Certamente per via di Berlusconi (ma anche di tanti altri) l’Italia, da patria del diritto ne è diventata la tomba. Prova di ciò non sono solo le leggi vergogna che B. si è fatto per non andare in prigione, sulla quali si è sviluppato un dibattito giuridico surreale, quasi fossero cosa seria e non grimaldelli apri (anzi chiudi preventivamente) cella; in fin dei conti erano la reazione tipica di ogni delinquente (nel senso etimologico: persona che delinque; e B. è stato ritenuto 7 volte colpevole ma prescritto) che cerca di farla franca, una patologia ancora tollerabile per un Paese civile.
È il diffuso atteggiamento della politica e dei cittadini:
quando l’applicazione della legge ha costi economici, sociali e politici molto elevati, la sua disapplicazione pare soluzione non solo accettabile ma doverosa.
Diritto e opportunità
Che dire degli omicidi di Ilva legalizzati per legge?
"Non si può certo mettere sulla strada 20.000 famiglie."
E delle perplessità sulle condanne di Pollari e degli altri funzionari che hanno collaborato con la Cia?
"A che serve un servizio segreto che non può rapire o uccidere supposti nemici dello Stato; mica si possono fare processi a spie e terroristi internazionali; e, soprattutto, mica si può rifiutare l’aiuto al potentissimo alleato."
E ora, delle tangenti Finmeccanica e Saipem?
"Non si può rinunciare ad appalti miliardari; se non si pagano intermediari e funzionari si è fuori dal mercato."
Che
il codice penale contenga norme che considerano reato tali comportamenti; e che la Costituzione (art. 112) prescriva l’obbligatorietà dell’azione penale non imbarazza questi saccenti maîtres à penser.
Per costoro
il diritto è gerarchicamente subordinato all’opportunità: se oggi conviene lasciamo perdere; ma domani, oh domani, saremo inflessibili (forse).
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