Politica 06/04/2013
Bindi: “Bersani non sa cosa fare, sta tendendo in ostaggio il partito”
«Per il Colle serviva un nome autorevole, ma non politico, tipo Rodotà. Ci sarebbe stato
un atteggiamento più morbido da parte dei Cinque Stelle».
Civati: «Basta con le faide»
«È così purtroppo, Bersani non sa più che fare e il partito è fermo, senza prospettiva». Lo afferma Rosy Bindi, in un colloquio con il Secolo XIX, rispondendo alla domanda se il Pd non si senta ostaggio del segretario Pierluigi Bersani e della sua lotta personale. «Se avessimo proposto un nome autorevole e non strettamente partitico - aggiunge Bindi sul prossimo presidente della Repubblica, - come poteva essere Rodotà, ma ce n’erano molti altri, avremmo forse potuto contare su un atteggiamento più morbido da parte dei grillini. Non dico sull’appoggio, questo no, ma su un certo malessere interno, questo sì». Ciò non è stato fatto, spiega Bindi, «semplice, perché Bersani non ha rinunciato, non ha voluto rinunciare, ha addirittura fatto un comunicato in cui lo ribadiva con convinzione».
Sull’argomento è intervenuto anche Pippo Civati: «Io sono per mantenere un po’ di calma. La sfida più importante che abbiamo di fronte riguarda l’elezione del Capo dello Stato, fondamentale per il Paese in un momento così delicato. Non capisco molto perché bisogna aprire dibattiti, e quasi un congresso, nei giorni precedenti a un passaggio così delicato». Pippo Civati, ospite di “Montecitorio e dintorni” su Radio24, premette un «non mi schiero, non mi interessa» e parla così della spaccatura all’interno del Pd: «Sappiamo che Bersani sta cercando di gestire una fase molto complicata, forse Matteo Renzi potrebbe aspettare qualche giorno e magari misurarsi con l’eventualità di nuove elezioni che lo potrebbe avere tra i protagonisti assoluti».
«Il Pd - prosegue - sembra un partito che parla più per correnti che per le cose che ha da proporre agli italiani. Lei- dice a chi lo intervista - ha usato il termine faida, sembra che scorra il sangue. Dovremmo essere più lineari, più coraggiosi nelle proposte, nelle scelte. Spesso siamo sembrati timidi soprattutto nei confronti di Berlusconi. Il grande successo di Grillo è anche una critica alle modalità con cui il pd ha svolto un lavoro di opposizione che è sembrato troppo timido».
Ma perché è considerato un ex renziano? «Non sono mai stato renziano - risponde Civati - abbiamo fatto insieme la prima Stazione Leopolda, ma poi le differenze sono emerse nel tempo e negli anni. C’è un approccio diverso nei confronti del Pd: il suo è molto critico e molto di contrapposizione, non solo con l’establishment ma con la vita del Pd. Io mi sento molto vicino ai nostri elettori. Sono meno creativo, meno fantasioso, lui - sottolinea- piace molto al centrodestra, io ritengo di essere più tradizionale come figura politica».
Perché non è passato il messaggio che il pd ha rinnovato la maggior parte dei suoi parlamentari? «Non ci abbiamo creduto abbastanza - prosegue il neodeputato Pd - Questo è stato uno degli errori della fase elettorale, abbiamo fatto le primarie e abbiamo addomesticato il porcellum, è una mia battaglia storica, nessuno ci credeva. Penso che il nuovo è molto più impegnativo del vecchio, da tempo cerco di innovare le cose come le conosco e provare a sostiturle con qualcosa di più efficace. Dire che le cose non vanno bene fa prendere molti titoli sui giornali, ma cambia poco. Credo anche che il Bersani dopo la campagna elettorale sia più forte di quello che abbiamo visto in campagna elettorale. Ma me dispiaccio, non lo uso come critica per dire avrei fatto meglio, tocca a me. Direi tocca a noi».
La Stampa - Bindi: ?Bersani non sa cosa fare, sta tendendo in ostaggio il partito?