono daccordo con ULTIMA LEGIONE, tutte le fisime internazionaliste, mondialiste e cosmopoite sono portate avanti per gli interessi dei pochi ricchissimi contro la stragrande maggioranza della popolazione che non è più il proletariato classico di marxiana memoria, e non potrebbe esserlo dopo 2 secoli, ma è appunto una nuova classe ricomposta anche e soprrattutto sulle macerie della classe media. Questa nuova classe è l'unica ad avere interesse a porre la questione della sovranità nazionale, intesa nel senso più ampio possibile, ed a unificarla con la questione della giustizia sociale. Tra l'altro, ritengo che nell'attuale situazione di globalizzazione turbocapitalista la lotta di classe sia sacrosanta, per liberarsi del giogo ammorbante dell'usura finanziaria mondiale e dei suoi complici nazionali, l'errore sarebbe quello di credere ancora che il fine che risolverebbe tutti i problemi possa essere quello di sostituire bolscevicamente la dominazione di una classe con la dittatura, vera o presunta, di un'altra. L'unica classe veramente di cui si può fare a meno è quella dei parassiti che vegetano e ingrassano nel modo più immorale che possa esserci, cioè creando denaro da denaro creato dal nulla, senza che dietro di esso vi sia alcunchè di produzione, lavoro e redistribuzione.
    "L'odio per la propria Nazione è l'internazionalismo degli imbecilli"- Lenin
    "Solo i ricchi possono permettersi il lusso di non avere Patria."- Ledesma Ramos
    "O siamo un Popolo rivoluzionario o cesseremo di essere un popolo libero" - Niekisch

  7. #7
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    Predefinito Re: Lotta di classe e questione nazionale

    Lo scontro attuale e dei prossimi decenni sarà tra l'inter-nazionalismo e il cosmopolitismo/globalismo. L'inter-nazionalismo delle classi rigettate nel proletarismo contro il globalismo di chi le ha annichilite. Un ripensamento del pensiero di Marx nell'ottica della sovranità nazionale contro il liberismo globalista. Non si scappa.
    Se guardi troppo a lungo nell'abisso, poi l'abisso vorrà guardare dentro di te. (F. Nietzsche)

  8. #8
    Ghibellino
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    Predefinito Re: Lotta di classe e questione nazionale

    Posto anche qui quello che ho postato nel forum eurasiatista (che vi invito a frequentare) e anche nel forum della sinistra. E' adatto alla discussione avviata da Ultima Legione e sulle cui conclusioni (di UL) mi trovo totalmente d'accordo


    Di Elisabetta Teghil

    L’attuale presidente della repubblica conferma la fondatezza della leggenda metropolitana della maledizione del settennato, per cui l’ultimo presidente è sempre peggiore di quelli che lo hanno preceduto.

    Quello attuale ha sponsorizzato l’aggressione alla Libia, con la violazione della Costituzione che diventa un dettaglio di fronte al fatto di non aver difeso gli interessi nazionali, che coincidevano con il mantenimento al potere di Gheddafi, e di aver permesso perciò la venuta meno della Libia dall’ambito della sfera di influenza italiana, come hanno sempre previsto i taciti accordi tra le potenze occidentali, cioè che le ex colonie rimanessero nell’ambito di riferimento degli ex paesi colonizzatori.

    Poi, ci ha regalato un golpe “bianco” che ci ha imposto un governo portatore non di interessi nazionali, ma di quelli dei poteri forti transnazionali ed, infine…, dicono che il veleno è nella coda… si è inventato due commissioni che dovrebbero lavorare per dare indicazioni utili al parlamento per fare delle “riforme” istituzionali ed affrontare i nodi economici e sociali.

    Ci dicono che la sua dichiarazione di rimanere nel pieno delle sue funzioni fino all’ultimo secondo del suo mandato sia stata dettata anche da una telefonata intercorsa con Draghi.

    Se una volta Vienna condizionava la nomina del papa, perché oggi non dovrebbe farlo Washington?
    E il vaticano, se una volta era attento agli interessi dell’impero austro-ungarico, perché oggi non dovrebbe esserlo a quelli dell’impero statunitense?

    Se gli Stati Uniti sono riusciti a far eleggere papa un loro uomo di fiducia, quello polacco per non fare giri di parole, perché non avrebbero dovuto farlo con il presidente della repubblica italiana?

    Tutto si può dire dell’attuale presidente della repubblica tranne che non conosca la gratitudine e non sia riconoscente a chi a quel posto ce lo ha messo.


    Ma che democrazia è se le decisioni che contano per un paese vengono prese fuori dagli ambiti istituzionali deputati a questo?

    Abbiamo continuamente la conferma che il parlamento è stato esautorato ed è diventato una “camera notarile” di decisioni che vengono prese altrove da organizzazioni internazionali, non frutto di elezioni, ma emanazione degli interessi delle multinazionali anglo-americane e dei circoli atlantici.

    Queste due commissioni composte in parte da parlamentari, ma anche da personaggi che nessuna/o ha eletto, rappresentative di alcuni ma non di tutti i partiti, sulla cui collocazione e sui cui interessi stendiamo un velo pietoso, dovrebbero dare delle indicazioni al parlamento per delle “riforme” a tutto campo.

    Hanno detto che tra i dieci “saggi” non c’è nemmeno una donna, ma anche se ci fosse stata sarebbe stata scelta con gli stessi criteri con cui sono stati scelti i maschi e avrebbe rappresentato gli stessi interessi.


    Alcune riflessioni.

    Ma un governo che è in carica per l’ordinaria amministrazione, può prendere delle decisioni che, invece, spettano ad un governo nel pieno delle sue funzioni?

    Ma, nel dettato costituzionale, non sono deputate le commissioni a fare le proposte legislative?


    E’ chiaro che ci troviamo di fronte ad una forzatura della Costituzione che è tesa sia a rinviare nuove elezioni, che potrebbero avvenire così in un quadro mutato, più favorevole agli interessi delle multinazionali anglo-americane,ma, soprattutto si vuole, attraverso questa soluzione, far passare tramite il nuovo parlamento scelte impegnative e vincolanti per il paese ed anche per il futuro governo.

    In pratica, il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, cioè di quello che è riuscito al PD e sodali con la nomina di Grasso a presidente del Senato.


    Non ci interessa l’emarginazione politica di Bersani, la resa dei conti dentro il PD e la polpetta avvelenata che tutto ciò rappresenta nei confronti del Movimento 5 Stelle che se non voterà le proposte dei “saggi” verrà ritenuto responsabile dell’ingovernabilità del paese e se le voterà, rendendosi quindi corresponsabile di quelle scelte, perderà la carica di rottura verso il sistema con evidente suo ridimensionamento alle prossime elezioni.

    SeL, poi, rimane imperturbabile rispetto a tutto ciò perché il suo obiettivo di tornare in parlamento lo ha già raggiunto e tutto il resto, comprese tutte le variabili possibili, lo ha messo in preventivo. L’importante per il gruppo dirigente è la propria sistemazione. Veramente degli aristocratici! Après moi, le déluge!

    Queste alchimie le lasciamo ad un ceto politico che intende la politica solo e soltanto in questo modo.

    A noi interessa che un governo formalmente in carica, ma delegittimato dal voto, ed un parlamento espressione sì del voto, ma depotenziato del suo ruolo, si dovrebbero accingere a fare scelte forti per completare l’architrave di una costruzione giuridico-costituzionale-economica che consegnerà il paese agli interessi delle multinazionali anglo-americane.

    Siamo in piena violazione della Costituzione.

    Alle ferite del passato, la guerra alla Jugoslavia, i finanziamenti pubblici alle scuole private… oggi si aggiungono quelle all’art.94 terzo comma e all’art.89 primo comma che riguardano la fiducia del governo e la controfirma del ministro competente per gli atti presidenziali perché l’art. 90 della Costituzione stessa sancisce che il presidente della repubblica è politicamente irresponsabile dei suoi atti.

    A tutto questo si aggiunga che non è stata fatta la nomina del nuovo capo della polizia e che si fa finta di dimenticare che il comandante generale dell’arma dei carabinieri ha raggiunto i limiti ( invalicabili) di età per esercitare il suo mandato.

    A conferma che questi non sono certamente ruoli tecnici, ma svolgono e hanno funzioni politiche.


    L’Italia è sotto attacco e, più precisamente, lo sono le italiane e gli italiani nella loro stragrande maggioranza.

    Si sta assistendo ad un passaggio epocale: da paese a sovranità limitata, occupato militarmente dagli USA attraverso le basi Nato e il controllo dei Servizi, stiamo diventando colonia e sta avvenendo un esproprio delle ricchezze a tutto campo.

    Le aziende di Stato sono già state quasi tutte vendute, soprattutto con il governo Prodi.

    Oggi si vuole colonizzare l’Italia mettendo le mani sul patrimonio economico personale degli italiani/e.

    Non soddisfatti di aver smantellato lo stato sociale, le regole del mondo del lavoro, la previdenza pubblica, la sanità, la scuola e l’università dello Stato, oggi si vogliono drenare le ricchezze private e si potenzia l’apparato repressivo in tutte le sue articolazioni poliziesche, giudiziarie, mediatiche, oggi il salto di qualità è l’espropriazione dei risparmi e delle proprietà private degli italiani/e.

    Oggi a Cipro, domani in Italia. Ciò che ha fatto il governo Amato è stato solo un antipasto.

    Da qui l’ossessione di abolire il contante per ogni forma di transazione, il controllo dei conti bancari, il redditometro e la rintracciabilità di ogni movimento economico del cittadino/a con gli alibi, perché di alibi si tratta, di volta in volta evocati, della lotta agli sprechi, ai fannulloni, agli evasori fiscali.

    E’ un attacco a tutto campo che non riguarda solo e soltanto quelli definiti per semplicità lavoratori e lavoratrici, ma investe la piccola e media borghesia, le piccole e medie imprese, i liberi professionisti, i lavoratori cognitivi socializzati dall’università.

    E’ in atto una scomposizione sociale che vede emergere una iper-borghesia i cui interessi non coincidono più con quelli nazionali e i cui destini non sono più legati ad altre componenti borghesi che, una volta, erano l’ossatura del dominio borghese in questo paese. E la tutela di questi interessi in campo politico è garantita dal PD. Naturalmente, in seconda battuta, dai partitini, dalle organizzazioni, dalle sigle, di volta in volta inventate, di quelle/i che del PD sono reggicoda.

    Il PD è al servizio di una dottrina economica, di una visione ideologica, intesa come lettura onnicomprensiva della società, che è il neoliberismo, forma compiuta dell’autoespansione del capitale, espressione dello sviluppo a cui è arrivato e che comporta la distruzione delle economie marginali qui da noi e di quelle di sussistenza nel terzo mondo.

    Il neoliberismo non è la prova della crisi del capitalismo, ma è la forma compiuta del suo sviluppo.

    Da qui le guerre neocoloniali e l’impoverimento sociale, economico e culturale di strati sempre maggiori della popolazione.

    Le guerre neocoloniali hanno come contraltare nell’ambito nazionale, la guerra alla stragrande maggioranza dei cittadini/e.

    Da qui l’inconsistenza, se non la complicità, delle prefiche della non violenza e delle vestali della legalità, lo “smarrimento” dei pacifisti e dei verdi, lo stravolgimento del significato di parole come “riformismo” e “socialdemocrazia”.

    Bisogna ricominciare daccapo.

    Dallo smascherare il ruolo dei riformisti e dei socialdemocratici in Italia. In altri paesi si chiamano diversamente, ma, qui da noi, si chiamano PD annessi, connessi e collaterali e media di riferimento.

    Il PD e i suoi alleati non sono di sinistra, sono partiti reazionari, con forti connotati clericali e punte fasciste, sono i missionari del verbo neoliberista in questo paese.

    Hanno screditato l’idea di sinistra, consegnando tanta parte delle periferie e dei giovani al fascismo, hanno usato strumentalmente le lotte delle diversità, dei migranti, delle donne tanto che l’idea di femminismo è ormai associata a lotte corporative e utilitaristiche.

    Bisogna recuperare il ruolo della politica, ridare al parlamento la centralità legislativa, reintrodurre il proporzionale, l’immunità parlamentare, abolire l’ineleggibilità a causa di condanne giudiziarie…..

    Allo stato attuale in cui le scelte vengono fatte altrove, da Istituzioni non nominate dai cittadini/e, ma dominate da monopoli e cartelli portatori di specifici interessi che non coincidono né con quelli delle singole nazioni, né con quelli della stragrande maggioranza dei loro abitanti, viene fuori in tutta la sua ampiezza il perché dell’inutilità della partecipazione alle elezioni.

    Rifiuto elettorale non più inteso come mancanza di fiducia nei confronti della casta politica, sintetizzato nella famosa scheda annullata con le parole “e adesso mangiatevi anche questa!”, ma un’astensione dalle elezioni intesa come presa d’atto dell’inutilità delle istituzioni preposte alle scelte.

    E’ una società che, per certi versi, sta riconducendo i paesi, e l’Italia non fa eccezione, alle condizioni sociali ottocentesche. Semmai, le anomalie italiane sono il blocco borghese che fa resistenza e ha in Berlusconi il riferimento e la presenza di un elettorato che vota il M5S. Ma il primo è destinato alla sconfitta e i grillini o accetteranno di vendersi o nei loro confronti si innescherà una campagna di delegittimazione giuridico mediatica. Basterà un intervento congiunto di magistratura e Servizi, nonché qualche dissidente interno per spazzarli via in una sola nottata.

    A proposito del M5S va notato che commentatori che si autodefiniscono di tono ed intellettuali che si piccano di fare raffinate analisi, mettono in luce i limiti dell’impostazione politica e delle proposte, nonché l’ingenuità, dei grillini. Tutto condivisibile per certi versi, ma gli stessi quando si tratta di raccontare gli attuali partiti e gli uomini delle istituzioni partoriscono favolette, a conferma degli interessi che rappresentano e al servizio di chi sono.

    La stagione che stiamo vivendo non è il frutto di una crisi congiunturale, non è leggibile con la teoria dei cicli, ma è il frutto dell’autoespansione del capitale.

    Una delle novità più grandi è la rottura del blocco sociale dominante.

    L’attacco alla piccola e media borghesia è di classe, nel senso compiuto del termine, cioè alle loro condizioni materiali di vita.

    Ci troviamo di fronte ad un passaggio irreversibile ed è pia illusione quella di coloro che pensano che dopo la tempesta tornerà la quiete.

    Dopo ci troveremo molto più povere/i e molto meno libere/i di ieri.

    Questa è una società ottocentesca per le condizioni economico-sociali che sta impostando, è una società feudale per la mancanza di prospettive di mobilità sociale e per il ritorno delle corporazioni, è una società nazista per l’abolizione della forme organizzate di mediazione politica e per la pretesa dello Stato di porsi come Stato etico.


    E’ nata una iper-borghesia transnazionale dai connotati aristocratici. La borghesia, nella sua stragrande maggioranza, è ritornata al ruolo di servizio che aveva ai tempi della monarchia.

    Lo scompaginamento sociale in atto ci deve spingere ad una ricomposizione foriera di alleanze di classe fra tutti i segmenti subalterni a vario titolo della società.

    Dobbiamo rifare la rivoluzione francese.
    Elisabetta Teghil: La maledizione del settennato
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  9. #9
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    Predefinito Re: Lotta di classe e questione nazionale

    ComeDonChisciotte - DIAMO INIZIO A QUESTA LOTTA DI CLASSE
    DI CHRIS HEDGES
    truthdig.com

    “I ricchi sono diversi da noi” si dice abbia detto F. Scott Fitzgerald a Ernest Hemingway, il quale così replicò: “Oh sì, loro hanno più soldi”.

    Questo scambio, anche se probabilmente non è mai avvenuto davvero, descrive una saggezza di Fitzgerald che Hemingway non coglieva. I ricchi sono diversi. La bonanza di ricchezza e privilegi consente al ricco di circondarsi di lavoratori ubbidienti, servi, adulatori e sicofanti. Il benessere genera, come ha illustrato Fitzgerald nel “Grande Gatsby” e nel suo breve racconto “Il Ragazzo Ricco”, una classe di persone che considera gli altri esseri umani dei beni di consumo.

    Colleghi, soci, impiegati, cuochi, servi, giardinieri, tutori, personal trainer, anche gli amici e la famiglia, devono pendere dalle loro labbra, oppure farebbero meglio a levarsi di torno. E nel momento in cui degli oligarchi raggiungono il potere politico ed economico, come è accaduto negli Stati Uniti, anche i cittadini diventano beni di consumo.

    Il volto pubblico della classe di oligarchi non ha nulla a che vedere con il suo volto privato. Io, come Fitzgerald, fui gettato tra le braccia dei “ricchi” fin da giovane. Fui spedito con una borsa di studio all’età di 10 anni in un’esclusiva scuola privata del New England. I miei compagni di scuola avevano dei padri – che raramente vedevano – che arrivavano a scuola con le limousine, accompagnati da un fotografo personale (e, a volte, anche dalle loro amanti di turno), in modo che la stampa potesse immortalarli nel ruolo dei bravi papà che accompagnano i loro figli a scuola. Ho passato diverso tempo nelle case degli straricchi e degli strapotenti, e ho visto i miei compagni di scuola, allora bambini, dare con aria di superiorità ordini a destra e a manca a quelli che lavoravano nelle loro case, cuochi, tate, autisti e camerieri.

    Se poi i figli e le figlie dei ricchi si mettono nei guai, ci sono sempre degli avvocati, dei personaggi pubblici e dei politici pronti a difenderli. La vita di George W. Bush ne è un classico esempio. Il ricco ha quel disprezzo snob per i poveri – nonostante i loro ben-pubblicizzati atti di filantropia – e per la classe media.

    Queste classi inferiori sono viste come fastidiosi parassiti che vanno sopportati, che ogni tanto bisogna tenere buoni, ma sempre sotto controllo, in modo da poter continuare ad accumulare ricchezza e denaro. Il mio odio per l’autorità, insieme al mio profondo disprezzo per l’inganno, per l’insensibilità e per quel senso di superiorità che traspira dai ricchi, proviene proprio dal fatto che ho vissuto tra i privilegiati. E’ stata un’esperienza profondamente spiacevole, che mi ha esposto al loro insaziabile egoismo ed edonismo. Ho imparato subito, fin da piccolo, chi erano i miei veri nemici.

    L’incapacità di cogliere la patologia dei nostri governanti oligarchici è una delle nostre colpe più gravi. Siamo stati resi ciechi alla profonda depravazione della nostra classe dirigente, dall’inesorabile propaganda delle società di pubbliche relazioni e d’immagine che curano gli interessi delle grandi aziende e dei ricchi. Politici compiacenti, ignari intrattenitori e la nostra insulsa cultura popolare alimentata dalle grandi imprese, una cultura che che erige i ricchi a leader assicurandoci che se siamo bravi e lavoriamo sodo un giorno lo diventeremo anche noi, tutto questo ci impedisce di vedere la realtà.

    “Tom e Daisy, erano due sconsiderati” scriveva Fitzgerald della coppia ricca attorno alla quale ruotava la vita di Gatsby.“Erano capaci di distruggere cose e persone e poi si ritiravano incuranti nel loro denaro e nella loro incuranza, o qualsiasi altra cosa che li tenesse insieme, e lasciavano agli altri il compito di rimediare ai loro disastri”.

    Aristotele, Niccolò Machiavelli, Alexis de Tocqueville, Adam Smith e Karl Marx, tutti sono partiti dal presupposto che esiste un naturale antagonismo tra i ricchi e le masse. “Quelli che hanno troppa fortuna, forza, salute, ricchezza, amici e altro, non sono nè disposti nè capaci di sottomettersi all’autorità.” Scrisse Aristotele in “Politica”. “Il male comincia in famiglia; poichè quando sono fanciulli, a motivo della ricchezza in cui sono stati allevati, non imparano mai, neanche a scuola, l’abitudine dell’obbedienza”. Questi filosofi sapevano che gli oligarchi crescono abituandosi al meccanismo della manipolazione, nell’abitudine di reprimere e sfruttare in modo subdolo e sfacciato chiunque, allo scopo di proteggere ricchezza e potere a nostre spese. E primo fra tutti questi meccanismi di controllo, c’è il controllo delle idee. Gli “eletti” al potere si assicurano che la classe intellettuale dominante sia pervasa da un’ideologia – in questo caso il capitalismo del libero mercato e della globalizzazione – che giustifichi la loro avidità. “Le idee al potere non sono che l’espressione ideologica delle relazioni materialistiche dominanti” scrisse Marx, “le dominanti relazioni materialistiche che assurgono a ideologia”.

    La diffusione capillare dell’ideologia del capitalismo attraverso i mezzi d’informazione, e la soppressione, soprattutto a livello accademico, delle voci critiche, hanno permesso ai nostri oligarchi di orchestrare la più grande disuguaglianza di reddito del mondo industrializzato. L’1% negli Stati Uniti possiede il 40% della ricchezza nazionale, mentre l’80% ne possiede solo il 7% , come ha scritto Joseph E. Stiglitz ne “Il Prezzo della disuguaglianza”. Per ogni dollaro che lo 0,1% più ricco ha accumulato nel 1980, ha avuto 3$ in più nel reddito annuale del 2008, ha spiegato David Cay Johnston nell’articolo “9 Cose che i ricchi non vogliono che si sappia sulle tasse” (1). Il 90% della popolazione Americana, ha detto Johnson, nello stesso periodo di tempo ha accumulato solo un centesimo in più. Metà del paese è ora considerato povero o a basso reddito. Il valore reale del salario minimo è sceso di $2.77 dal 1968. Gli oligarchi non credono nel sacrificio per il bene comune. Non lo hanno mai fatto. Non lo faranno mai. Sono il cancro della democrazia.

    “Noi Americani non siamo normalmente considerati un popolo sottomesso, ma in realtà lo siamo eccome.” Scrive Wendell Berry. “Per quale altro motivo, infatti, stiamo permettendo che il nostro paese venga distrutto?” “Per quale altro motivo, infatti, stiamo ricompensando i nostri stessi distruttori?” “Per quale altro motivo, infatti, tutti noi abbiamo partecipato a questa distruzione – delegando i nostri poteri ad avide imprese e politici corrotti? La maggior parte di noi siamo ancora abbastanza lucidi da non urinare nella propria cisterna, eppure consentiamo ad altri di farlo e li ricompensiamo anche. E li ricompensiamo talmente bene che quelli che urinano nelle nostre cisterne sono molto più ricchi di noi. Quand’è che diventiamo sottomessi? Quando non siamo abbastanza radicali. O quando non siamo abbastanza integri, che è la stessa cosa.”

    Secondo Aristotele, la nascita di uno stato oligarchico offre ad una nazione due strade: o le masse impoverite si ribellano per tentare di ristabilire l’equilibrio di potere e di ricchezza tra le classi, o gli oligarchi instaurano un brutale regime tirannico per mantenere le masse assoggettate in modo coatto. Noi abbiamo scelto la seconda delle due opzioni di Aristotele. Quei piccolo progressi raggiunti all’inizio del 20° secolo attraverso i sindacati, le regolamentazioni, il New Deal, la magistratura, la stampa alternativa e i movimenti popolari, sono stati annientati. Gli oligarchi ci stanno trasformando – come già fecero nelle fabbriche tessili e dell’acciaio nel 19° secolo – in esseri umani “di consumo”. E stanno anche mettendo a punto il sistema di sorveglianza e di controllo più capillare della storia per tenerci sottomessi. Questo squilibrio non sarebbe molto dispiaciuto alla maggior parte dei Padri Fondatori. I Padri Fondatori, per lo più ricchi proprietari di schiavi, temevano la democrazia diretta. Hanno manipolato il nostro processo politico in modo da impedire il governo delle masse e proteggere la proprietà privata e i privilegi aristocratici. Le masse dovevano essere tenute a bada. Fin dall’inizio della nostra repubblica, i membri del Collegio Elettorale (l’organo originario che eleggeva i senatori), i suffragisti, i nativi americani, gli afro-americani e gli uomini senza proprietà: la maggior parte di questa gente fu tagliata fuori dal processo democratico. Abbiamo dovuto duramente lottare per far sentire la nostra voce. Centinaia di lavoratori sono stati uccisi e migliaia feriti nel corso delle nostre lotte sindacali. Tale fu la violenza di questi scontri da far impallidire qualsiasi altra lotta di lavoratori in altri paesi industrializzati. L’apertura democratica che abbiamo raggiunto è stata possibile grazie alla strenua resistenza e al sacrificio degli abolizionisti, degli afro-americani, dei suffragisti, dei lavoratori e di tutti i movimenti pacifisti e dei diritti umani.

    Furono proprio i nostri movimenti radicali, repressi e ignobilmente schiacciati nel nome dell’anti-comunismo, i veri motori dell’uguaglianza e della giustizia sociale. Lo squallore e la sofferenza inflitti ai lavoratori dalle classi oligarchiche nel 19° secolo, la ritroviamo speculare nel presente, ora che siamo stati privati di qualsiasi difesa. Il dissenso è di nuovo un crimine. I Mellons, i Rockfeller e i Carnegie, all’inizio del secolo scorso, tentarono di creare una nazione fatta da padroni e da servi. L’incarnazione moderna del dominio delle grande imprese del 19° secolo, ha creato un neo-feudalesimo globale, dove i lavoratori di tutto il pianeta versano in miseria mentre gli oligarchi continuano ad accumulare centinaia di milioni in ricchezze private.

    La lotta di classe ha permeato quasi tutta la storia dell’uomo. Marx aveva indovinato. Prima ci rendiamo conto di quanto siamo inevitabilmente in contrasto con la classe padrona, prima capiremo quanto sia necessario rovesciarla dal suo trono. Negli Stati Uniti, gli oligarchi dei grandi gruppi imprenditoriali hanno preso possesso di tutti i sistemi di potere. Politiche elettorali, sicurezza interna, sistema giudiziario, il mondo accademico, le arti e la finanza, e praticamente tutte le varie forme di comunicazione, sono nelle mani dei grandi gruppi d’impresa. La nostra democrazia, con quei falsi dibattiti tra due diversi gruppi politico/imprenditoriali, non sono che teatrini senza senso. Non c’e’ modo, all’interno del sistema, di sconfiggere le pretese di Wall Street, le industrie dell’energia fossile e dei commercianti d’armi. L’unica strada che ci è rimasta, come sapeva Aristotele, è la rivolta. Non è una storia nuova. I ricchi, in tutta la storia dell’umanità, hanno sempre trovato il modo di soggiogare le masse ancora e ancora. E le masse, durante tutta la storia umana, si sono ciclicamente risvegliate, alzate in piedi e hanno spezzato lo loro catene. L’eterna lotta nelle società umane tra il potere dispotico dei ricchi e le rivendicazioni di giustizia e di uguaglianza sono proprio l’essenza del racconto di Fitzgerald, che utilizza la storia di Gatsby per lanciare un’aspra condanna del capitalismo. Mentre scriveva Il Grande Gatsby, Fitzgerald stava leggendo “Il tramonto dell’Occidente” di Oswald Spengler. Spengler aveva predetto che, mentre le democrazie occidentali si calcificavano e crollavano, una nuova classe di “ricchi strangolatori” avrebbe preso il posto delle tradizionali classi al potere. Spengler aveva visto giusto.

    “Ci sono solo due o tre storie umane” scrisse Willa Cather “e continuano a ripetersi e ripetersi ancora, e ogni volta in modo sempre più forte, come se non fossero mai accadute prima”.

    L’altalena della storia ha portato nuovamente gli oligarchi alle stelle. E noi siamo ancora una volta giù per terra, sconsolati, umiliati e distrutti. E’ una vecchia battaglia. Ed è stata combattuta tante e tante volte prima di noi. Sembra che non impariamo mai. E’ giunto il momento di riprendere in mano i forconi.

    Chris Hedges scrive regolarmente per Truthdig.com. Hedges si è laureate alla Harvard Divinity School e per circa venti anni è stato corrispondente estero per il The New York Times. E’ autore di molti libri, tra cui: War Is A Force That Gives Us Meaning, What Every Person Should Know About War, e American Fascists: The Christian Right and the War on America. Il suo lavoro più recente: Empire of Illusion: The End of Literacy and the Triumph of Spectacle.

    Fonte: www.truthdig.com
    Link: http://www.truthdig.com/report/item/...arted_20131020
    20.10.2013

    Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SKONCERTATA63

    1) http://wweek.com/portland/article-17350-9_things_the_rich_dont_want_
    you_to_know_about_taxes.html
    Ultima modifica di Avanguardia; 29-10-13 alle 15:40
    FASCISMO MESSIANICO E DISTRUTTORE. PER UN MONDIALISMO FASCISTA.

    "NELLA MIA TOMBA NON OCCORRE SCRIVERE ALCUN NOME! SE DOVRO' MORIRE, LO FARO' NEL DESERTO, IN MEZZO ALLE BATTAGLIE." Ken il Guerriero, cap. 27. fumetto.

  10. #10
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    Predefinito Re: Lotta di classe e questione nazionale

    Sono d'accordo con ULTIMA LEGIONE.

    Ciò che è Socialista e Nazionale, comunque, più che alla lotta di classe guarda alla rivoluzione delle classi, esattamente come premesso da Majorana.

    La conflittualità di classe non diventa il mezzo, è l'ostacolo! Esattamente come insegna il Manifesto di Verona dal punto 9 al 18. Questo a mio avviso è il grande abisso tra noi e il comunismo. Il nostro è uno Stato organico bilanciato e armonico.
    TIOCFAIDH ÁR LÁ
    ╾━╤デ╦︻

    革命无罪,造反有理

 

 
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